Giuseppe Limongelli e Alessandro Dalla Corte

“La morte sopraggiunge per shock in seguito a rottura dell'aorta e grave emorragia interna”, spiegano gli esperti Limongelli e Della Corte. “Il rischio parte dal 40% al presentarsi dei sintomi e cresce dell'1% ogni ora”

Napoli – La dissezione aortica è la forma più frequente di sindrome aortica acuta. Fino a pochi anni fa veniva considerata una patologia molto rara, ma la vera incidenza è difficile da stabilire perché è spesso rapidamente fatale e non è possibile arrivare a una diagnosi. È infatti una delle cause di morte cardiaca improvvisa, un evento che si verifica anche in soggetti apparentemente sani, talvolta anche negli atleti, al di sotto dei 40 anni. La letteratura medica parla di circa 1.000 decessi di persone under 35 ogni anno: un dato che fa riflettere, e che ha fornito le motivazioni a una nuova proposta di legge il cui obiettivo è introdurre l'obbligo di diagnosi autoptica istologica e molecolare nei casi di morte improvvisa in età infantile.

Oggi, in occasione dell'Aortic Dissection Awareness Day, che si celebra ogni anno il 19 settembre per aumentare la consapevolezza sulla patologia, abbiamo chiesto a due esperti di approfondire questa condizione: il prof. Giuseppe Limongelli*, cardiologo, e il prof. Alessandro Della Corte,** cardiochirurgo, entrambi dell'Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.

Come avviene la dissecazione aortica e chi sono i soggetti più a rischio?

Si parla di dissecazione (o dissezione) aortica quando si verifica uno slaminamento della parete aortica: la tonaca intima (strato più interno dell’arteria) si separa dalla tonaca media con passaggio di sangue nella breccia. Si formano due lumi paralleli, separati da un lembo (flap) che divide il vero lume dal nuovo lume, definito perciò 'falso'. Il 'falso lume' tende ad estendersi e può progredire in senso anterogrado e/o retrogrado, determinando un possibile coinvolgimento dei vasi che emergono lungo l’aorta.

L’incidenza riportata in letteratura varia tra 1 e 3 casi ogni 100.000 abitanti l’anno. Incidenze più elevate si trovano in popolazioni di pazienti che hanno una dilatazione dell’aorta, con valori che possono arrivare sino a 20 pazienti su 100.000 l'anno. (Kim et al.)

Dal registro epidemiologico IRAD emerge che il 67% degli eventi sono rappresentati da dissezione aortica tipo A, che coinvolge cioè l’aorta ascendente: si tratta in genere di pazienti con età media di 63 anni, nei due terzi dei casi di sesso maschile. Il principale fattore di rischio (76%) è rappresentato dall’ipertensione arteriosa sistemica, mentre il 27% dei soggetti presentava aterosclerosi e solo il 16% un aneurisma noto dell’aorta. Nei soggetti giovani (meno di 40 anni) la presenza di ipertensione arteriosa era meno rilevante, mentre più frequentemente si associava la sindrome di Marfan o la bicuspidia della valvola aortica (Evangelista et al.).

Quali sono le cause? È possibile prevenirla?

La dissecazione aortica nasce dalla coesistenza di due concause fondamentali: l’ipertensione arteriosa sistemica e una debolezza intrinseca della parete aortica (idiopatica, ovvero sine causa nota, in molti casi, o legata a patologie ereditarie del tessuto connettivo-elastico in alcuni altri); questo secondo fattore è preponderante nei pazienti più giovani. Prevenire questa grave malattia è possibile. È fondamentale controllare i valori di pressione arteriosa associando indagini semplici, quali un ecocardiogramma e un’ecografia dell’aorta addominale nei soggetti a rischio (giovani con connettivopatie o soggetti con familiarità per malattie dell’aorta) e almeno una volta nella vita nei soggetti sopra i 65 anni, per identificare una dilatazione dell’aorta che è un fattore predisponente alla dissecazione aortica (Ruggiero et al.).

Qual è l’iter diagnostico?

La diagnosi parte dal sospetto clinico che deve mettere in relazione le caratteristiche anamnestiche (ad esempio sindrome di Marfan, familiarità per aneurismi dell’aorta toracica, procedure sull’aorta, aneurisma noto) e i sintomi (come l'insorgenza improvvisa del dolore, descritto come una pugnalata, di tipo lancinante, che tende a migrare lungo la parete toracica).

L’esame obiettivo può mettere in evidenza segni di ipoperfusione distrettuale per il coinvolgimento di singoli rami collaterali dell’aorta, deficit di polso, differenze significative di pressione arteriosa tra i due arti, comparsa di nuovo soffio cardiaco, ipotensione o shock (Erbel et al.

