Milano – Le malattie autoimmuni sono circa un centinaio, a seconda dell'organo colpito. Hanno in comune la natura autoimmune, un comportamento anomalo del sistema immunitario che, per ragioni ad oggi ancora sconosciute, si rivolta contro alcune parti dell'organismo. Quelle che aggrediscono il fegato, causando un'infiammazione cronica e progressiva nelle cellule e nei tessuti, con caratteristiche diverse, sono quattro:

• Epatite autoimmune
• Colangite biliare primitiva
• Colangite sclerosante primitiva
• Colangite IgG4-positiva

Le conosceremo meglio con l'aiuto del prof. Pietro Invernizzi, dell'U.O.C. Gastroenterologia del S. Gerardo di Monza, professore associato di Gastroenterologia e responsabile del programma per le Malattie Autoimmuni del Fegato presso l'International Center for Digestive Health dell'Università di Milano-Bicocca. Fra i massimi esperti di queste patologie, si è occupato di diversi aspetti di queste malattie, pubblicando studi scientifici di base e preclinici, di epidemiologia clinica, su nuovi marcatori, sullo sviluppo di nuovi farmaci e anche sulla qualità di vita del paziente.

L'EPATITE AUTOIMMUNE.
Quando ad essere colpite sono le cellule del fegato (gli epatociti), si hanno le epatiti autoimmuni, contraddistinte da un aumento delle transaminasi. Possono presentarsi in due forme: quella di tipo 1 è caratterizzata dalla presenza nel sangue di autoanticorpi ANA e/o SMA, e si verifica più spesso nell'adulto. Il tipo 2 è invece positivo agli anticorpi anti-LKM: è tipica dell'età pediatrica ma può colpire anche l'adulto, tuttavia le forme più aggressive si sviluppano nel bambino. Per le epatiti autoimmuni non ci sono, al momento, nuovi farmaci in via di sviluppo, ma si riesce comunque a controllare la malattia con i classici farmaci immunosoppressori, quali lo steroide e l'azatioprina.

LE COLANGITI.
Se invece il sistema immunitario aggredisce i dotti biliari e le loro cellule epiteliali (i colangiociti), insorgono le colangiti, che sono di tre tipi: la colangite biliare primitiva, la colangite sclerosante primitiva e la colangite IgG4-positiva. I dotti sono una serie di piccoli vasi (il cosiddetto “albero biliare”) il cui compito principale è drenare la bile e portarla fuori dal fegato. Se ciò non avviene, si verifica la colestasi, ovvero il ristagno della bile nel fegato: essendo gli acidi biliari tossici, causano un danno che può portare alla cirrosi. La colangite biliare primitiva (chiamata fino ad un anno fa cirrosi biliare primaria) non è mai acuta e interessa i piccoli dotti biliari, mentre la colangite sclerosante primitiva può riguardare sia i piccoli che i grandi dotti, e si manifesta con sintomi. Gli indici da tenere sotto controllo sono, in entrambe le forme, la fosfatasi alcalina e la gamma-GT.

LA PREVALENZA.
“Pur essendo tutte queste patologie rare, in Italia solo la colangite sclerosante primitiva è riconosciuta ufficialmente come malattia rara”, precisa il prof. Invernizzi. “In futuro speriamo che tutte vengano inserite nell'elenco nazionale delle malattie rare”. Pur rara, quella che ha la frequenza maggiore è la colangite biliare primitiva: fino a 400 casi su un milione, che in Italia equivalgono a circa 20mila casi diagnosticati. Uno studio condotto in Lombardia dal prof. Invernizzi ha identificato 3.000 soggetti su 10 milioni di residenti, ed è l'unico dato italiano disponibile. Tutte le altre patologie autoimmuni del fegato si attestano sui 40/60 casi su un milione.

LE CAUSE.
Le cause di queste patologie non sono ancora note ma si pensa siano multifattoriali: la genetica, l'ereditarietà e la familiarità, virus o batteri, l'uso di alcuni farmaci. Si tratta di malattie che colpiscono in prevalenza le donne tra i 40 e i 70 anni, forse a causa di difetti genetici dei cromosomi sessuali.

