La sindrome di Prader-Willi (PWS) è una patologia genetica rara caratterizzata da iperfagia cronica, ossia da un insaziabile senso di fame che spinge i pazienti a mangiare in maniera eccessiva e che, abbinato ad un metabolismo che utilizza una quantità di calorie di molto inferiore alla norma, conduce ad una grave forma di obesità infantile. Secondo i risultati di un recente studio, condotto dai ricercatori del Children’s Hospital Los Angeles (CHLA) e pubblicato sulla rivista specializzata Human Molecular Genetics, alcune anomalie nei processi cerebrali sembrano essere direttamente correlate all'iperfagia associata a questa sindrome.
Finora, la ricerca sulla PWS si è soprattutto focalizzata sui risvolti metabolici e comportamentali della patologia, mentre restano ancora poco conosciuti gli effetti che la condizione determina sullo sviluppo dell'ipotalamo, una struttura del sistema nervoso centrale che riveste un ruolo chiave nel controllo dell'assunzione del cibo e nella regolazione del bilancio energetico dell'organismo.
Per questo motivo, gli scienziati del CHLA hanno deciso di eseguire una serie di esperimenti su un modello murino in cui è stata inibita l'attività di Magel2, uno dei geni che sono responsabili della PWS. I ricercatori hanno potuto notare come questi esemplari evidenziassero, rispetto ai topi sani di controllo, un anormale sviluppo delle proiezioni assonali presenti nel 'nucleo arcuato dell'ipotalamo' (ARH), ossia delle connessioni neuronali che sono necessarie ad innescare la sensazione di sazietà.
Gli esiti dell'indagine sembrano suggerire che questo difetto neurologico sia direttamente connesso alla perdita di attività del gene Magel2, senza essere influenzato da altri fattori endocrini. In effetti, nel modello di topo utilizzato per lo studio non sono state riscontrate alterazioni nei livelli di leptina e grelina, due ormoni che si ritiene abbiano un ruolo fondamentale nello sviluppo ipotalamico.
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