Otto o più infezioni ricorrenti nell’arco di un anno; terapia antibiotica inefficace; infezioni dell’apparato respiratorio, afte o infezioni ricorrenti; scarso aumento di peso nei bambini. Sono questi alcuni dei principali sintomi che possono portare alla diagnosi di immunodeficienza primitiva (Primary Immunodeficiency, PID), un gruppo di malattie rare, congenite e croniche causate da alterazioni del sistema immunitario che comportano una aumentata suscettibilità alle infezioni.
A soffrirne nel mondo sono più di 6 milioni di persone tra bambini e adulti, anche se solo una piccola percentuale di questi casi è ad oggi diagnosticata e censita nei registri internazionali delle immunodeficienze. In effetti, l’esatta incidenza globale di questo gruppo di malattie rare non è nota perché, alla luce di una sintomatologia variegata e spesso subdola, molte sono tuttora non riconosciute, e questo rende difficile la raccolta sistematica delle informazioni.

Sono i dati che emergono dall'incontro educazionale "Immunodeficienze: il futuro è oggi" svoltosi ieri a Roma presso Palazzo Ruspoli, grazie al contributo educazionale di Baxter.

Nel corso degli ultimi 20 anni il numero delle tipologie di PID individuate nel mondo sia cresciuto considerabilmente, ciò grazie all’avvento della genetica che ha consentito di risalire alle cause di alcune manifestazioni patologiche, e anche grazie allo studio di nuove forme di malattia comparse nel mondo.
Mentre in passato le deficienze immunitarie primitive erano ritenute un gruppo di malattie estremamente rare che interessavano 1 individuo su 100.000, oggi si sa che in realtà sono abbastanza più frequenti e possono verificarsi a qualsiasi età, anche negli adulti. Quasi ogni mese un nuovo difetto genetico riconducibile ad un nuovo deficit immunitario viene scoperto, ma poter comprendere a fondo l’interazione tra i vari “attori” del sistema immunitario, non è ancora un obiettivo raggiunto.
Di alcune PID è nota e accreditata la frequenza. Ad esempio il deficit selettivo di IgA, la più frequente immunodeficienza primitiva, colpisce circa un individuo su 700. Più controversa l’incidenza delle immunodeficienze combinate gravi, stimate tra 1:10.000 e 1:100.000 sui nuovi nati.

La diagnosi precoce è di estrema importanza in quanto tutte le PID possono essere trattate: quanto prima viene iniziata la terapia, tanto maggiore è la probabilità di evitare che le infezioni provochino danni irreparabili a carico di organi ed apparati come i polmoni e l'apparato respiratorio, il fegato, le ossa e l'apparato scheletrico.
Dei 6 milioni di pazienti nel mondo, secondo quanto stimato dall’IPOPI, l’Associazione Internazionale dei Pazienti con Immunodeficienze Primitive, sono solo 27-60mila i pazienti correttamente diagnosticati (dati provenienti dai registri del network dei Jeffrey Modell Center).
Il riconoscimento precoce di una delle varie forme di PID migliora nettamente la sopravvivenza e la prognosi dei pazienti. Ad esempio, eseguire il trapianto di cellule staminali per gravi immunodeficienze combinate, durante i primi 3 mesi di vita, fa aumentare la sopravvivenza di più del 95% per una condizione che in passato era sempre letale.

Molte forme di immunodeficienza primitiva hanno trasmissione ereditaria e si manifestano nei primi mesi dopo la nascita. In alcuni casi invece, pur essendo congenito, lo stato di immunodeficienza si rende clinicamente evidente solo nell’età adulta.

A differenza delle PID, le immunodeficienze secondarie (Secondary Immunodeficiency, SID) consistono in una compromissione, in genere temporanea, del sistema immunitario, dovuta all'insorgenza di una patologia in un individuo precedentemente sano. Sono caratterizzate da condizioni di alterata funzione del sistema immunitario conseguenti a malnutrizione, neoplasie disseminate, trattamenti con farmaci ad azione immunosoppressiva o chemioterapica, o ancora infezioni a carico delle cellule del sistema immunitario come nel caso dell’AIDS. In caso di immunodeficienze secondarie, il danno è spesso reversibile se la condizione o la malattia sottostante si risolve.
In Italia a soffrire di immunodeficienze primitive e secondarie sono circa 5.000 pazienti tra bambini e adulti.

Si tratta di patologie che oggi possono essere trattate efficacemente, anche a domicilio, grazie a una nuova modalità di trattamento terapeutico per via sottocutanea che consentirà al paziente una maggiore autonomia nella gestione della propria malattia.

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