Dott.ssa Alessandra Viano: “la possibilità di accettare la patologia diventa fondamentale per il bambino. È sbagliato passare ai figli il concetto che dobbiamo essere tutti uguali”
La macrodattilia è una condizione rara che comporta un eccessivo accrescimento delle dita della mano o del piede, coinvolgendo anche i tessuti circostanti, tra cui i tendini, i nervi, le unghie, la pelle e le ossa. La malformazione tipica di questa malattia ha un forte impatto psicologico sui pazienti, soprattutto bambini, e sui loro familiari, sia per i disagi che comporta a livello funzionale ed estetico, sia per la frequente necessità di ricorrere a interventi chirurgici correttivi che, nei casi più gravi, possono includere anche l'amputazione delle dita o di un intero raggio. Sull'argomento abbiamo intervistato Alessandra Viano, psicologa e psicoterapeuta specializzata negli aspetti psicologici in Chirurgia della Mano.
"La figura dello psicologo nell’equipe della chirurgia della mano è una parte integrante dell’equipe stessa. Siamo infatti presenti fin dai primi incontri con la famiglia. Nella migliore delle ipotesi, il genitore arriva a noi negli ultimi mesi di gravidanza”, spiega la dott.ssa Viano. La precocità d’intervento, infatti, è fondamentale per gestire adeguatamente l’aspetto emotivo. “Sono però pochi i genitori che giungono a noi con una diagnosi prenatale; la maggioranza dei casi permette una presa in carico precoce, ma nei mesi immediatamente successivi alla nascita”, continua l’esperta.
Le malformazioni alla mano interessano una sezione del corpo con caratteristiche peculiari, come spiega la specialista: “la malformazione è visibile costantemente, agli occhi degli altri e a quelli del proprietario. Ci capita di incontrare genitori i cui figli sono affetti da patologie che interessano anche altri distretti corporei, ma l’attenzione per la mano è sempre massima. C’è un investimento notevole che non dipende solo dalla gravità della patologia, ma dalla visibilità dell’arto”. Le mani rivestono un importante aspetto identitario perché il soggetto può riconoscersi osservando questo particolare distretto corporeo. Anche l’estetica e la funzionalità di questa sezione anatomica sono elementi fondamentali, perché condizionano il mestiere e le attività che il soggetto potrà svolgere in futuro.
Per i genitori si tratta di affrontare un trauma molto forte, da cui spesso scaturiscono reazioni emotive molto intense, che portano a senso di solitudine, rabbia, senso di inadeguatezza e colpa. “Il senso di solitudine avviene attraverso il confronto con le generazioni precedenti, perché non c’è un aiuto su come poter affrontare la situazione da parte dei nonni, che di solito costituiscono un punto fermo per i neogenitori. D’altro canto, i genitori non sanno dove recarsi per migliorare la situazione del proprio figlio e fanno fatica a individuare un riferimento preciso. In questi casi, la rete aiuta moltissimo, creando un ponte tra il genitore e la struttura medica presente sul web. Il primo obiettivo dell’equipe è informare correttamente la famiglia, per contenere le ansie e le paure sorte”, racconta la psicologa.
L’accettazione della situazione da parte dei genitori è fondamentale per affrontare correttamente i bisogni psicologici, sociali e terapeutici del bambino malato. “Accettare che il bambino abbia una problematica che va affrontata significa avere la possibilità che la relazione genitore-figlio sia equilibrata. Questo ha chiaramente una ricaduta non solo sull’equilibrio familiare e sulla personalità del bambino, ma anche sulla possibilità per la famiglia di seguire il protocollo terapeutico proposto, che spesso si rivela lungo e faticoso”, spiega la specialista. Ci sono dei 'timing' precisi da rispettare, entro i quali il bambino può godere dei maggiori benefici derivanti dall’intervento chirurgico e dal percorso fisioterapico successivo. Il periodo migliore va dai 18 ai 24 mesi d'età: entro questa finestra temporale, la corteccia motoria fissa alcuni 'pattern' relativi ai movimenti della mano. “Da quando si lavora in equipe, l’abbandono dei protocolli è diventato rarissimo”, precisa la dott.ssa Viano. “Quando accade, però, il bambino perde una preziosa possibilità di poter migliorare la propria situazione. Di solito, questo avviene quando il genitore matura un’aspettativa miracolistica relativa alla situazione”.
Il processo di rielaborazione della situazione è estremamente soggettivo e dipende dai significati che una data coppia costruisce attorno al proprio figlio e alla sua patologia. “La possibilità di accettare la patologia diventa fondamentale per il bambino, che guarda il mondo attraverso gli occhi di mamma e papà”, continua l'esperta. La spiegazione che dev’essere data al bambino circa la sua condizione dev’essere realistica e reggere per tutta la vita. “Non possiamo raccontare favole ai bambini. Crescendo e rendendosi conto della situazione, maturerebbero un senso di sfiducia e tradimento e avrebbero difficoltà nella relazione con i pari. È sbagliato passare ai bambini il concetto che dobbiamo essere tutti uguali: loro possono essere diversi gli uni dagli altri, come lo siamo tutti noi. Sembra un capovolgimento di valori, ma è una realtà biologica innegabile: tutti gli esseri umani possono fare bene solo alcune cose, a prescindere dalla presenza di una situazione patologica”, conclude la dott.ssa Viano.
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