“La chiameremo quando sarà disponibile il farmaco”, ma la telefonata non arriverà mai.
Può accadere se un ‘Centro’ poggia su ‘medici di buona volontà’ e la Asl è costretta al risparmio.
PERUGIA - J. è un ragazzo di 14 anni, è nato in Umbria ma vive a Padova. Poco dopo la nascita i medici gli hanno riscontrato una rara malattia del sangue, l’Emofilia B. La sua famiglia, che da anni vive a Padova, sa ormai come affrontare le urgenze e come pianificare gli spostamenti. Quando ad agosto hanno fatto i bagagli hanno giustamente pensato di prendere una dose del farmaco utilizzato, sempre utile in caso di emergenze, e di mettere in agenda i recapiti del centro emofilia di Perugia, che si trova presso l’ospedale Silvestrini, e che in passato si era sempre distinto per un ottimo servizio.
Da anni, infatti, la famiglia va in vacanza nel capoluogo umbro: anche questa volta erano sereni e certi di poter passare giorni tranquilli. Le cose però non sono andate così e la salute di J. è stata messa in pericolo dall’incapacità del Centro Emofilia del Policlinico di gestire una situazione di necessità che qualsiasi centro emofilia degno di questo nome dovrebbe saper affrontare.
I problemi, a quanto pare, sarebbero sorti dopo il trasferimento all’estero dei due medici che in passato operavano presso in centro di Perugia lasciando ‘sguarnito’ il centro di reali competenze gestionali, questo almeno stando ai racconti fatti dalla madre in una lettera alla direzione sanitaria dell’Unità Ospedaliera di Perugia e avvalorati da Fedemo – Federazione delle Associazioni Emofilici Onlus che ne ha dato notizia sul proprio sito.
Nella lettera (clicca qui) la donna racconta che il 9 agosto J. ha avuto un sanguinamento importante dal naso, un evento non raro per il ragazzo. Ha chiamato il centro emofilia di Perugia senza riuscire a trovare nessuno. Avendo portato da Padova il farmaco, grazie ad un medico amico, la situazione viene tamponata con una prima infusione. Il giorno dopo la madre va di persona al Centro Emofilia della Clinica di Medicina interna e vascolare del Silvestrini dove può verificare che il personale noto non c’è più.
“La situazione viene spiegata al nuovo responsabile – racconta - che promette un piano terapeutico, il farmaco si sarebbe dovuto ritirare il giorno successivo dalla sua collaboratrice”. Ma la mattina dopo il farmaco non c’è: sembra che appartenendo il paziente da una altra Asl ci siano dei problemi burocratici da superare e così la mamma di J. torna a casa con la promessa che sarà chiamata non appena il farmaco sarà disponibile. Questa nuova chiamata non arriverà mai, nonostante anche l’Associazione Emofilici Umbri abbia cercato di aiutare la famiglia. A J.non resta che affrontare il problema con farmaci alternativi a quelli solitamente usati, senza però che il problema si risolvesse del tutto, tanto che è stato necessario interrompere la vacanza e tornare a casa, dove il ragazzo, presso il consueto Centro Emofilia di Padova, ha potuto avere tutte le cure necessarie.
Sembra incredibile che il Centro Emofilia di un grande ospedale di un capoluogo di Regione non sia in grado, se pur nel periodo di Ferragosto, di dare assistenza ad un paziente affetto da Emofilia B, eppure sembrerebbe proprio che questo sia accaduto. Fin quando nel Centro hanno operato medici ‘di buona volontà’ tutto aveva funzionato bene: con il cambio del personale, e probabilmente complici le ristrettezze economiche che portano ad aumentare la vigilanza sulle spese per farmaci costosi, la situazione è precipitata a livelli inaccettabili.
Eppure dal mondo dell’emofilia non è la prima volta che arrivano queste storie e le cause possono essere almeno due. Da una parte, infatti, ci sono centri identificati come tali nonostante delle carenze strutturali e di fondi gravi, centri che vanno avanti perché alcuni ‘medici di buona volontà’ fanno del tutto per dare il migliore servizio ai pazienti, spesso con l’aiuto determinante delle associazioni. Quando questi medici se ne vanno si perde il cardine dell’organizzazione e tutto precipita. Non accadrebbe se la parola ‘Centro’ riflettesse una vera e propria organizzazione, con fondi e strutture adeguate. Inoltre, come sembra capire dalla storia di J., a Perugia potrebbe essersi verificata anche una seconda condizione negativa: la Asl, sotto la pressione dei tagli, ha ‘fatto problemi’ per l’acquisto di un farmaco che è sì essenziale ma anche costoso. E qui sembra vedere verificato l’allarme lanciato mesi fa da Fedemo (clicca qui), che metteva in guarda dai possibili effetti negativi dei tagli sulla qualità delle cure. Se questi tagli dovessero continuare c’è il rischio che quello che è successo a Perugia possa ripetersi ancora, con conseguenza magari più gravi, con un effetto boomerang: il risparmio fatto da una parte diventerà una spesa maggiore in termini di disabilità.
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