I dati clinici a lungo termine confermano efficacia e sicurezza della terapia RNAi
Meno attacchi e una migliore qualità di vita: il farmaco givosiran si è dimostrato sicuro ed efficace anche a lungo termine per il trattamento della porfiria epatica acuta, un risultato coerente con quello osservato nel periodo di 6 mesi in doppio cieco dello studio di Fase III ENVISION. Le nuove conferme derivano da due trial tuttora in corso: il primo è l'estensione in aperto di ENVISION, del quale è stata fatta un'analisi ad interim (12 mesi), mentre il secondo è uno studio di estensione in aperto di Fase I/II.
I dati, riassunti in due poster (AS085, Sardh et al. e FRI310, Stein et al.), sono stati presentati all'International Liver Congress dell'Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL), che quest'anno si è svolto in modalità virtuale, e sono stati poi ripresi al recente congresso della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI).
La porfiria epatica acuta è una famiglia di malattie genetiche rare dovute a difetti enzimatici nella biosintesi epatica dell'eme, i quali provocano un accumulo di acido aminolevulinico (ALA) e porfobilinogeno (PBG), intermedi neurotossici dell'eme: ciò causa sia attacchi neuroviscerali potenzialmente fatali che diverse manifestazioni croniche.
Givosiran, un farmaco già approvato sia in Europa che negli Stati Uniti, è una terapia RNAi sviluppata dalla biotech americana Alnylam, che è in grado di indurre un calo nei livelli di ALA e PBG e quindi di ridurre gli attacchi e migliorare le manifestazioni cliniche.
Studio ENVISION: un'analisi ad interim (12 mesi) dell'estensione in aperto
ENVISION è uno studio di Fase III globale, multicentrico, randomizzato e controllato con placebo, che valuta l'efficacia e la sicurezza di givosiran (dosi mensili sottocutanee di 2,5 mg/kg) in pazienti affetti da porfiria epatica acuta, prima in un periodo di 6 mesi in doppio cieco, e poi in un periodo di estensione in aperto fino a 30 mesi.
Le misure di esito dell'estensione in aperto erano: il tasso composito annuo di attacchi di porfiria che hanno richiesto il ricovero in ospedale, cure urgenti o la somministrazione endovenosa di emina a domicilio; i livelli di ALA e PBG; l'uso di emina; la presenza dei peggiori sintomi quotidiani; la qualità di vita. Al 23 luglio 2019, 93 pazienti erano entrati nello studio: 56 (29 dei quali passati dal placebo al farmaco) hanno ricevuto 2,5 mg/kg mensili di givosiran, mentre 37 (17 dei quali passati dal placebo al farmaco) hanno ricevuto un dosaggio di 1,25 mg/kg.
Dopo 12 mesi, nei pazienti trattati con givosiran (entrambi i dosaggi) il tasso annuo di attacchi era pari a 1,1. Nei soggetti passati dal placebo a givosiran, il numero di attacchi e la percentuale di pazienti liberi da queste manifestazioni erano simili a quelli del gruppo givosiran nel periodo in doppio cieco. Inoltre, un abbassamento prolungato nei livelli di ALA e PBG è stato accompagnato da una riduzione nell'uso di emina, nella presenza di dolore quotidiano e nell'uso di analgesici, oltre che da un complessivo miglioramento nella qualità di vita.
Fra i pazienti trattati con givosiran, il 62% ha manifestato almeno un evento avverso correlato al farmaco e nel 3% dei casi si è trattato di un evento grave: tuttavia, nessuno di questi effetti indesiderati ha portato all'interruzione del trattamento e non si è verificato alcun decesso. Nel gruppo di pazienti passati dal placebo al trattamento attivo, inoltre, è stato notato un trend verso una maggiore efficacia con il dosaggio da 2,5 mg/kg rispetto a quello da 1,25 mg/kg: la riduzione del tasso annuo di attacchi è stata rispettivamente del 79% e del 67%, mentre la sicurezza è risultata accettabile per entrambe le dosi.
Lo studio di estensione in aperto di Fase I/II
Uno studio clinico di Fase I ha valutato la sicurezza, la tollerabilità, la farmacocinetica e la farmacodinamica di givosiran. La parte C dello studio è stata condotta in pazienti con porfiria acuta intermittente (la forma più comune di porfiria epatica acuta) che subivano attacchi ricorrenti e includeva l'attività clinica come endpoint esplorativo. I pazienti che hanno completato la Parte C sono stati ritenuti idonei per l'arruolamento nello studio di estensione in aperto di Fase I/II.
Al 19 aprile 2019 (tempo medio nello studio 24,7 mesi), il trattamento con givosiran somministrato a un dosaggio di 2,5 mg/kg al mese ha indotto un calo notevole e prolungato dei livelli di ALA e PBG, di più dell'85% dal basale a 18 mesi. I pazienti trattati, inoltre, hanno avuto riduzioni medie superiori al 90% nel tasso annuo di attacchi e nell'uso di emina, rispetto al periodo di run-in della Fase I.
Dieci eventi avversi gravi sono stati riportati in sei pazienti, con un caso di anafilassi valutato come sicuramente correlato al farmaco in studio; fra gli eventi che si sono verificati in più di tre pazienti c'erano dolore addominale, affaticamento, eritema al sito di iniezione, nausea, nasofaringite, cefalea, mialgia, diarrea e prurito. Infine, non sono stati osservati cambiamenti clinicamente significativi negli esami di laboratorio, neppure nei test della funzionalità epatica.
Questi due studi, in conclusione, hanno dimostrato che givosiran ha mantenuto o migliorato la sua efficacia clinica anche a lungo termine, confermando allo stesso tempo il buon profilo di sicurezza già emerso nel corso degli studi passati.
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