La dr.ssa Adele D'Amico: “Per poter conoscere quale sarà l’andamento clinico di un paziente, e pianificare così un adeguato programma di gestione, occorre studiare la sua correlazione genotipo-fenotipo”
Roma – Della distrofia muscolare di Becker (BMD) si sente parlare sempre poco rispetto alla Duchenne (DMD), da una parte perché è una forma meno grave e con un’incidenza nettamente minore, e dall’altra perché la grande variabilità clinica ne ha limitato le conoscenze scientifiche. Ed è proprio per accrescere l’informazione riguardo a questa patologia, ancora negletta, che quest’anno Parent Project Onlus ha dedicato un ampio spazio esclusivamente alla Becker, nel corso della sua XVI Conferenza Internazionale. Il programma scientifico del meeting sulla BMD è stato ideato in collaborazione con il prof. Giacomo Comi, dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. L'incontro è stato aperto dalla dr.ssa Adele D’Amico, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, la quale ha fatto una panoramica sulle basi genetiche e sulla variabilità clinica della BMD.
Come la Duchenne, la Becker è una distrofinopatia, ovvero una malattia muscolare causata da un difetto della produzione di distrofina, ma a differenza della DMD, nella quale si ha una totale assenza della proteina, la BMD presenta un difetto solo parziale della distrofina. L’incidenza (il numero di nuovi casi) della BMD è inoltre molto minore, 1 su 18mila (gli ultimi dati aggiornati sulla DMD sono 1 su 5mila), ma con una prevalenza (numero di casi esistenti in un determinato momento in una popolazione) molto simile a quella della DMD, poiché l’aspettativa di vita è invece molto maggiore.
D’Amico ha illustrato la grande variabilità clinica che caratterizza la distrofia di Becker: si va da pazienti con un alto valore di creatinchinasi (CK) e asintomatici, a pazienti con un’intolleranza allo sforzo e mioglobinuria (presenza di mioglobina nelle urine con una colorazione rosso scuro o nera), fino ai pazienti con debolezza muscolare e quadri clinici definiti. Inoltre, i pazienti sintomatici stessi presentano un’enorme variabilità sia nell’età di esordio della patologia, sia nell’età di perdita della deambulazione, che può andare dalla seconda alla sesta decade di vita, o persino non avvenire mai.
Anche per la Becker, come per la Duchenne, la maggior causa di morbilità e mortalità è causata dalla cardiomiopatia. Proprio a causa di una maggior aspettativa di vita e di buone performance motorie, il cuore dei pazienti BMD subisce un importante stress meccanico. Inoltre, i pazienti Becker hanno generalmente mutazioni che non alterano il codice di lettura del gene, per cui viene effettivamente prodotta una forma della distrofina che è funzionale ma non ottimale. Infine, a differenza della distrofia muscolare di Duchenne, per la quale il 30% dei pazienti ha una mutazione de novo, ovvero che non è ereditata dalla madre, nella Becker è un evento molto più raro.
La spiccata variabilità clinica della Becker è riconducibile a tutta una serie di fattori, molti dei quali genetici: il sito in cui avviene la mutazione genetica, la percentuale di distrofina prodotta, l’attivazione di meccanismi molecolari all’interno della cellula e il profilo genetico globale del paziente. Per quel che riguarda il sito di mutazione, la BMD presenta non poche eccezioni alla regola dello schema di lettura con la quale si prevede la forma della patologia. Di esempi noti in letteratura ce ne sono ormai molti e la spiegazione è sempre collegata ad una serie di meccanismi molecolari (tra cui l’exon skipping naturale) che rendono il gene della distrofina nuovamente leggibile, anche se parzialmente, con la conseguente produzione di una forma ridotta di distrofina. Viceversa, vi sono anche mutazioni che dovrebbero generare la BMD ma che danno invece un fenotipo Duchenne. Queste mutazioni, per le quali si ha una forma più severa della patologia rispetto a quella attesa, si trovano generalmente in regioni che sono fondamentali per la funzione meccanica della distrofina. Per alcune mutazioni, quindi, è importante verificare la diagnosi genetica con una biopsia muscolare che riveli se si ha la totale assenza o, al contrario, una parziale presenza della distrofina nel tessuto muscolare. Questo permette di avere una miglior definizione della prognosi.
Conoscere al meglio la correlazione genotipo-fenotipo della distrofia muscolare di Becker è essenziale per gli aspetti prognostici: per poter sapere in maniera più definita quale sarà l’andamento clinico di un paziente BMD e pianificare così un adeguato programma di gestione clinica. Ad esempio, sapere se la mutazione del paziente è correlata ad una cardiomiopatia precoce è fondamentale per poter attuare una prevenzione cardiaca come avviene generalmente per la distrofia muscolare di Duchenne. Inoltre, una conoscenza approfondita dei meccanismi molecolari è, ovviamente, propedeutica per la progettazione e lo sviluppo di future terapie, non solo per la Becker ma anche per la Duchenne. La distrofia muscolare di Becker rappresenta, infatti, un modello naturale per comprendere la funzionalità di forme ridotte di distrofina nel tessuto muscolare. Forme che si possono ottenere anche con le strategie sperimentali basate sull’exon skipping nei pazienti Duchenne.
Leggi il report scientifico completo, a cura di Francesca Ceradini, Mariangela Bellomo e Giada Perinel, sul sito di Parent Project Onlus.
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