Parla l’atleta di Recanati, nata con agenesia dell’avambraccio sinistro. In partenza per i Giochi anche altre 3 campionesse italiane di paradressage, con malattie rare e non solo
Adrenalina, voglia di dare il massimo e una buona dose di emozione. Così Federica Sileoni ha vissuto le ultime settimane di preparazione in vista delle Paralimpiadi di Parigi 2024, dove rappresenterà l’Italia nel paradressage, categoria 5, quella degli atleti con minori limitazioni funzionali. “È la mia seconda Olimpiade, l’affronterò sicuramente con maggiore consapevolezza rispetto a Tokyo 2020”, spiega ad OMaR. “Nelle ultime settimane ho iniziato a sentire la tensione, ma si tratta di una sensazione positiva”.
Federica è nata 26 anni fa a Recanati, in provincia di Macerata, con un’agenesia dell’avambraccio sinistro, che non era risultata visibile dagli esami ecografici. “Sono nata senza l’avambraccio sinistro”, racconta. “All’inizio questo imprevisto ha sconvolto l’equilibrio familiare, ma poi piano piano le cose si sono rimesse in linea. A un anno di età ho avuto la mia prima protesi, ma in realtà non l’ho mai utilizzata, perché ho imparato a fare ogni cosa senza. Oggi uso la protesi solo per montare a cavallo, ma è la prima cosa che tolgo quando scendo è l'ultima che metto prima di salire in groppa, perché utilizzare la protesi non rappresenta la mia normalità”.
Federica ha cominciato a praticare equitazione quando aveva 7 anni, seguendo sua sorella. Presto, però, quella che era solo un’attività sportiva si è trasformata in una vera passione, che ha coinvolto tutta la famiglia. “Come dico sempre, per noi i cavalli sono una malattia, ma una malattia positiva, qualcosa di cui è impossibile fare a meno”. E così nel 2012 i genitori hanno aperto una scuderia a Recanati, dove la giovane Federica ha cominciato a montare tutti i giorni. All’inizio saliva a cavallo senza l’uso della protesi, che indossava solo per partecipare alle competizioni con i normodotati. Nel 2019 Federica si è trasferita in Toscana, dove Gea Einaudi, la pronipote del secondo presidente della Repubblica, ha fondato nel 2016, alle porte di Pisa, la onlus WorldSoul, che ha lo scopo di promuovere lo sport equestre del paradressage e di supportare la partecipazione degli atleti paralimpici alle attività sportive. “Per me il paradressage era un mondo totalmente nuovo, ma nel giro di appena 2 anni ho ricevuto la convocazione per i Giochi di Tokyo: è stata una cosa bellissima e al tempo stesso inaspettata”.
Dopo la laurea in Psicologia, Federica ha conseguito un master in Management e Gestione delle Attività Sportive. E oggi sogna di affiancare alla carriera di atleta quella di tecnico, per trasmettere ai suoi allievi tutto quello ha imparato negli anni accanto ai suoi amati cavalli: prima “Buby” (Burberry), la cavalla con cui ha condiviso le competizioni più importanti degli ultimi anni, e poi Leonardo, che farà il suo esordio a Parigi. “L’equitazione è uno sport particolare, perché gli atleti sono due”, conclude. “Non esiste solo l’aspetto prettamente agonistico: il cavaliere non può mai essere indifferente all’animale che sta montando. Se il tuo cavallo non sta bene, non stai bene neppure tu. È dalla sua salute fisica e mentale che deriva la nostra serenità”.
A rappresentare l’Italia a Parigi nella disciplina del paradressage anche altre atlete, con malattia rara e non solo. Si tratta di Sara Morganti, affetta da sclerosi multipla e alla sua quarta Paralimpiade dopo Londra 2012, Rio de Janeiro 2016 e Tokyo 2020, dove si è aggiudicata due bronzi. Sara ha scelto l’equitazione seguendo le orme della sua sorella maggiore: “Lo sport è una fonte di motivazione grandissima – dichiara – perché mi ha insegnato a superare anche gli ostacoli che incontro nella vita di tutti i giorni”. C’è poi Carola Semperboni, atleta affetta da una diplegia congenita che le ha paralizzato entrambe le gambe. Nonostante la giovane età (ha poco più di 20 anni), Carola è alla sua seconda prova paralimpica dopo Tokyo, ma questa volta è determinata a dare di più: “Quest’anno – spiega – mi sento mentalmente più pronta a gestire l’emozione. Sono molto emotiva e questo è sempre stato l’aspetto su cui concentrarmi di più. Ci ho lavorato tanto in vista di questo appuntamento e spero di arrivare nelle migliori condizioni”. Francesca Salvadè, infine, è affetta da spina bifida e monta fin dall’età di 3 anni. Parigi sarà la sua quarta partecipazione ai Giochi Paralimpici e anche per lei l’attività sportiva gioca un ruolo fondamentale nella vita: “Lo sport è la mia quotidianità, lo pratico tutti i giorni e posso dire che è tutto per me”.
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