Si sente parlare spesso delle speranze riposte nella ‘medicina personalizzata’, ma siamo sicuri di sapere di cosa si tratta? I medici italiani ne hanno una adeguata conoscenza? Che cosa ne pensano? Di tutti questi argomenti si discuterà domani, domenica 10 luglio, nel corso della seconda assemblea pubblica organizzata da Fondazione Sigma Tau per l’edizione di quest’anno di Spoletoscienza. A introdurre l’argomnento è Gilberto Corbellini professore di storia della medicina e bioetica all’Università di Roma La Sapienza. “L’agenzia di comunicazione CAHG ha pubblicato nei mesi scorsi uno studio sul livello di consapevolezza e l’atteggiamento dei medici statunitensi nei riguardi della medicina personalizzata. I risultati dell’inchiesta – spiega Corbellini -  confermano quello che era stato trovato da precedenti indagini condotte dall’American Medical Association e da Medco, vale a dire che i medici statunitensi, in generale hanno un basso livello di conoscenze e scarse informazioni sulla medicina personalizzata. Nondimeno, l’indagine CAHG rileva un forte interesse a saperne di più e la disponibilità a ricevere informazioni dall’industria, incluse le forze di vendita. In altri termini, a quanto pare, nell’area della medicina personalizzata i medici sono molto disponibili ad aprirsi”.    
Lo studio CAHG è stato condotto su 801 medici statunitensi, di cui 251 oncologi, 250 cardiologi e 300 medici di medicina generale. Condotto via web e basato su 120 domande riguardanti aspetti conoscitivi e pratici dell’uso e della percezione della genomica e delle sue applicazioni, l’indagine è stata studiata per fotografare demograficamente e geograficamente gli atteggiamenti. I medici arruolati dovevano dedicare almeno 30 ore settimanali alla cura diretta dei pazienti, praticare la professione da almeno 2 anni ma da non più di 35.     
“Quello che si è visto – racconta Corbellini - è che solo l’8 per cento dei medici ha una buona dimestichezza con i temi e gli sviluppi applicativi della medicina personalizzata, mentre il 50 per cento non aveva ricevuto alcuna istruzione riguardo la medicina personalizzata, sia durante la formazione accademica sia dopo. Nonostante le carenze conoscitive, quasi tutti medici (9 su 10) sono ottimisti circa i potenziali benefici, in generale della genomica applicata alla medicina, e solo pochi meno (8 su 10) ritengono che anche la loro specifica pratica ne trarrà beneficio. Una delle più sorprendenti scoperte dello studio è stata la mancanza di familiarità tra medici con i test di diagnosi molecolare, scaturita dalle risposte a domande riguardanti quali test prescrivere e come interpretare i risultati, ma anche a quali laboratori inviare i test e quali codici assicurativi utilizzare. Solo il 42 per cento dei medici di medicina generale e il 52 per cento dei cardiologi si ritengono in grado di capire e interpretare i risultati dei test. Un po’ meglio vanno le cose con gli oncologi, per quanto riguarda la capacità di scegliere il test molecolare pertinente e di interpretarlo: più dell’80 per cento saprebbe scegliere il giusto test, capire e interpretare i risultati, identificare i pazienti appropriati per il test e illustrare i risultati del test a un proprio paziente. Ma anche questi hanno molti dubbi sui laboratori e l’assicurazione: solo il 56 per cento degli oncologi si ritiene in grado di scegliere a quale laboratorio inviare i test, solo il 39 per cento di capire se il test è coperto dall’assicurazione e solo il 34 per cento di determinare i giusti codici assicurativi. Sorprendentemente circa 4 medici su dieci userebbero procedure di diagnosi molecolare per vagliare pazienti presintomatici, anche in assenza di qualunque opzione di trattamento. Come si diceva il dato più interessante è comunque l’elevato interesse dei medici per saperne di più e imparare l’uso e la lettura dei test di diagnosi molecolare, anche attraverso l’interazione con i venditori dei test. Di fatto 9 medici su dieci si sono detti molto o in qualche modo interessati a saperne di più, e 7 su 10 hanno disposto positivamente alla domanda: “Quanto saresti interessato a incontrare un responsabile di vendita di testi di diagnosi molecolare per imparare di più su questo campo?”. I medici statunitensi sono in generale ottimisti sull’influenza e i benefici futuri della medicina personalizzata. 4 su 5 sarebbero interessati a utilizzare per se stessi un test di diagnosi molecolare. E alla domanda circa quali test riscuotono il loro maggior interesse, il 42 per cento ha indicato quelli per una specifica condizione o problema di salute, il 36 per cento ha indicato tutti i problemi di salute conosciuti e solo il 22 per cento ha risposto che non userebbe mai un test”.

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