Fibrosi cistica: news su terapie, sperimentazioni e qualità della vita
La fibrosi cistica è una malattia genetica ereditaria che colpisce 1 neonato su 2.500–2.700. E' dunque una malattia genetica che può essere definita rara e viene trasmessa con modalità autosomica recessiva. A causare la malattia è un difetto della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator), la cui funzione è di regolare gli scambi idroelettrolitici. L'alterazione della proteina comporta un'anomalia del trasporto di sali e determina, principalmente, la produzione di secrezioni "disidratate": il sudore è molto ricco in sodio e cloro, il muco è denso e vischioso e tende ad ostruire i dotti nei quali viene a trovarsi. Ad essere colpiti dagli effetti della malattia sono soprattutto l'apparato respiratorio, le vie aeree, il pancreas, il fegato, l'intestino e l'apparato riproduttivo (soprattutto nei maschi, a causa dell’ostruzione dei dotti spermatici). La fibrosi cistica, detta anche mucoviscidosi, è forse la più frequente tra le malattie rare: circa il 4% della popolazione ne è portatore sano e si registrano circa 200 nuovi casi all’anno.
Il codice di esenzione della fibrosi cistica è 018 (Malattie croniche).
Del gene che codifica per la proteina CFTR si conoscono circa 2.000 differenti mutazioni, che sono state suddivise in 5 gruppi principali sulla base del tipo di alterazione del DNA che caratterizza la mutazione. Le mutazioni di classe I arrestano la sintesi della proteina, mentre quelle di classe II (tra cui la comune mutazione F508del) sintetizzano una proteina CFTR non correttamente conformata, che viene presto rimossa. Le mutazioni di classe III, IV e V consentono la sintesi di una proteina alterata che, in qualche modo, riesce a raggiungere la sua sede di azione, oppure (come nel caso di alcune mutazioni di classe Va) consentono la sintesi di una piccola quota di proteina normale. A differenti mutazioni corrispondono diversi fenotipi di malattia: ci sono quindi malati gravi per i quali l'unica speranza è il trapianto di polmoni o di fegato, persone che manifestano la malattia molto tardivamente e in forma lieve e, infine, casi completamente asintomatici.
Considerando l’incidenza della malattia (1 caso ogni 2.500–2.700), si deduce che questa sia sufficientemente bassa da far rientrare la fibrosi cistica tra le malattie rare. Tuttavia, nel nostro Paese la fibrosi cistica non è inclusa nell’elenco delle patologie rare esenti per un motivo del tutto particolare. Questa malattia, che a differenza di molte altre patologie non è poi così ‘sconosciuta’ nel nostro Paese, è stata oggetto, nel 1993, di una legge (n.548) chiamata "Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica", che pone particolare attenzione non solo alla cura e alla tutela dei malati, ma anche alla diagnosi, arrivando a contemplare quella prenatale. In particolare, questa legge definisce la fibrosi cistica un malattia "ad alto interesse sociale" e, perciò, ha dato mandato alle Regioni di indicare ai propri servizi sanitari i criteri per adottare strategie di diagnosi precoce per tutti i neonati, affinché ciascuna Regione istituisca un proprio centro di riferimento.
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L’Agenzia di stampa Ansa ha appena reso noto che Gilead Sciences ha annunciato che la sua sperimentazione clinica di Fase III di raffronto diretto tra Cayston® (aztreonam per soluzione per inalazione) e tobramicina soluzione per inalazione (tobramycin inhalation solution, TIS) in pazienti affetti da fibrosi cistica (FC) con Pseudomonas aeruginosa) ha raggiunto il proprio endpoint co-primario di superiorità di Cayston per quanto concerne la variazione media della percentuale predetta del volume espiratorio forzato in un secondo (forced expiratory volume in one second, FEV1, un parametro di misurazione della funzione polmonare) nell’arco di tre cicli di trattamento (sei mesi). Per leggere la notizia clicca qui
Le persone affette da fibrosi cistica devono tenere sotto controllo le infezioni da Stenotrophomonas maltophilia, un batterio già noto, riscontrabile incirca un paziente su tre, ma a cui in passato forse non si è data la dovuta importante. A mettere in guardia sui rischi di questo batterio è uno studio canadese pubblicato il primo ottobre scorso sull’ American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine e firmato da Valerie Waters, dell’Università di Toronto. Secondo i dati ottenuti dai ricercatori infatti, diversamente da quanto altri studi avevano sostenuto in precedenza (si veda ad esempio lo studio condotto nel 2002 alla University of Washington Medical Center di Seattle), l’infezione causata da questo batterio espone a maggiore rischio di esacerbazioni polmonari acute, una delle complicanze più frequenti a cui i malati vanno incontro e che spesso causano danni polmonari irreversibili.
