Prof. Novelli: ‘In Italia presto progetto Genomi Italia’

Prof. Giuseppe NovelliGeorgia e Jessica sono le prime due bambine affette da malattie rare che hanno ottenuto la propria diagnosi grazie al programma ‘100.000 Genomes Project’, lanciato nel Regno Unito dal premier Cameron nel 2014. L'obiettivo è quello di mappare il codice genetico di decine di migliaia di persone malate di cancro e malattie rare, con la speranza di scoprire quali siano i geni responsabili.

LA STORIA DI GEORGIA - Georgia è stata la prima paziente a beneficiare di questo progetto, per questo la sua storia è rimbalzata su tutte le testate europee. La sua malattia, come in molti casi accade, si è manifestata con sintomatologia atipica e non particolarmente grave: alla nascita i medici avevano riscontrato che la testa della piccola fosse leggermente più larga di quella degli altri neonati, ma dalle prime analisi cliniche non era emerso nulla.

Prima delle dimissioni, i medici chiesero alla mamma e al papà di controllare la bimba per verificare "che la crescita fosse normale" racconta la madre, Amanda. Con il passare del tempo il problema è emerso sempre più chiaramente: la piccola non riusciva a tenere bene la testa, a sedersi e a guardare nella stanza. Nessuno però sembrava in grado di dare un nome alla condizione della bimba e i genitori non riuscivano a darsene pace. Tutto è cambiato un paio di settimane prima di Natale, quando la famiglia ha ricevuto una convocazione da parte del Great Ormond Street Hospital di Londra. I medici erano riusciti a identificare la malattia dopo 4 anni di vita della bimba: una rarissima mutazione genetica. Dopo aver sequenziato il genoma di Georgia, i ricercatori hanno trovato una mutazione in un singolo gene.
Una cura per la malattia di Georgia per ora non esiste, ma i genitori ora sono più tranquilli. Inoltre ora sanno che questa condizione, identificata in un singolo gene difettoso, non impedirà loro di mettere al mondo altri figli.

LA STORIA DI JESSICA – La seconda paziente ad aver ottenuto la diagnosi grazie al progetto è Jessica, anche lei appena 4 anni. La piccola, apparentemente sana alla nascita, ha presentato dei ritardi nello sviluppo e soffriva di frequenti crisi convulsive. Dopo una lunga serie di test, tutti risultati negativi, i genitori della piccola non si sono rassegnati alla mancata diagnosi e hanno preso parte al Progetto Genoma. Dopo due anni dalla consegna dei campioni di sangue della piccola la diagnosi: una mutazione genetica che ha causato la Sindrome da Deficit Glut1, malattia genetica rara che compromette il normale transito del glucosio dal sangue al cervello. Questo si traduce nell’assenza o in una forte riduzione del glucosio a livello encefalico, con conseguenze gravissime sull’organismo.
La malattia può essere trattata con una dieta  a contenuto glucidico fortemente limitato. Tale regime alimentare stimola la produzione di corpi chetonici che attraversando la barriera emato-encefalica, vengono utilizzati come fonte di energia dal cervello. [Guarda qui la storia di Jessica]

L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI - A commentare l’importanza del progetto inglese è il prof. Giuseppe Novelli, Rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Ordinario di Genetica medica Direttore dell’UOC di Genetica Medica della stessa Università. “Per le malattie rare c’è ancora grande necessità di diagnosi: circa il 30-40% sono malattie senza un nome e un cognome. Si tratta quasi sempre di sindromi genetiche – spiega l’esperto all’Osservatorio Malattie Rare – che possono interessare anche solo qualche decina di pazienti in tutto il mondo.”

Quando una famiglia o un paziente sono orfani di diagnosi – prosegue Novelli – si causa quel fenomeno che possiamo definire ‘turismo medico’: intere famiglie che ripetono analisi su analisi, spostandosi da un centro medico all’altro, con costi economici e umani altissimi. Fino a qualche tempo fa purtroppo per l’ottenimento di una diagnosi genetica c’era bisogno di collezionare i dati di un gran numero di casi simili. Oggi tutto è cambiato: grazie alle nuove tecnologie è possibile ottenere il sequenziamento completo del genoma, con costi relativamente contenuti e tempistiche brevi.

Il progresso scientifico e tecnologico ha quindi cambiato completamente la storia di questi bambini e di queste famiglie, altrimenti destinate a vivere orfani di diagnosi, orfani di terapia e senza alcuna risposta alle tantissime domande che quotidianamente logorano chi vive in tali condizioni di incertezza.
Abbiamo finalmente assegnato a queste malattie un nome e un cognome, scoprendo che spesso sono accomunate dallo stesso difetto genetico. In questi casi abbiamo un’arma in più a nostra disposizione, quella che ora vene definita la ‘strategia di riposizionamento dei farmaci’.

