Francesca a causa della malattia ad uno stadio avanzato fa fatica a camminare e deve tenere sotto controllo il dolore con farmaci oppiacei, ma quelli che passa l’ospedale bastano solo per metà mese.
Per chi ha bisogno di supporto c’è l’associazione Inversa Onlus

“Il primo fastidioso segno di questa malattia si è manifestato all’età di 40 anni circa, quando ho notato una strana ciste sulla quale neppure le creme antibiotiche sembravano aver effetto.” Ha inizio in questo modo il calvario di Francesca che da quasi dieci anni lotta ogni giorno con l’Idrosadenite Suppurativa, una malattia infiammatoria cronica cicatriziale strettamente connessa ad un’infezione batterica dei follicoli delle ghiandole apocrine e caratterizzata dallo sviluppo di noduli cutanei simili a cisti e foruncoli intorno alle pieghe ascellari, nella zona ano-genitale e sull’inguine e sull’interno delle cosce.

In effetti, sin dal periodo dell’adolescenza Francesca aveva dovuto tollerare la presenza di qualche sporadica ciste nell’area intorno all’inguine ma, grazie alle creme antibiotiche, era sempre riuscita a porre rimedio a questa indesiderata manifestazione diagnosticata come semplice follicolite. Nel momento in cui l’inefficacia degli antibiotici l’ha spinta a consultare un dermatologo, Francesca ha avviato un difficile e tortuoso percorso che nel giro di poco tempo l’ha portato alla clinica dermatologica della sua città e alla diagnosi di Idrosadenite Suppurativa al primo stadio. Se, tuttavia, la diagnosi è arrivata in tempi abbastanza rapidi, l’approccio terapeutico è stato caratterizzato da qualche passo falso di troppo che probabilmente ha avuto ripercussioni pesanti sulla paziente.

“In Clinica i medici valutarono la possibilità di sottopormi, in via sperimentale, a 14 sedute di radioterapia, nell’intento di bruciare localmente le cisti. Però l’effetto non è stato quello sperato e ad essere bruciata è stata solo la mia pelle. Si sono così prodotte delle macchie violacee a livello delle zone irradiate senza che la malattia subisse alcun arresto.”

L’origine di questo errore affonda le sue radici nella scarsa conoscenza che tutt’ora si ha di questa malattia, nota anche come acne inversa. Non è attualmente nota una specifica causa in grado di spiegare la distruzione delle ghiandole sudoripare. Il fatto che la malattia abbia esordio tra la seconda e la terza decade di vita può presupporre il coinvolgimento degli ormoni sessuali ma, dal momento che più del 30% dei malati presenta casi in famiglia con la stessa patologia, si suppone che questa abbia una base ereditaria. L’occlusione dei follicoli piliferi costituisce la miccia d’innesco di un processo infiammatorio che si allarga alle ghiandole sudoripare e, col tempo, porta alla cicatrizzazione delle aree colpite con conseguente produzione di masse indurite e dolorose.

Sebbene la malattia possa presentarsi in modo molto vario e con un ventaglio di forme che spazia da casi gravi nei quali si osservano aree cicatriziali estese, fistole comunicanti e ascessi che comportano l’accumulo e la secrezione di pus fino a casi più leggeri, ciò che accomuna tutti i pazienti è il dolore e la possibilità di comparsa di recidive. Le lesioni possono estendersi in profondità nel tessuto rendendo vana l’azione dei comuni antidolorifici e costringendo i pazienti a enormi sofferenze fisiche e psicologiche, in quanto la presenza di pustole dolenti e maleodoranti spesso induce stati di depressione che richiedono l’ausilio di farmaci per essere contenuti.