Un elettrocardiogramma è anomalo solo nel 30% dei casi, mentre la radiografia del torace nel 20% dei casi. Quando arriva un paziente con sospetta dissecazione aortica, a volte, per la gravità del quadro clinico, non c’è il tempo necessario per eseguire tutte le indagini diagnostiche, perciò esistono diversi score in grado di definire la probabilità di dissecazione aortica e orientare il medico nella scelta dell’indagine diagnostica più appropriata. In presenza di sospetto, l’ecocardiogramma transtoracico è la tecnica più diffusa e rapidamente disponibile, ma è mandatorio per la diagnosi un esame di secondo livello, quale ecocardiogramma transesofageo e/o TC del torace con mezzo di contrasto. Nel paziente acuto e fortemente sospetto, in un setting di pronto soccorso, la tecnica di elezione è l’angio-TC del torace, prima ancora di (o senza) eseguire l'ecocardiogramma. Il dosaggio del D-dimero ha una valenza clinica in quanto ha un alto 'valore predittivo negativo': ovvero, quando questo valore è nel range di normalità, permette di escludere con alta probabilità la dissecazione aortica. La risonanza magnetica nucleare è un’indagine meno utilizzata per la bassa disponibilità e per l’elevato tempo di acquisizione delle immagini (Erbel et al.Nazerian et al.Morello et al.). 

Qual è il trattamento? E la prognosi?

La morte sopraggiunge per shock in seguito a rottura dell'aorta e grave emorragia interna. Il rischio di rottura fulminante parte dal 40% al presentarsi della sintomatologia dolorosa e cresce dell'1% ogni ora; nell'arco delle prime 24 ore il rischio è superiore al 60% (Sheikh et al.). Altre possibili evoluzioni infauste sono le stenosi o occlusioni dei rami da parte del falso lume, che possono determinare complicanze potenzialmente letali come infarto cardiaco, ictus, ischemia midollare, infarto intestinale etc.

In presenza di un paziente con diagnosi di dissecazione aortica si deve procedere ad un trattamento farmacologico immediato per limitare la progressione salvaguardando al contempo la perfusione d’organo, tramite il controllo del dolore, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa (Erbel et al.). 

Il trattamento della dissecazione aortica di tipo A resta chirurgico (90% dei casi). L’obiettivo primario del trattamento chirurgico è rimuovere la breccia di entrata della dissezione mediante la sostituzione del tratto di aorta interessato con una protesi vascolare. Alla sostituzione dell’aorta ascendente può essere associato il reimpianto degli osti coronarici, se la radice aortica, da cui originano, è coinvolta dal processo dissecante, e la sostituzione o riparazione della valvola aortica se primitivamente malata o funzionalmente insufficiente. L’intervento richiede l’ausilio della circolazione extracorporea e nella maggior parte dei casi una fase più o meno prolungata di arresto di circolo in ipotermia (Evangelista et al.). Oggi il trattamento chirurgico in emergenza della dissezione di tipo A si è evoluto notevolmente e mentre un tempo ci si limitava alla sostituzione di un piccolo tratto di aorta ascendente sede della breccia intimale, oggi l’atteggiamento è più proattivo, tendente a prevenire la progressione della malattia dell’aorta mediante resezioni più estese (alla radice e/o all’arco aortico). La mortalità postoperatoria oscilla tra il 13 e il 19%, mentre la sopravvivenza a distanza varia tra il 50% e il 70% a 10 anni, dipendendo sensibilmente dal quadro di presentazione della dissezione prima di giungere all’intervento chirurgico.

Per la dissecazione aortica di tipo B (che non coinvolge l’aorta ascendente) la mortalità è considerevolmente più bassa (13%). Il trattamento può essere medico, endovascolare o più raramente chirurgico. Il trattamento endovascolare mediante posizionamento di endoprotesi in aorta toracica discendente (TEVAR/EVAR) risulta meno invasivo rispetto all’approccio chirurgico 'open' (che prevede la sostituzione con protesi vascolare del primo tratto di aorta discendente con esclusione della breccia di entrata) e gravato da minor tasso di mortalità e morbilità. Il posizionamento dell’endoprotesi, generalmente attraverso un’arteria periferica di grosso calibro (come l'arteria femorale), mira ad occludere la breccia di ingresso ed escludere il falso lume dalla circolazione. Il trattamento endovascolare è riservato solitamente alla quota di pazienti che presenta segni o sintomi di alterata perfusione (circa un terzo) o di elevato rischio di rottura”.

E dopo l’intervento?

“La riabilitazione cardiologica è indicata in tutti i pazienti con dissezione aortica (in particolare nei pazienti che svolgevano una vita attiva prima dell’evento) sottoposti sia a intervento cardiochirurgico che a TEVAR, con lo scopo di ottimizzare fin dal primo mese la terapia per uno stretto controllo pressorio e dei fattori di rischio” (Feng et al.). 

 

* Giuseppe Limongelli

Professore Associato di Cardiologia – Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali – Università della Campania “Luigi Vanvitelli”;

Unità di Malattie Genetiche e Rare – Ambulatorio Marfan e Aortopatie Ereditarie – AORN Colli/Vanvitelli;

Coordinatore Regionale Malattie Rare – Regione Campania;

Member of the International Consortium on Bicuspid Aortic Valve (BAVCON).

 ** Alessandro Della Corte

Professore Associato di Cardiochirurgia – Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali – Università della Campania “Luigi Vanvitelli”;

Member of the International Consortium on Bicuspid Aortic Valve (BAVCON), Vascular Domain of the Italian Society of Cardiac Surgery, and Faculty of the European Association for CardioThoracic Surgery Academy.

 Si ringrazia per la collaborazione la Dr.ssa Adelaide Fusco e il Dr. Alfredo Mauriello (Unità di Malattie Genetiche e Rare – Ambulatorio Marfan e Aortopatie Ereditarie – AORN Colli/Vanvitelli).

 Leggi anche:

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