La testimonianza della ragazza: “Fin dal primo ciclo di trattamento ho immediatamente notato incredibili miglioramenti”
Cagliari – La comparsa di sintomi dolorosi e inspiegabili, un lungo calvario fatto di visite ed esami alla ricerca di una diagnosi e, infine, una volta identificata la patologia la difficoltà di trovare un medico in grado di curarla: fra la storia di Cecilia, che abbiamo raccontato nel 2019, e quella di Asia, ci sono molti punti in comune. Non ultimo, che entrambe le ragazze sono riuscite a individuare la malattia di cui soffrono – la vulvodinia – non grazie al loro ginecologo ma trovando informazioni su internet, in uno dei forum e delle community gestite dalle associazioni dedicate a questa condizione. Eppure la vulvodinia è tutt'altro che rara: colpisce circa il 15% delle giovani donne.
Asia Martina Ciarla, 21enne di Cagliari, convive con questa malattia già da cinque anni, ma solo pochi mesi fa ha intrapreso un percorso che le sta portando grandi benefici: un nuovo approccio a base di cortisonici, analgesici e cannabis terapeutica, proposto dal dr. Tomaso Cocco, (clicca qui per leggere l'intervista) Direttore della Struttura Semplice Dipartimentale di Terapia del Dolore presso l'Ospedale “Binaghi” del capoluogo sardo. Ora che finalmente si iniziano a vedere i primi miglioramenti, Asia ha accettato di raccontare a OMaR la sua esperienza, per evitare che altre ragazze trascorrano anni fra dolore, dubbi, imbarazzo e spese inutili (perché la malattia non è ancora riconosciuta nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale, nonostante sia stata presentata una proposta di legge in merito).
Asia, a che età hai iniziato a manifestare i primi sintomi della vulvodinia?
“A 16-17 anni, con i primi rapporti sessuali; i sintomi possono variare da persona a persona ma nel mio caso comprendevano bruciori, lacerazioni nelle mucose, cistiti ricorrenti, bruciore durante la minzione e nausea causata dai crampi al basso ventre. Inizialmente pensavo fosse un problema passeggero e che per risolverlo sarebbe bastato astenermi dall’avere rapporti, ma ben presto capii che questo non era sufficiente. Così mi recai da diverse ginecologhe, ma tutte mi dicevano la stessa cosa, e cioè che apparentemente non presentavo alcuna anomalia e che ero perfettamente in salute”.
Come è cambiata la tua vita, da quel momento?
“Non sapevo cosa mi stesse succedendo: in poco tempo i sintomi iniziarono a verificarsi in maniera più forte e frequente fino a diventare cronici, tenendomi a letto per giorni. Mi sono ritrovata a non poter più uscire di casa; era diventato un problema anche fare cose semplici come eseguire attività sportive, stare seduta o in piedi troppo a lungo o indossare indumenti stretti come i jeans”.
E così è iniziata la ricerca di una diagnosi...
“Sì, è iniziato un calvario fatto di infinite visite ed esami che si rivelavano inutili. Ho cercato in tutta la Sardegna un ginecologo che capisse cosa avessi, ma ho ottenuto soltanto diagnosi e cure errate che non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Poi, esplorando internet, venni a conoscenza di un sito chiamato Hale Community, dove si parla di dolore pelvico cronico, endometriosi, vulvodinia e cistite. Da lì fu tutto molto più chiaro e allora mi misi alla ricerca di un ginecologo specializzato in vulvodinia. Dopo diverse ricerche lo trovai, così andai da lui, che mi eseguì lo 'swab test' (un esame non invasivo per la diagnosi della malattia) e finalmente ogni mio dubbio venne fugato, perché mi venne diagnosticata proprio una vulvodinia con ipertono pelvico”.
Cosa hai provato in quel momento?
“Mi sono sentita sollevata, perché dopo anni di ricerche ero arrivata ad una conclusione: la mia malattia aveva un nome e di conseguenza avrei potuto trovare più facilmente una cura. Da lì cominciai una terapia che comprendeva tre integratori diversi da prendere due volte al giorno, associati a dei miorilassanti e alla fisioterapia per sciogliere i muscoli contratti del pavimento pelvico. Il dottore mi disse di pazientare perché ci sarebbero voluti molti mesi affinché la terapia funzionasse. Purtroppo, però, passato un altro anno, i miei sintomi non mostravano il minimo accenno di miglioramento, anzi peggioravo sempre di più e nemmeno il mio ginecologo sapeva più come aiutarmi. Ero ormai spazientita e disorientata perché non sapevo più a chi rivolgermi. Dal punto di vista psicologico è stato veramente frustrante: oltre a non avere più la certezza di guarire, mi è capitato anche di trovarmi davanti a figure sanitarie che mi dicevano che era tutto nella mia testa e che probabilmente dovevo solo rilassarmi, oppure cambiare partner”.
Finché non ti sei sottoposta al nuovo trattamento proposto dal dr. Tomaso Cocco...
“Diversi mesi dopo venni a sapere della terapia del dolore eseguita dal dr. Cocco presso l'Ospedale Binaghi di Cagliari. Inizialmente, a dire la verità, ero abbastanza scettica a riguardo, ma ho cambiato idea subito dopo la prima seduta (che prevedeva due infiltrazioni in entrambi i glutei all’interno del nervo pudendo). Fin dal primo ciclo di terapia ho notato degli incredibili miglioramenti. Ora, a distanza di qualche mese, devo comunque continuare a fare attenzione, applicare sempre creme e oli nella zona vulvare e non fare sforzi eccessivi”.
Quali effetti ha avuto questo trattamento, dal punto di vista fisico ma anche psicologico?
“Purtroppo non sono ancora riuscita a guarire definitivamente e non riesco ancora ad avere rapporti sessuali, ma considero già un grande passo avanti non stare male tutti i giorni e poter uscire di casa senza essere condizionata dall’ansia di sentirmi male in giro e non sapere come gestire la situazione. Avrei voluto essere a conoscenza di questa terapia molto prima: mi sarei sicuramente risparmiata mesi di dolore (e di conseguenza anche l’aggravarsi della malattia) e spese insostenibili per medicinali e visite. Infatti, dato che questa patologia non è riconosciuta dallo Stato, non c’è nessun tipo di agevolazione e le cure sono totalmente a spese del paziente. La vulvodinia è una 'malattia di lusso' che in pochi si possono permettere di curare, e non trovo per niente giusto tutto questo. Inoltre, i tempi di diagnosi sono estremamente lunghi per colpa della scarsa conoscenza su questo argomento, non solo fra giovani e adulti ma spesso anche in ambito medico”.
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