La fenilchetonuria (PKU) è un raro difetto metabolico ereditario a trasmissione autosomica recessiva, ed è dovuto a mutazioni nel gene che codifica per un enzima epatico, la fenilalanina idrossilasi (PAH), necessario per il metabolismo della fenilalanina (Phe), un aminoacido essenziale presente nella maggior parte degli alimenti contenenti proteine. A causa della carenza di PAH, si verifica un aumento della concentrazione di fenilalanina nel flusso sanguigno (iperfenilalaninemia o HPA), con effetti tossici per il cervello che finiscono per compromettere il normale sviluppo del sistema nervoso centrale. La PKU interessa circa 50.000 persone in tutto il mondo, anche se la prevalenza della malattia è piuttosto variabile. In Europa, ad esempio, la prevalenza media è di circa 1 paziente ogni 10.000 neonati, con un tasso più alto in Paesi come l'Irlanda e la Turchia, e uno molto basso in Finlandia.

Il codice di esenzione della fenilchetonuria è RCG040 (afferisce al gruppo "Difetti congeniti del metabolismo e del trasporto degli aminoacidi").

La sezione Fenilchetonuria è realizzata grazie al contributo non condizionante di BioMarin e di PIAM.

fenilchetonuria, Biomarin fenilchetonuria, PIAM

La fenilchetonuria è una delle patologie che vengono rilevate tramite screening neonatale. In un neonato che risulti positivo alla Phe, la diagnosi di PKU, ossia di deficit di PAH, viene posta escludendo altre possibili cause di iperfenilalaninemia, come HPA lieve, che può non richiedere trattamento, forme di HPA legate ai difetti della pterina, disfunzioni epatiche o elevata assunzione di proteine.

La PKU è caratterizzata da disabilità intellettiva, microcefalia, deficit motori, rash eczematoso, disturbi dello spettro autistico, epilessia, ritardo dello sviluppo, deficit di accrescimento, comportamenti aberranti e sintomi psichiatrici. Se non adeguatamente trattata, la patologia comporta un grave e irreversibile ritardo mentale, oltre a importanti disabilità cognitive.

Il trattamento si basa prevalentemente su un rigoroso regime alimentare a basso contenuto di proteine (e quindi di Phe), che i pazienti devono seguire per tutta la vita, e una supplementazione proteica (miscele aminoacidiche prive di fenilalanina, alimenti a fini medici speciali). Alcuni pazienti rispondono bene alla terapia codiuvante con tetraidrobiopterina (BH4), un cofattore essenziale della fenilalanina idrossilasi. Recentemente si è resa disponibile, per i pazienti di età maggiore di 16 anni e con controllo metabolico non ottimale, la terapia di sostituzione enzimatica. In futuro potrebbero rendersi disponibili terapie a RNA e la terapia genica.

Fonti principali:
- Orphanet
- van Wegberg et al. "The complete European guidelines on phenylketonuria: diagnosis and treatment" Orphanet Journal of Rare Diseases (2017)

L’intervista a Paolo Galfetti, CEO di APR - Applied Pharma Research

Quando l’esperienza personale diretta incontra la scienza e la tecnologia nascono le realtà più belle. Parliamo dell’ingresso nel mondo delle malattie rare di un’azienda farmaceutica, Applied Pharma Research (APR), dedita da tempo alla tecnologia per lo sviluppo di farmaci sempre più efficaci e con meno effetti collaterali. “Diciotto anni fa sono diventato padre di un bambino con fenilchetonuria”, racconta a Osservatorio Malattie Rare Paolo Galfetti, CEO dell’azienda. “Dopo la gioia della nascita ci siamo trovati al San Paolo di Milano con una diagnosi di questa malattia, che neanche sapevamo cosa fosse”.

Un accumulo di fenilalanina per mutazione del gene della fenilalanina idrossilasi, l’enzima che converte l’aminoacido essenziale fenilalanina in tirosina. È da questo problema che origina la fenilchetonuria (PKU), malattia genetica ereditaria che si trasmette in maniera autosomica recessiva, per cui i genitori sono portatori sani della malattia, mentre i figli hanno il 25% di probabilità di nascere malati.

“La fenilchetonuria, che una volta veniva chiamata oligofrenia, cioè malattia accompagnata da danno neurologico gravissimo con convulsioni e ritardo mentale, oggi ha un’evoluzione diversa: infatti, i pazienti con fenilchetonuria possono raggiungere una qualità di vita buona, e obiettivi di studio e di lavoro normali”, spiega il dr. Alberto Burlina, direttore dell’Unità Operativa Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova e del Centro Regionale Malattie Metaboliche Ereditarie della Regione Veneto.