Sapere che il proprio figlio nè affettio da una malattia rara come la Fibrosi Cistica non è una bella notizia per nessun genitore, ma rimanere senza una diagnosi certa, con il dubbio che possa svilupparsi la malattia, è forse anche peggio. Eppure non sempre confermare o escludere la fibrosi cistica è semplice. Alla diagnosi, generalente, si arrivai attraverso la combinazione di due dati: quello che deriva dal test del sudore, che misura la concentrazione del cloro - una forma di screening applicato nella maggior parte delle regioni italiane - e, se questo risulta positivo, dagli esiti dell’indagine genetica volta a trovare o a escludere due specifiche mutazioni della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator). Nella maggior parte dei casi dalla combinazioni di queste due analisi si ha la risposta, c’è tuttavia un numero significativo di casi in cui rimane l’incertezza. Da uno studio francese arriva ora un risultato positivo sulla validità diagnositica per i casi incerti di un altro tipo di test, la misura dei potenziali nasali (NPD)
Il Centro regionale di riferimento per la Fibrosi Cistica della Clinica Pediatrica-Istituto G. Gaslini di Genova sta lavorando al fine di far nascere, all’interno della rete ospedaliera della Regione, un Centro dedicato ai pazienti adulti affetti dalla malattia. “La prognosi della Fibrosi Cistica,- dice la professoressa Laura Minicucci, Responsabile del Centro FC- è notevolmente cambiata rispetto al passato, grazie alle numerose cure a disposizione e alla possibilità di fare diagnosi precoce tramite lo screening neonatale. La sopravvivenza dei pazienti, quindi, ha raggiunto largamente l’età adulta. Qui al Gaslini seguiamo attualmente circa 250 pazienti, metà dei quali ha più di 18 anni, finora un’età, nel 20 per cento dei casi, superiore ai 40 anni. Crediamo necessario che questa popolazione di adulti possa fare riferimento ad una struttura ad hoc che sappia pienamente farsi carico delle loro necessità assistenziali”.
Peter Oxford è australiano, ha 35 anni ed è l'ideatore e direttore di Showcase, uno dei premi di danza più famosi al mondo. Nonostante la fibrosi cistica ha fatto della sua vita quello che voleva.
Nascere con la Fibrosi Cistica è, di per sé, una sfida che, per alcuni, potrebbe non finire mai. Io amo le sfide, perché possono trasformare una giornata grigia in un’avventura divertente. Una sfida può generare energia e aiutarti a goderti la vita. Immaginate di sentirvi dire che non lavorerete mai nel campo per il quale avete studiato gli ultimi 14 anni. È quello che è successo a me quando avevo 18 anni e avevo passato gran parte del mio tempo ad esercitarmi in una scuola di danza con il sogno di diventare un ballerino.
Da una proteina ricavata da una medusa e in grado di legare più molecole tra loro potrebbe venire uno strumento di diagnosi ottica, tecnicamente detta Imaging in-vivo, utile a studiare i meccanismi di azione di alcune malattie, tra cui la fibrosi cistica, la più diffusa tra le malattie genetiche in Italia.Un’equipe di studiosi del Laboratorio Nest (National Enterprise for nanoScience andnanoTechnology) dell’Istituto Nanoscienze del CNR, insieme alla Scuola Normale di Pisa e in collaborazione con l’Istituto Italiano di tecnologia ha infatti messo a punto un nuovo biosensore chiamato ClopHensor,proprio partendo dalla proteina di questa medusa e le molecole che questa crea nella cellula.
Per ora lo studio é stato effettuato solo su cavie da laboratorio e frenare eccessivi entusiasmi è d’obbligo, ma certo lo studio svolto alla School of Medicine dell’Università della California a San Diego e pubblicato su Nature Medicine dal prof. Gregory Harmon non lascerà indifferenti quanti anche in Italia combatto contro la fibrosi cistica.
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