LA DIAGNOSI.
I sintomi tipici di tutte queste patologie sono stanchezza, ittero e prurito (tipico della malattia colestatica). L'aggressività è variabile: il paziente può non accorgersi per anni di avere una di queste malattie, oppure avere attacchi acuti che lo costringono a un ricovero urgente. “Qualunque sia la causa, il fegato che soffre cronicamente, perde progressivamente la sua capacità di funzionare, e se la malattia non viene trattata, si accumula la fibrosi e la malattia evolve verso la cirrosi e l'insufficienza epatica”, spiega il prof. Invernizzi. “In teoria la diagnosi di queste malattie non è difficile, ma spesso, a causa della scarsa conoscenza della patologia, prima di ottenerla possono passare diversi anni”.

IL TRATTAMENTO.
Per la terapia dell'epatite autoimmune, che nella gran parte dei casi dura per tutta la vita, si usano immunosoppressori, steroidi (cortisone), azatioprina, micofenolato, ed altri come la ciclosporina. Questi farmaci nel 95% dei pazienti riescono a controllare la malattia, ma essendo di vecchia data causano diversi effetti collaterali.

La colangite biliare primitiva viene trattata con successo con acido ursodesossicolico, che contrasta la malattia in 7 casi su 10. Negli altri serve un farmaco diverso: la terapia di seconda linea sarà a breve l'acido obeticolico (OCA), approvato dalla FDA pochi mesi fa e previsto fra circa un anno in Europa e in Italia. Ci sono poi altre molecole in sperimentazione, e in futuro – anticipa Invernizzi – il trattamento sarà probabilmente a base di un mix di acido ursodesossicolico e questi farmaci.

La colangite sclerosante primitiva, invece, non ha alcun farmaco riconosciuto, ma i pazienti assumono comunque acido ursodesossicolico. In alcuni casi – prosegue Invernizzi – è anche possibile intervenire chirurgicamente: gli anelli fibrosi che tipicamente si formano intorno alle vie biliari e le stringono possono essere trattati con approcci meccanici, simili a quelli usati per le coronarie, cioè si possono fare delle dilatazioni o inserire degli stent per via endoscopica. I pazienti con colangite IgG4-positiva rispondono molto bene agli immunosoppressori. La terapia della colestasi include inoltre un supplemento di vitamina D per contrastare i problemi alle ossa e l'osteoporosi, e un rimedio per il prurito.

Nei casi più gravi, infine, c'è la possibilità di un trapianto di fegato, da valutare caso per caso.

LE ASSOCIAZIONI.
L'associazione EpaC Onlus, nata nel 1999 e storicamente impegnata nella lotta all'epatite C, si sta ora dedicando anche alle malattie autoimmuni del fegato, con l'apertura sul suo sito di una sezione dedicata e del servizio “Il medico risponde”, curato dal prof. Invernizzi.

Esclusivamente dedicata a queste patologie è invece l'associazione AMAF Monza Onlus: nata nel marzo 2017 con sede presso l'Ospedale San Gerardo del capoluogo brianzolo, è diventata oggi un punto di riferimento a livello nazionale per i pazienti affetti da malattie autoimmuni del fegato.

I PROGETTI.
L'Europa, per migliorare l’accesso alla diagnosi e la prestazione di cure di alta qualità a tutti i pazienti, sta creando le Reti di Riferimento Europee (ERN), divise in 20 aree. In ambito epatologico è già stata costituita una rete di circa 30 centri di eccellenza in Europa, tra i quali tre in Italia: il S. Gerardo di Monza, il S. Paolo di Milano e il Policlinico di Padova. “A breve – anticipa Invernizzi – realizzeremo il registro nazionale per la colangite biliare primitiva, per riunire tutti i dati dei centri italiani con i quali collaboriamo da tempo, e creeremo una biobanca che custodisca campioni di tessuti, siero e DNA. A seguire costituiremo anche i registri e le biobanche delle altre malattie autoimmuni del fegato, estenderemo la rete ERN in Italia coinvolgendo altri centri epatologici, lavoreremo con associazioni di pazienti, e altro ancora”.

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