Milano - La notizia dell'abbandono, da parte dell’azienda farmaceutica americana Pfizer, della ricerca sulla malattia di Alzheimer per gli scarsi risultati ottenuti in campo farmacologico (clicca qui per maggiori informazioni), ha ovviamente creato una sensazione di delusione e sconforto in tutti i pazienti e soprattutto nelle innumerevoli famiglie che ogni giorni si trovano a dover fronteggiare un nemico che pare invincibile.

La malattia di Alzheimer fu scoperta nel 1906 dal neuropatologo Alois Alzheimer, con l’importante contributo nella documentazione microscopica del giovane ricercatore italiano Gaetano Perusini. Per quanto sia vero che dal suo primo riconoscimento ad oggi, non ci siano stati risultati conclusivi per sconfiggere la malattia, vero è anche che grazie proprio a una costante e continua ricerca in questo campo si è potuto comprendere meglio la patologia e migliorare sensibilmente la qualità della vita dei milioni di pazienti affetti. In alcuni casi si è riusciti addirittura a rallentarne l’inesorabile decorso.

Il Prof. Elio Scarpini, Direttore dell’Unità Valutativa Alzheimer del Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano, presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, vuole lanciare un messaggio di speranza: “Saremo sempre al fianco dei nostri pazienti e delle loro famiglie, non sentitevi soli, noi non ci arrenderemo. La ricerca andrà avanti, grazie anche al supporto di chi come noi crede fermamente che questa sia la vera chiave di volta per un futuro migliore. Sono circa 47 milioni le persone nel mondo colpite da questa patologia e questa cifra è destinata a salire fino allo stratosferico numero di 131 milioni di malati entro il 2050.

“Anche se una multinazionale farmaceutica si arrende, noi medici e ricercatori non possiamo gettare la spugna, perché è nell’interesse della comunità affrontare un problema che coinvolge l’intera umanità. Vittime non sono solo i malati, ma anche e soprattutto le loro famiglie e chi vede cadere i propri cari in un oblio senza tempo”, continua Scarpini. “Fortunatamente, ci sono ancora tantissime persone sensibili alla causa, una folta rete di Associazioni, come l’Associazione Centro Dino Ferrari e molte Fondazioni, come la Fondazione Monzino, che, affiancandosi alle Istituzioni, non si sottraggono dal loro impegno civico e morale di sostenere finanziariamente l’attività di ricerca scientifica che sta alla base dello sviluppo di terapie innovative ed efficaci”.

Clicca qui per maggiori informazioni sull’attività di ricerca e cura svolta dall’Unità Valutativa Alzheimer del “Centro Dino Ferrari”.

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