Topolino di laboratorioTrattati in laboratorio, alcuni topi hanno per la prima volta percepito suoni equivalenti a un sussurro. Affinché la terapia arrivi all’uomo, la strada è comunque ancora lunga

Recenti test preliminari, condotti su modelli animali, sembrano delineare una nuova e promettente prospettiva terapeutica per i circa 125 milioni di individui che, a livello globale, soffrono di disturbi uditivi di natura genetica. Un'innovativa terapia genica, infatti, è stata messa a punto e sperimentata con successo su alcuni esemplari di topo affetti da sindrome di Usher, ottenendo risultati persino migliori di quelli previsti. Due studi correlati, da poco pubblicati sulla rivista Nature Biotechnology, spiegano l'idea alla base di questo potenziale trattamento e le incoraggianti prove precliniche finora raccolte dai ricercatori.

Ad oggi, sono più di 300 le anomalie genetiche identificate come causa di danni uditivi permanenti, anomalie che impediscono alle cellule sensoriali presenti nell'orecchio interno umano di funzionare correttamente, provocando un deficit o una completa perdita di udito. La più frequente forma di sordità congenita nei bambini è dovuta a mutazioni presenti nei geni GJB2 e GJB6, alterazioni che incidono sia sul normale sviluppo che sull'adeguato funzionamento delle cellule ciliate della coclea, la parte dell'orecchio conosciuta anche come 'chiocciola ossea'. Si tratta, essenzialmente, di cellule che hanno un ruolo cruciale nel meccanismo di percezione dei suoni, in quanto sono deputate alla trasformazione degli impulsi meccanici generati dalle onde sonore in segnali nervosi interpretabili dal cervello.

Allo scopo di correggere le mutazioni genetiche che sono causa di sordità, un team di ricercatori del Massachusetts Eye and Ear (Boston, USA) e dell'Harvard Medical School (Boston, USA), è riuscito a mettere a punto un approccio di terapia genica basato su un particolare tipo di virus sintetico. In effetti, una terapia genica è costituita proprio da un virus innocuo che, fungendo da vettore, ossia da 'mezzo di trasporto', serve a diffondere all'interno dell'organismo un ampio numero di copie sane dello specifico gene mutato che è all'origine di una data malattia. Come spiegato nel primo dei due studi pubblicati su Nature Biotechnology, il virus sviluppato dai ricercatori, denominato Anc80L65, è stato iniettato nell'orecchio di alcuni esemplari di topo, in corrispondenza della 'finestra rotonda'. Il risultato più sorprendente è che, grazie all'efficacia del vettore, è stato possibile trasferire i 'geni riparatori' non solo alle cellule ciliate interne, ma anche, per la prima volta, al 90% circa di quelle esterne, su cui è molto più difficile intervenire mediante terapia genica.

Nel secondo studio, coordinato da Gwenaëlle S. Géléoc, professoressa in otorinolaringoiatria presso l'Harvard Medical School e ricercatrice all'F.M. Kirby Neurobiology Center del Boston Children’s Hospital, lo stesso vettore virale è stato impiegato per trasferire uno specifico gene correttivo in topi precedentemente bioingegnerizzati per manifestare i sintomi della sindrome di Usher, una malattia genetica rara che rappresenta anche la più comune causa di sordo-cecità nell'uomo. In base alle prove raccolte, 19 dei 25 animali trattati sono stati in grado di udire suoni di intensità inferiore agli 80 decibel (la normale conversazione umana è di circa 70 decibel). Alcuni esemplari sono persino riusciti a percepire suoni di 25-30 decibel, equivalenti, più o meno, a un sussurro.

Il prossimo passo sarà quello di testare a fondo la sicurezza e la tollerabilità del vettore Anc80L65, per comprendere quali possano essere le reazioni del sistema immunitario umano al virus. In ogni caso, occorreranno ancora diversi anni affinché si possa parlare di un'eventuale terapia genica per la sordità genetica nell'uomo.

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