L’errore in fase terapeutica forse ha in qualche maniera contribuito all’estendersi della malattia di Francesca che, nel giro di qualche tempo, ha visto le cisti invadere le zone dell’inguine, dei glutei, giungendo fino a metà coscia. “Cercando febbrilmente su internet, trovai il nominativo di una specialista austriaca che mi visitò e mi diede conferma dell’estensione della malattia, dicendo che non era possibile intervenire chirurgicamente. Perciò tornai a casa, dove un altro famoso dermatologo della mia città mi ha somministrato un’infinita lista di farmaci piuttosto invasivi, fino ad arrivare anche ad un chemioterapico”. I pazienti affetti da idrosadenite suppurativa devono fronteggiare una situazione drammatica, nella quale il costante stato di dolore si mescola alle lacune collegate ad una malattia rara, poco conosciuta e, spesso, sottovalutata. La terapia del dolore spesso non viene nemmeno proposta e ci sono ancora notevoli problemi anche per l'accesso con esenzione ai farmaci biologici necessari e non senza disparità tra una regione e l'altra. Francesca non si è mai tirata indietro pur di migliorare la sua qualità di vita e, ad oggi, è forse una delle poche che sia stata sottoposta a trattamenti radioterapici e chemioterapici non necessari. Tutto ciò probabilmente anziché rallentare la progressione della malattia l’ha accelerata, portandola dal primo ad oltre il terzo stadio molto avanzato, nel quale la pelle è ridotta ad una sorta di cheloide che ricopre glutei, inguini e buona parte delle cosce. L’idrosadenite suppurativa non è una malattia contagiosa e non è dovuta a scarsa igiene personale. La terapia è principalmente correlata allo stadio clinico. Negli stadi iniziali è consigliabile procedere con la terapia antibiotica per via orale e, nelle donne, con la somministrazione di ciproterone acetato, un antiandrogeno, mentre negli stadi più gravi può rendersi necessaria, oltre all’utilizzo di agenti biologici mirati, l’escissione chirurgica delle aree coinvolte associata ad interventi di chirurgia plastica.

La vita di Francesca ha iniziato a cambiare solo quando è potuta entrare in contatto con il Forum di Inversa Onlus, grazie al quale è venuta a conoscenza della presenza di centri specializzati, come quelli di Cagliari, Roma, Pisa, Ferrara e Venezia, nei quali la malattia è trattata da professionisti di ambiti anche diversi ma che operano di concerto per la cura di malattie rare come l’idrosadenite suppurativa. Ma se sul piano terapeutico Francesca ha iniziato a intravedere la luce fuori dal tunnel, su quello burocratico le difficoltà non sembrano essersi attenuate. “I forti dolori causati dal mio stato mi hanno costretta a fare richiesta di invalidità anche per avere una tutela sul posto di lavoro.” – prosegue Francesca – “Inizialmente mi è stato riconosciuto il 42% di invalidità, anche per il fatto che la malattia non è conosciuta e da alcuni è chiamata in maniera un po’ riduttiva, acne inversa. Successivamente, in seguito al mio aggravamento, mi è stata riconosciuta un’invalidità del 67%. Un giorno però, dopo 15 anni di lavoro in un’azienda, a causa della mia malattia, non avendo nessuna tutela, sono stata licenziata. Mi sono quindi iscritta alle liste protette di disoccupazione per trovare una nuova occupazione e mi sono dovuta sottoporre al giudizio di una commissione che, in quella sede, sospese la mia invalidità. Ho dovuto attraversare un intricato percorso burocratico per vedermi riassegnare ciò che mi spettava, mettendo in rilievo le devastanti conseguenze causate della mia patologia. I trattamenti hanno prodotto gravi conseguenze: ho pesanti difficoltà a camminare e la mia vita è una continua immersione nel dolore. Al terzo stadio il dolore è talmente forte e logorante da rendere necessario l’uso di farmaci a base di oppiacei leggeri che l’ospedale mi passa, ma che sono insufficienti a coprire tutto il mese, tanto che sono costretta a passare spesso le due ultime settimane a letto a contorcermi dal dolore”.

Le difficoltà create dalla malattia oltre a toccare la sfera lavorativa incidono pesantemente anche su quella economica. “Per le mie medicazioni 3 volte al giorno uso speciali garze che costano 5 euro a scatola e il Sistema Sanitario non le passa. Noi malati di Idrosadenite Suppurativa non abbiamo alcuna facilitazione economica né esenzione neppure per i dispositivi medici. Questa malattia è molto costosa e noi malati dobbiamo accollarci per intero tutte le spese”. La vita per tutti i pazienti che, come Francesca, sono affetti da idrosadenite suppurativa non è semplice ma, grazie al costante lavoro delle associazioni quali Inversa Onlus, si sta cercando di favorire la diffusione di informazioni sulla malattia, sottolineando dove trovare i centri specializzati per questa malattia. Inversa Onlus si è fatta promotrice della nascita della Federazione Europea Associazione Pazienti affetti da Idrosadenite Suppurativa (EFPO), presieduta da Giusi Pintori, per cercare di far valere i diritti dei pazienti e portare all’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo della ricerca questa malattia e le sue problematiche e sulla patologia lo scorso anno ha diffuso anche uno spot informativo.

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