Professor Andrea Crisanti

La domanda che tutti si pongono è se i contagi si manterranno stabilmente bassi o torneranno a crescere: il parere del prof. Andrea Crisanti (Padova)

Da una parte, oggi, abbiamo virologi e immunologi come Anthony Fauci, capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti, che in una recente intervista al Corriere della Sera ha lodato la risposta del nostro Paese al diffondersi dell’infezione da Coronavirus. Dall’altra parte, alcune frange politiche italiane, forti della pubblicazione dei verbali del Comitato Tecnico Scientifico, criticano l’operato del Governo che, cinque mesi, fa ha deciso per l’attuazione del lockdown in tutto il territorio nazionale. In mezzo si collocano milioni di Italiani - tra cui molti malati rari - che guardano con preoccupazione alla curva dei contagi e che si chiedono se stiamo andando verso una fase di riacutizzazione della pandemia o verso la sua fine.

Dare una risposta a questo dubbio non è semplice. Non solo perché sono molteplici i fattori in gioco, ma anche perché molto è lasciato al comportamento individuale di ognuno di noi. In una recente intervista, il prof. Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha confermato che la situazione nel nostro Paese “non è critica e appare sotto controllo”, ma l’allerta rimane alta. I numeri diffusi nei giorni scorsi dal Ministero della Salute mostrano, infatti, un lieve incremento dei casi che desta alcune preoccupazioni, soprattutto guardando a quanto sta accadendo in Paesi a noi vicini, come Spagna, Francia e Germania. “Il quadro della situazione dipende da un delicato equilibrio tra la capacità di diffusione del virus, l’efficacia con cui interveniamo a circoscrivere i focolai e il mantenimento di corretti comportamenti individuali”, spiega il prof. Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova e del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Padova. “Al momento, i focolai presenti sul nostro territorio sono gestiti in maniera corretta, circoscrivendo le zone sensibili e sottoponendo alle analisi molecolari tutti coloro che sono entrati in contatto con gli individui contagiati. Se la curva dovesse ricominciare a crescere, però, sarà necessario predisporre immediatamente dei lockdown localizzati, per cercare di spegnere sul nascere una nuova diffusione del virus ed evitare una risalita critica del numero dei contagiati”.

Per tale ragione è opportuno restare in allerta e non abbandonare quelle poche norme di buon comportamento che possono fare la differenza, soprattutto in vacanza. L’invito è a tenere alta la guardia, continuando ad usare la mascherina nei luoghi pubblici al chiuso, e laddove sia impossibile mantenere il distanziamento sociale. “La nostra rete di sorveglianza si sta dimostrando affidabile ma dobbiamo rimanere vigili”, continua Crisanti. “Non ci troviamo in una situazione di trasmissione diffusa, ma in queste settimane il conteggio non è mai sceso a zero, e il balzo nel numero dei positivi fatto registrare in questi giorni è un campanello d’allarme. Bisognerebbe predisporre controlli rigorosi per le persone che arrivano dai Paesi in cui la diffusione del virus è maggiore, e monitorare i movimenti dei viaggiatori ricorrendo a strumenti come il codice PNR, grazie a cui è possibile ricostruire l’itinerario di viaggio, decidendo, a seconda del rischio percepito, se sottoporre o meno a tampone il viaggiatore”.

E mentre le lancette dei modelli previsionali puntano verso il rosso, prospettando una ripresa dei contagi già nel mese di settembre, l’armamentario dei test diagnostici a disposizione si allarga, con l’introduzione di un test rapido che si esegue come un tampone classico ma che, andando a rilevare l’antigene virale, reagisce con un anticorpo in cattura e offre un riscontro entro pochi minuti dall’esecuzione. “Strumenti come il tampone e i test sierologici assumono un valore diverso a seconda dei livelli di incidenza e prevalenza dell’infezione”, afferma il prof. Crisanti. “In un quadro dominato da tanti focolai, sparsi per tutta la Penisola, bisogna ricorrere ai test giusti per continuare la sorveglianza e fare prevenzione. Oggi facciamo soprattutto tamponi agli individui che abbiano avuto i sintomi dell’infezione o un riscontro anticorpale positivo, e a coloro che siano stati in contatto con soggetti positivi. Per tale ragione, osserviamo una maggiore diffusione del virus nelle fasce di popolazioni più giovani”. Un’ulteriore conferma di ciò proviene dallo studio nazionale di sieroprevalenza, i cui risultati sono stati diffusi proprio pochi giorni fa. 

L’attenzione, dunque, è proiettata alla stagione autunnale che, con la riapertura delle scuole e una più marcata diffusione di virus influenzali, costituirà il vero e proprio banco di prova delle scelte compiute nel Paese fin dallo scorso mese di marzo. “La fotografia della situazione in Europa mette l’Italia in buona luce rispetto ad altre Nazioni, dove i tassi dell’infezione sono in aumento”, conclude Crisanti. “Per questo, occorre fare un’attenta analisi e comprendere se ciò sia il risultato di un comportamento virtuoso o di una qualche anomalia nell’interpretatone dei dati. Porsi le giuste domande è un imperativo per chi fa scienza, e risulta ancora più importante nella prospettiva di dover nuovamente affrontare un’ondata di aumento dei casi”. Nel frattempo, bisogna lavorare alla stesura di protocolli di emergenza condivisi, potenziando i sistemi di diagnosi e sorveglianza e favorendo una rapida ed efficiente comunicazione tra i dipartimenti di salute pubblica e gli operatori sul territorio.

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