Paralimpiadi Parigi 2024 - Carolina Costa

A un mese dall’inizio della XXIV edizione dei giochi paralimpici il bilancio della judoka messinese: “La malattia è stata un duro colpo, ma sono riuscita a trasformarla in un punto di forza”

È figlia d’arte Carolina Costa, judoka messinese, attesa a fine agosto a Parigi per la XXIV edizione dei Giochi paralimpici estivi, dove gareggerà nella categoria J2, che raggruppa gli atleti ipovedenti con basso residuo visivo. “Si può dire che sono nata sul tatami, perché i miei genitori non solo sono stati i miei primi fan, ma anche i miei allenatori, soprattutto mio padre”, racconta a Osservatorio Malattie Rare. Sua madre è l’ex lottatrice e judoka olimpionica polacca Katarzyna Juszczak, suo padre è stato il maestro di judo e presidente della Confederazione Italiana Kendo, Franco Costa.

“Si sono conosciuti durante una gara internazionale, tutto è iniziato nel mondo del judo”. Carolina perde il papà a 12 anni e con lui perde anche il suo maestro, iniziano anni complicati, ma lei il judo ce l’ha nel sangue e non molla. “Nel 2008 ho vinto il mio primo titolo Italiano”, racconta. “All’epoca portavo soltanto gli occhiali, le ultime gare importanti come normodotata risalgono al 2017, quando mi sono classificata prima in Coppa Italia e seconda al Campionato Assoluto”.

Nello stesso anno, però, succede l’imprevisto. Una sera la vista improvvisamente si sfoca e davanti agli occhi vede solo buio. “L’oculista disse che si trattava di un calo di miopia, all’epoca si diceva così”, ricorda. “Misi delle lenti nuove, ma niente, non vedevo lo stesso”. Ci vuole qualche tempo e una serie di visite e controlli perché le venga diagnosticato il cheratocono, una malattia rara che insorge tipicamente tra la fine dell’infanzia e l’inizio della pubertà e comporta un progressivo assottigliamento e uno sfiancamento, spesso localizzato, della cornea. “La malattia è stata diagnosticata troppo tardi, a 23 anni era già in una fase avanzata, le lenti non migliorano granché la visione e attualmente sono in lista per un eventuale trapianto di cornea” prosegue.

Per fortuna c’è il judo. “Il judo mi ha sempre accompagnato, nelle montagne russe della vita è stato la mia casa e il mio rifugio”, dice. “È stato come un secondo padre”. E infatti Carolina non si lascia scoraggiare dalla malattia. Vuole continuare nella sua carriera e continua. Ma competere con i normodotati comincia a diventare difficile. Si parte senza prese e quando l’arbitro scandisce l’“Hajime”, che nel gergo del judo vuol dire cominciare a combattere, l’avversaria diventa inafferrabile per chi non vede bene. Qualche mese dopo, però, scopre l’esistenza della Fispic, la Federazione italiana sport per ipovedenti e ciechi, dove grazie all’incoraggiamento del responsabile Judo della Federazione, Rosario Valastro, e dell’allenatore della Nazionale, Roberto Tamanti, comincia la sua seconda vita di judoka. “Hanno visto che ero ancora un’atleta promettente e mi hanno subito proposto di partecipare al Mondiale, in programma da lì a qualche mese. Io ho deciso di buttarmi in questa avventura e ho conquistato il terzo posto. Poi da lì è stato tutto un crescendo”.

Oggi Carolina Costa vanta un Palmares di tutto rispetto. Dopo il bronzo al Mondiale di Lisbona nel 2018, si è aggiudicata il titolo di campionessa del mondo nel 2022 e nel 2023 e quello di campionessa europea nel 2019 e nel 2022, mentre ai Giochi Paralimpici di Tokio 2020 è riuscita ad appuntarsi al petto la medaglia di bronzo. “Ancora oggi il judo continua a essere la mia valvola di sfogo, non mi tradisce mai e i successi mi ripagano sempre di tutto il tempo, le lacrime e le sofferenze degli allenamenti”, puntualizza. Grazie alla sua tenacia oggi l’atleta messinese è stata anche arruolata nel Gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre della Polizia penitenziaria, dove attualmente si allena in vista di Parigi. Ma a Messina ha ancora la sua palestra che, nella tradizione di famiglia, gestisce con l’aiuto della madre. “Io mi occupo dei più piccoli”, spiega, “seguo i bambini tra i 3 e i 7 anni. In futuro mi piacerebbe allenare i ragazzi della Nazionale”. A 30 anni non ancora compiuti Carolina può tracciare un primo bilancio della sua vita. “La malattia è stata un duro colpo per me, ma poi sono riuscita a trasformarla in un punto di forza”, tira le somme. “Ci sono giorni in cui provo un senso di malessere dovuto agli sbalzi della vista, ma cerco di affrontare le giornate nel miglior modo possibile senza pensare al futuro, perché il cheratocono è una patologia degenerativa e non so cosa accadrà più avanti. Ho avuto una vita travagliata, ma oggi sono soddisfatta a livello sportivo e lavorativo”, conclude. “E di questo ringrazio tutte le persone che ogni giorno mi danno forza e sostegno, il mio allenatore Vittorio Scimone che mi ha supportata e aiutata in ogni momento, tutto il mio Gruppo sportivo e la Fispic che mi ha dato la possibilità di continuare a sognare”.

 

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