IL RIPOSIZIONAMENTO DEI FARMACI -  ovvero l’utilizzo di farmaci ‘vecchi’ per nuovi impieghi terapeutici, sta infatti emergendo come nuova strategia di sviluppo farmacologico e come un promettente ambito di ricerca, nel campo della scienza medica traslazionale.
Celebre è l’esempio della talidomide, molecola proposta come sedativo poi rivelatasi teratogena. Questo farmaco è stato escluso dal mercato fino a pochi anni fa, quando i ricercatori hanno scoperto la sua azione di inibitore dell’angiogenesi e della sintesi del TNF-alfa nel mieloma multiplo e nel sarcoma di Kaposi, aprendo la strada allo sviluppo di derivati di nuova generazione come lenalidomide. Farmaci praticamente scomparsi dal mercato, perché ritenuti obsoleti o addirittura ‘respinti’ (di qui ‘failed drugs’, come la talidomide) e molecole il cui percorso di sviluppo non si è mai concluso, possono essere rilanciati per indicazioni diverse.

“Quando c’è una base genetica comune tra patologie abbiamo delle opportunità di azione in più – spiega ancora Novelli all’O.Ma.R. – per questo farmaci come l’everolimus, usato in passato come immunosoppressore, oggi è sperimentato sui tumori neuroendocrini; per lo stesso motivo la metformina (un farmaco utilizzato per il controllo del diabete, dal costo peraltro bassissimo) viene oggi utilizzato per il trattamento del tumore del colon e della mammella. Per le malattie rare questo tipo di vantaggio è più utile che mai: si può arrivare presto al farmaco, senza necessità di sperimentazioni su grandi numeri, a favore dei gruppi geneticamente stratificati. Per una patologia rara ridurre i tempi di sperimentazione di un farmaco a meno di 8 anni è un risultato straordinario: tutto ciò è possibile grazie al sequenziamento del genoma.”

UN ESEMPIO PRATICO di quello che il Prof. Novelli spiega viene proprio da una delle sue scoperte: la sindrome di Andy Gump (dal nome di famoso personaggio di fumetto americano, privo della mandibola) o Dermatodisostosi cranio-mandibolare o sindrome MAD. Si tratta di una patologia definita da un aspetto progeroide (invecchiamento precoce), mancanza e forte riduzione del grasso cutaneo, mento piccolo o quasi assente, anomalie delle falangi e delle unghie, chiazze di iperpigmentazione e alterazioni nello sviluppo delle clavicole.

La caratterizzazione genetica di questa patologia, con l’isolamento del gene responsabile della sintesi della lamina (proteina fondamentale per la costituzione del nucleo cellulare) ha dato due enormi risultati. Il primo: un paziente che da 15 anni attendeva risposte ha ottenuto una diagnosi e anche una terapia. Il secondo: grazie alla scoperta del Prof. Novelli è stata successivamente compresa la causa della progeria, la rarissima malattia che causa l’invecchiamento precoce, nota ai più come ‘La malattia di Benjamin Button’. Le due malattie hanno infatti origine comune.

IL PROGETTO ITALIANO – Progetti genetici come quello inglese sono quindi fondamentali per i malati rari e per l’ottenimento di nuove terapie. Negli UK l’investimento destinato a questo filone di ricerca è stato enorme (Circa 300 milioni di sterline) ma in Italia cosa stiamo facendo a riguardo?
“Programmi come quello inglese sono fondamentali – spiega ancora Novelli all’O.Ma.R.  – perché mappando decine di migliaia di genomi, ci permettono di avere uno standard di riferimento, sul quale condurre le indagini. Anche in Italia è nato un progetto analogo, grazie a un’idea della Senatrice Cattaneo, per costruire un programma che abbia un indirizzo nazionale, sotto l’egida del Ministero della Salute. Si tratta del ‘Progetto Genoma Italia’, progetto su quale il Ministero della Salute investirà attenzione e 15 milioni di euro in tre anni. I fondi non sono certamente sufficienti, ma i contributi dei privati non tarderanno ad arrivare. Già Enpam, l’Ente Nazionale Previdenza Medici, che si è impegnato a investire almeno altri 15 milioni.”
Un progetto quindi dalle potenzialità enormi, così come enormi sono le potenzialità della genomica, intesa come settore di ricerca e sviluppo di tecnologie, sia in termini strettamente medici che di spinta economica.

“Speriamo il progetto possa essere avviato quanto prima – conclude Novelli – ricordando che potrebbe creare nuova occupazione (saranno ad esempio necessari molti bioinformatici) oltre che dare risposte alle migliaia di malati rari che in Italia ancora attendono una diagnosi e una speranza.”

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