Prof. Falsini: “Grazie alla Rete promossa da Magi abbiamo accelerato le diagnosi e all’arruolamento dei pazienti nelle sperimentazioni"
Il Policlinico Agostino Gemelli è il secondo Centro clinico ad aver aderito alla Rete creata da Magi per la diagnosi e la cura delle malattie della Retina. Non è un caso che il Lazio sia secondo solo alla Lombardia per il numero di famiglie che hanno effettuato test al laboratorio di Magi. Nella Rete il Gemelli ha un ruolo importante: è qui infatti che sotto la direzione del Prof. Benedetto Falsini si svolgono due importanti trial clinico farmacologici. “Ormai oggi – spiega il prof. Falsini - lo sviluppo di terapie passa per l’approccio farmacogenomico dove il farmaco viene messo a punto per agire sul danno specifico causato da determinate mutazioni. Per questo, conoscere esattamente da quali mutazioni un paziente è affetto rappresenta il punto di partenza della ricerca ai fini di offrire le migliori terapie. In sintesi, ogni mutazione corrisponde a un preciso meccanismo di danno e contro quello sviluppiamo un preciso tipo di terapia. Avere diagnosi sempre più accurate ci permette anche di distinguere i pazienti in base al genotipo e valutare quegli individui sui quali un tipo di terapia funziona meglio”.
Il Gemelli è attualmente l’unico centro in Europa in cui è in corso un trial clinico per la malattia di Stargardt. E’ vero che state arruolando pazienti per sperimentare un farmaco derivato pianta di zafferano?
Si è vero, stiamo studiando questa terapia per la malattia di Stargardt con mutazioni del gene ABCR4 e stiamo arruolando i pazienti per la seconda fase: è il primo studio in Europa di questo tipo. Questa rara malattia della retina è una delle maggiori cause di ipovisione grave in età giovanile. La terapia in questione, che si basa sulla somministrazione orale di un derivato dal Crocus sativus, che è appunto lo zafferano, mira a contrastare questo danno cercando di arrestarne l’evoluzione grazie alle proprietà antiossidative e anti apoptotiche. Attualmente siamo già alla fase due di sperimentazione sui pazienti, che prevede di validarne l’efficacia, grazie al finanziamento avuto da Telethon, e con risultati interessanti. Inizialmente avevamo pensato di fare questo studio su 30 pazienti ma ora abbiamo fatto richiesta al comitato etico di arruolarne di più, fino a 50, e al momento ne abbiamo già 36; c’è dunque spazio per altri pazienti perché abbiamo una diagnosi molecolare precisa per questa malattia con questo tipo di mutazione. I pazienti saranno randomizzati in doppio cieco e dopo che entrambe i gruppi avranno assunto alternativamente farmaco e placebo andremo a misurare i risultati con uno strumento messo a punto proprio dal mio laboratorio, l’elettroretinografia retinica. In Italia siamo gli unici ad averla e nel resto del mondo è presente solo in un paio di centri negli USA. In parallelo a questo studio sui pazienti ne stiamo anche conducendo altri su modello murino – animali geneticamente modificati per riprodurre la malattia – per cercare di capire ancora meglio la biodisponibilità e le caratteristiche d’azione del farmaco, questi ultimi studi sono condotti in collaborazione con l’Università de L’Aquila.
State sperimentando anche il Nerve Grow Factor (NGF), la proteina scoperta negli anni 50 da Rita Levi-Montalcini e che le è valso il Nobel. A cosa serve?
Questo farmaco ha la capacità di bloccare il processo di apoptosi: stiamo avendo risultati soddisfacenti. La prima malattia per la quale abbiamo sperimentato il NGF è il glioma delle vie alte, una malattia rara di origine genetica che causa un danno molto serio e che porta in genere alla cecità già nell’infanzia. Abbiamo già concluso la sperimentazione di fase uno sui pazienti e i risultati sono stati incoraggianti: non solo abbiamo riscontrato un effetto neuroprotettivo, capace dunque di rallentare la malattia, ma anche, in alcuni casi, la capacità di portare ad un parziale recupero. Ora attendiamo di poter partire con la seconda fase di studio e per questo abbiamo presentato un progetto di finanziamento a Telethon. Contestualmente stiamo anche valutando la possibilità di estendere questo tipo di sperimentazione anche a pazienti con determinati tipi di retinopatie di origine genetica.
Che valore aggiunto porta la collaborazione con un laboratorio specializzato come Magi e far parte di questa 'Rete per le malattie rare della retina'?
Per noi questa collaborazione è stata fondamentale perché ci ha permesso di dare un’accelerazione al processo di diagnosi e dunque anche all’arruolamento dei pazienti nelle sperimentazioni, sia nelle nostre che in quelle che si svolgono all’estero. Siamo riusciti anche ad inserire bambini italiani nelle sperimentazioni statunitensi di terapia genica, che stanno dando ottimi risultati. Ogni volta che il personale di MAGI viene da noi abbiamo almeno 30 – 40 pazienti da valutare insieme e per i quali loro ci fanno il test genetico. Siamo davvero molto soddisfatti del modo accurato in cui lavorano e del fatti di poterci poi confrontarci con altri centri italiani di elevato livello.
Voi riuscite a iscrivere pazienti italiani alle sperimentazioni straniere. Ma ci sono stranieri che vengono da noi?
Certamente, attualmente ho inserito nelle sperimentazioni pazienti che vengono dalla Svezia, dalla Spagna e anche da altri Paesi europei. Il valore aggiunto di questa rete ci porterà ad essere sempre più punto di riferimento anche per i pazienti di altri Paesi. Non avevo dubbi che questo tipo di alleanza potesse essere vincente, quando lavoravo a Philadelphia, nel '96-'97 vedevo che lì già era una consuetudine attuare questo tipo di collaborazioni, tanto più per le malattie rare; noi eravamo indietro e ora finalmente ci stiamo adeguando.
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