La storia della piccola Maren, affetta da acidemia propionica: si è salvata grazie a un prelievo di sangue

Il 13 febbraio 2012 Honey Stecken, giovane mamma di South Fork (Colorado, Stati Uniti), ha dato alla luce la piccola Maren, apparentemente perfettamente sana. Dopo un paio di settimane una telefonata inaspettata e la notizia: Maren è affetta da acidemia propionica, malattia metabolica che non permette di elaborare alcuni aminoacidi contenuti nelle proteine. La piccola non presentava nessuno dei sintomi classici della malattia, nessun problema di alimentazione, niente vomito nè letargia.


La bambina era stata sottoposta a un test di screening neonatale, attraverso il prelievo di una goccia di sangue a poche ore dalle nascita, che ha mostrato i segni della rara malattia metabolica. A causa dell’accumulo degli aminoacidi che non riescono ad essere metabolizzati la salute di Maren è a rischio: potrebbe subire danni fisici e cognitivi gravissimi, forse morire. Per questa patologia esiste però una terapia: una delicata dieta ipoproteica, che deve essere iniziata immediatamente, evitando anche il latte materno.
La piccola era stata allattata al seno per due settimane, questo avrebbe potuto comportare danni gravi. Immediatamente la famiglia si è recata presso  il Children Hospital di Denver dove la sospetta diagnosi è stata confermata. Fortunatamente la piccola è stata colpita da una forma lieve della malattia, e le due settimane di assunzione di proteine attraverso il latte materno non hanno provocato danni irreversibili. La dieta della piccola però è stata immediatamente modificata per tenerla fuori pericolo: “Lo screening neonatale ha salvato la vita di mia figlia – ha spiegato Honey - La malattia avrebbe potuto ucciderla in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse.”

“Oggi la dieta di Maren deve essere controllata meticolosamente, dobbiamo pesare le proteine che assume fino a un decimo di grammo. Dovrà seguire questa dieta per tutta la vita ma avrà una vita normale.  Se l’obbligatorietà dello screening non fosse stata in vigore al momento della nascita di mia figlia – conclude Honey - lei oggi non sarebbe qui. Io, come molti genitori, non avevo mai sentito parlare della patologia e mai mi sarei potuta accorgere che mia figlia era malata.”

Storie come quelle di Maren sono possibili, negli USA, grazie alla diagnosi precoce fornita dai programmi di screening neonatale statale, attivi da 50 anni. Le celebrazioni per quello che è stato definito uno dei più grandi successi della sanità pubblica sono già in corso.
Negli USA sono più di 4 milioni i bambini che ogni anno vengono sottoposti ai test di screening per decine di malattie genetiche e metaboliche. Si stima che ogni anno vengano salvati circa 12.000 bambini, che altrimenti andrebbero incontro alla morte precoce o a gravi disabilità fisiche o intellettive.

Purtroppo i programmi di screening neonatale non fanno notizia, negli USA come in Italia, dove lo screening neonatale è praticato da 40 anni.
Grazie però all’introduzione di apparecchiature sempre più sofisticate e grazie all’innalzamento delle competenze di medici e tecnici di laboratorio è possibile indagare la presenza di moltissime patologie con il prelievo di una sola goccia di sangue.

L’anniversario dei 50 anni dall’attuazione del primo test di screening neonatale non è dunque solo una festa di compleanno, ma anche una preziosa occasione per ricordare tutte le persone che grazie al test hanno potuto festeggiare molti compleanni e tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di una diagnosi precoce e sono morti, o versano in condizioni di grave disabilità, a causa di una malattia generica o metabolica.

Lo screening neonatale in Italia è obbligatorio unicamente per tre patologie: fenilchenuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica. Esiste però la possibilità di indagare sulla presenza di più di 40 malattie metaboliche, molte delle quali possono essere oggi curate tramite una dieta specifica o una terapia enzimatica sostitutiva. Lo “screening metabolico allargato” è però garantito con copertura totale solo la Toscana (al cui centro afferiscono anche, i neonati dell’Umbria), insieme all’Emilia-Romagna e alla Liguria che però da 8 anni è ancora vincolata ad un progetto pilota. In altre 3 regioni, Lazio, Campania e Sicilia la copertura è solo parziale.

L’articolo originale, contenente la storia di Maren, è pubblicato su Scienceblogs.com.

 

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