Il prodotto è stato presentato in occasione del 9° congresso annuale SIMMESN

Balerna (SVIZZERA) - Da oggi i pazienti italiani affetti da fenilchetonuria (PKU) e i loro familiari potranno contare su PKU GOLIKE®, la linea di nuova generazione di alimenti a fini medici speciali privi di fenilalanina (Phe) per la gestione dietetica della PKU, supportata dalla tecnologia di derivazione farmaceutica brevettata “Physiomimic Technology”. Il prodotto sarà promosso e distribuito direttamente da APR (Applied Pharma Research) mediante APR Italy, sua controllata locale.

Intervista alla dottoressa Anita MacDonald, dietista consulente in disordini metabolici ereditari presso il Birmingham Children's Hospital e professore onorario in Dietetica presso la Plymouth University, nel Regno Unito

La fenilchetonuria (PKU) è una malattia metabolica ereditaria legata al metabolismo della fenilalanina, un aminoacido essenziale presente nella maggior parte degli alimenti contenenti proteine. In Europa, la prevalenza media della patologia è di circa 1 caso ogni 10.000 neonati, con tassi più o meno elevati a seconda del Paese (incidenza elevata in Turchia e più bassa in Finlandia). “I pazienti affetti da PKU seguono una dieta a basso contenuto proteico”, spiega la dottoressa Anita MacDonald, dietista consulente in disordini metabolici ereditari presso il Birmingham Children's Hospital e professore onorario in dietetica presso la Plymouth University, nel Regno Unito, nonché membro dell’organizzazione e del comitato scientifico della Conferenza Internazionale ES PKU 2018, svoltasi a Mestre (Venezia) dall’1 al 4 novembre 2018.

La fenilchetonuria (PKU) interessa circa 50.000 persone al mondo, colpendo in media un bambino ogni 7.000-10.000 nati. Si tratta di una malattia rara genetica del metabolismo proteico che, se non diagnosticata, comporta gravissimo ritardo cognitivo e disabilità. La PKU, però, oggi viene diagnosticata attraverso lo screening neonatale e chi ne è affetto può vivere una vita normale, a patto di seguire correttamente e per tutta la vita la corretta terapia. Si tratta di una terapia dietetica rigida e complessa, che però di fatto impedisce l’espressione della malattia. Per spiegare la PKU e la sua gestione quotidiana attraverso gli occhi dei pazienti e delle loro famiglie è nata la campagna Mevalia #PKUHeroes: quattro interviste per raccontare in prima persona cosa significa vivere con la fenilchetonuria.

Durante il 32esimo incontro internazionale dedicato alla fenilchetonuria (PKU), svoltosi a Mestre (Ve) ad inizio novembre, sono stati presentati i dati della ricerca qualitativa realizzata da Atstrat, la società di consulenza che ha gestito l'evento di co-creazione con il contributo incondizionato di BioMarin, tenutasi in due momenti, tra giugno e settembre, e che ha coinvolto 21 pazienti adulti (14 donne e 7 uomini) provenienti da tutta la Penisola e aderenti a 4 associazioni pazienti che per la prima volta hanno lavorato insieme a un progetto di tale portata.

fenilchetonuria, Giorgio ReinerLe ultime tecnologie in aiuto dei pazienti. L’esempio di APR e l’intervista a Giorgio Reiner

Balerna (SVIZZERA) – La fenilchetonuria (PKU) è una malattia metabolica che, se non trattata adeguatamente, comporta disabilità cognitive gravi o gravissime. Oggi la PKU può essere trattata, e la terapia consiste prevalentemente in un rigoroso regime alimentare, da seguire per tutta la vita. Si tratta di un’alimentazione sostanzialmente aproteica, che deve essere integrata (su prescrizione dello specialista) con alimenti a fini medici speciali, che forniscono aminoacidi e altre importanti sostanze nutritive pur essendo privi di fenilalanina. Il loro gusto, storicamente poco gradevole, ha portato in passato alcuni pazienti ad abbandonare la terapia: una scelta che li espone a gravi rischi. Recentemente, però, l'azienda farmaceutica svizzera APR ha introdotto una nuova tecnologia che risolverà questi problemi, migliorando l'aderenza terapeutica. Ne abbiamo parlato con il dr. Giorgio Reiner, Direttore del Reparto Ricerca & Sviluppo di APR.

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