A parlare delle difficoltà vissute dai pazienti, ma anche della strada da intraprendere per riuscire a risolverle, è Paolo Calveri, presidente AIFP (Associazione Italiana Febbri Periodiche)
Chiunque abbia provato sulla sua pelle gli effetti di una severa influenza ricorderà di certo la sensazione si spossatezza che i picchi febbrili si lasciano dietro. Un forte aumento della temperatura sottrae energia, obnubila la mente e, in generale, mette a dura prova l'organismo. Per questo, non è difficile immaginare il disagio che devono affrontare i pazienti che subiscono episodi piuttosto frequenti di febbre. Le febbri periodiche sono un gruppo di malattie accomunate da un ricorrente innalzamento della temperatura corporea, con uno strascico di sintomi che colpiscono con durezza i pazienti. Paolo Calveri, presidente dell'Associazione Italiana Febbri Periodiche (AIFP), conosce bene questo tipo di patologie proprio perché ha da sempre vissuto sulla sua stessa pelle le conseguenze della febbre mediterranea familiare (FMF).
"Sono nato nel 1953, quando Watson e Crick hanno alzato il velo sulla struttura del DNA e, fortunatamente, oggi siamo in grado di dare una spiegazione all'aberrazione che c'è nel mio codice genetico", racconta Calveri. "Sono affetto da FMF da quando ero bambino, ma già allora la motivazione dell'artralgia che mi ha sempre tormentato veniva attribuita a dolori di tipo reumatico che però non si risolvevano con le cure suggerite. Il peggioramento della malattia nell’adolescenza, che oltre ad interessare articolazioni e muscoli ha cominciato ad intaccare intestino e torace, si è tradotto in peritoniti e pleuriti ricorrenti. Queste malattie insorgevano senza che vi fosse un patogeno che le scatenava e si risolvevano da sole, senza una cura specifica. La malattia si esauriva da sola nel giro di pochi giorni lasciandomi in un profondo stato di spossatezza e di dolore, per poi ripresentarsi periodicamente. Nel mio caso il dolore addominale si presentava con cadenza mensile e durava circa un paio di giorni, con segni premonitori che anticipavano l'attacco febbrile, durante il quale la temperatura superava anche i 40°C. La situazione è peggiorata nel tempo, conducendo a insufficienza renale, una delle più temute conseguenze legate a questa malattia. Nel 1986 sono stato ricoverato in nefrologia, dove una dottoressa, studiando la mia anamnesi - che ancora oggi è la chiave di volta per una diagnosi corretta - sospettò che potessi essere affetto da amiloidosi secondaria a FMF. Una biopsia renale confermò la presenza di sostanza amiloide a livello del rene e mi fu suggerita la terapia con colchicina, l'unico farmaco che nell’80-90% dei pazienti riesce a ridurre o far scomparire i sintomi peggiori e far evitare che compaia amiloidosi a livello renale".
La terapia con colchicina è risolutiva per alcuni casi e migliorativa per la gran parte dei pazienti. Sono pochi a non aver risposta alla terapia, come confermato anche da uno studio pubblicato sulla rivista Orphanet Journal of Rare Diseases, nel quale un gruppo di ricerca francese ha riesaminato le cartelle cliniche di 51 pazienti, adulti e pediatrici, a cui era stata posta diagnosi di FMF secondo i criteri di Tel Hashomer e che presentavano una mutazione del gene MEFV. Il loro lavoro ha confermato che la resistenza al trattamento con colchicina è estremamente rara (circa 10% di tutti i casi studiati) e si associa ai genotipi più severi (circa due terzi dei pazienti è risultato affetto da mutazioni in omoziogosi del gene MEFV). I ricercatori hanno misurato il grado di severità della malattia sia considerando il numero di attacchi all'anno, sia rilevando la frequenza dei dolori articolari e dell'amiloidosi secondaria, complicanza, quest’ultima, direttamente correlata alla resistenza al trattamento e osservata con maggiore frequenza negli adulti in cui l'aderenza alla terapia risulta anche più scarsa.
"La colchicina, anche quando non ha un effetto diretto sui sintomi, previene la comparsa di amiloidosi renale" - spiega Calveri - "La ricerca si sta orientando anche sullo sviluppo di farmaci biologici che intervengano correggendo l'attività delle citochine coinvolte nella genesi dell'infiammazione, riducendone la produzione. Molti pazienti traggono beneficio dall'impiego di farmaci anti-IL-1, ma si tratta comunque di situazioni che richiedono una terapia a vita. Il problema principale dei malati di FMF rimane individuare nel più breve tempo possibile l'origine della febbre, e questo si può realizzare solo conoscendo la malattia e iniziando da un'anamnesi accurata."
Per contribuire ad identificare precocemente la FMF è essenziale che se ne parli in tutti i contesti, sia in quello più strettamente medico, che in ambiti di divulgazione mirata, cosicché la gente familiarizzi con il concetto di una malattia rara nascosta dietro un sintomo generico e molto diffuso. In un cortometraggio dal titolo "Scilla o il mito della Febbre Mediterranea Familiare", co-prodotto da AIFP, Micaela La Regina e Giulio Boato hanno intrecciato la mitologia e la patologia, immaginando che Melaina, figlia della ninfa Scilla, sia una paziente affetta, e che il dio Ermes, mosso a compassione dalle sofferenze della bambina, decida di sacrificare un suo dito per curarla. L'accostamento è interessante proprio perché la colchicina viene anche chiamata “dito di Ermes”. Il corto ha vinto il primo premio al 12° Video-concorso F. Pasinetti 2015 e si è classificato al primo posto nella sezione “Opera Grafica Digitale” (categoria adulti professionisti) nella IX edizione del concorso artistico letterario “Il Volo di Pegaso”. Si tratta di un risultato pregevole sul piano artistico e determinante su quello del significato, dal momento che la FMF compare quasi sempre in tenera età: in questo caso, è importante intraprendere i trattamenti quanto più tempestivamente possibile, prestando poi attenzione alla fase di transizione del paziente dall'età infantile a quella adulta (Clicca qui per approfondire l'argomento). D'altro canto, non bisogna dimenticarsi dei rari individui in cui la malattia si manifesta in età adulta, a cui, fin troppo spesso, non viene riservata la medesima qualità assistenziale del bambino.
Guarda il cortometraggio "Scilla o il mito della Febbre Mediterranea Familiare"
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