È il farmaco che tiene in vita, in attesa del trapianto, i bambini con linfoistiocitosi emofagocitica (HLH), bambini come il piccolo Alex, di cui vi abbiamo recentemente raccontato la storia. La HLH è una malattia genetica ultra-rara che lascia poche speranze a chi non trova, in tempi rapidi, un donatore di midollo osseo utilmente impiegabile. Dopo una sperimentazione condotta a livello internazionale, e coordinata in Europa dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è arrivata ora l'approvazione della Food and Drug Administration (FDA), l'ente statunitense per la regolamentazione dei farmaci, che ne ha verificato la sicurezza e l'efficacia.
I risultati di questa sperimentazione sono stati presentati negli Stati Uniti dal Professor Locatelli, del Bambino Gesù, al congresso dell'American Society of Hematology (ASH), il più grande meeting mondiale dedicato alle malattie del sangue. Il 70% dei bambini trattati con il farmaco sperimentale ha registrato miglioramenti sostanziali della propria condizione clinica. La maggior parte dei bambini non aveva risposto positivamente ai trattamenti convenzionali.
La linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) primaria è una rarissima patologia ereditaria del sistema immunitario che colpisce circa 2 bambini ogni 100.000 nuovi nati e non lascia speranze se non quella di un trapianto di cellule staminali emopoietiche, prima del quale è necessario eseguire una terapia medica che ha lo scopo di controllare l’esasperata risposta infiammatoria che caratterizza questa malattia. In assenza di terapia, questa malattia è fatale in poche settimane; con le cure attuali, l’andamento dei pazienti si connota per circa un esito sfavorevole in circa il 40% dei casi.
Nei bambini colpiti da questa patologia si riscontrano frequentemente mutazioni in geni che regolano la capacità di cellule del sistema immunitario (linfociti T e cellule Natural Killer) di uccidere cellule bersaglio, quali per esempio, cellule infettate da virus. La HLH primaria si manifesta prevalentemente nella prima infanzia, ma sono descritti casi di HLH anche in bambini di età scolare e, assai più raramente, anche casi diagnosticati nell’adolescenza o nell’adulto.
Per contenere adeguatamente l'evoluzione di questa malattia e consentire ai medici di avere più tempo per identificare un donatore con il quale realizzare il trapianto, esiste un farmaco sperimentale messo a punto da Novimmune, un’azienda di biotecnologie svizzera. Si tratta del il primo farmaco sviluppato specificatamente per la HLH ed è giunto ora, all'approvazione ufficiale da parte della FDA, l'agenzia americana che regolamenta l'utilizzo dei farmaci.
Il medicinale in questione è un anticorpo monoclonale, denominato emapalumab, diretto contro una molecola (interferone-gamma) che gioca un ruolo chiave nel regolare la nostra risposta immunitaria e che viene prodotta in eccesso nei pazienti con HLH. La somministrazione di emapalumab è in grado di 'spegnere' l’anormale ed eccessiva risposta infiammatoria nei pazienti con HLH, neutralizzando gli effetti derivanti dall’eccessiva produzione di interferone-gamma. Grazie a emapalumab, il trattamento della malattia sarà ora molto più mirato e preciso, evitando gli effetti collaterali associati all’impiego di alte dosi di cortisone e di farmaci chemioterapici, che, fino ad oggi rappresentavano la terapia standard della HLH.
Il farmaco ha avuto un’efficacia addirittura superiore a quanto ipotizzato: si è mostrato efficace nel 70% dei bambini, contro una previsione del 40%. Molti partecipanti hanno fatto registrare la scomparsa della febbre dopo alcuni giorni di trattamento, e un netto miglioramento degli altri sintomi entro la fine dello studio.
L’efficacia è stata testata nella forma "primaria" (cioè congenita, ereditaria) di questa patologia, che si manifesta prevalentemente in età infantile, ma che conosce anche una sua forma "secondaria", che insorge frequentemente anche nel paziente adulto e che è presente nel contesto di malattie reumatiche, infezioni e cancro.
La sperimentazione del nuovo farmaco contro la HLH primaria è stata coordinata in Europa dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e negli Stati Uniti dal Children's Hospital Medical Center di Cincinnati. Sono stati 34 i pazienti arruolati (la maggior parte aveva meno di 12 mesi) e 21 i Centri coinvolti.
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