La strategia si è dimostrata efficace per la Distrofia di Duchenne. La scienziata statunitense spiega funzionamento e prospettive della tecnica che ormai tutti vogliono
L’utilizzo di Crispr-Cas9, la nuova tecnica di editing genomico che sta suscitando un grande interesse per il suo potenziale impiego nello sviluppo di nuove terapie per diversi tipi di malattie sta dando risultati molto promettenti per la distrofia muscolare di Duchenne. Tre diversi studi pubblicati recentemente su Science hanno dimostrato l’applicabilità della strategia terapeutica basata su Crispr su topi modello per la DMD. Uno di questi studi è stato guidato da Rhonda Bassel-Duby, Professoressa di Biologia Molecolare e Direttore associato del Hamon Center for Regenerative Science and Medicine dell’Università del Texas a Dallas. Bassel-Duby ha raccontato all’Osservatorio Malattie Rare i risultati ottenuti e le future prospettive per questo nuovo entusiasmante filone di ricerca.
Come nasce l’idea di applicare l’editing genomico alla distrofia muscolare di Duchenne e ci può illustrare lo studio condotto?
Da più di un decennio il mio lavoro di ricerca è focalizzato sui meccanismi molecolari che regolano lo sviluppo muscolare ed è svolto in collaborazione con Eric Olson, uno tra i massimi esperti mondiali di malattie muscolari. Nonostante l’editing basato sul sistema Crispr sia una scoperta molto recente, è stato identificato solo nel 2012 come meccanismo di difesa dei batteri dagli attacchi dei virus, Eric ed io abbiamo voluto puntare subito su questa innovativa tecnica perché ci è sembrato evidente potesse essere utilizzata per lo studio e per lo sviluppo di terapie per malattie monogeniche, come ad esempio la distrofia muscolare di Duchenne.
L’idea di partenza è stata di rimuovere in maniera specifica le mutazioni che sono alla base dell’insorgenza di questa patologia. Per avere una prima prova preliminare di fattibilità abbiamo deciso di sperimentare la tecnica sui topi mdx, che sono i topi modello utilizzati in laboratorio per studiare la DMD. Questi topi hanno una mutazione nel gene della distrofina, più precisamente nell’esone 23 (una parte codificante del gene), che comporta l’interruzione anticipata della lettura del gene e la produzione di una forma tronca, non funzionale, della distrofina con conseguente degenerazione del tessuto muscolare. Se si rimuove l’esone 23 si ottiene la produzione di distrofina in una forma incompleta ma che può ancora svolgere la sua funzione muscolare. Abbiamo quindi messo a punto un protocollo per veicolare le due componenti principali del sistema Crispr: l’enzima Cas9 deputato al taglio del DNA e l’RNA guida che indica il punto preciso in cui tagliare. Cas9 e l’RNA guida sono stati incapsulati nell’adenovirus-associato AAV9, noto per essere un ottimo vettore per il tessuto muscolare, il quale è stato somministrato nei topi per via intramuscolare o per via sistemica (ovvero mediante circolazione sanguigna). Entrambe le vie di somministrazione hanno mostrato un’alta efficienza di editing con l’eliminazione dell’esone 23, e i risultati sul ripristino della distrofina sono stati sorprendenti. Dopo una singola iniezione abbiamo osservato un progressivo aumento della produzione di distrofina, i livelli hanno raggiunto il 60-70% rispetto alla distrofina normalmente espressa nei topi sani.
E quali sono stati gli effetti reali sui topi distrofici?
La cosa più interessante è che questi dati molecolari sono accompagnati da una netta diminuzione della necrosi e infiammazione del tessuto muscolare, e un significativo incremento della forza muscolare dei topi. Inoltre, i risultati sono stati osservati sia a livello dei muscoli scheletrici che del muscolo cardiaco, dimostrando che i componenti di Crispr vengono veicolati nei vari compartimenti del corpo. È importante sapere che diversi studi effettuati negli ultimi anni sulla DMD hanno dimostrato che basterebbe un 10% di produzione di distrofina per attenuare i sintomi della Duchenne e che con un 30% si potrebbe arrestare la malattia. Il fatto poi che la proteina è espressa sia nel tessuto muscolare scheletrico sia nel diaframma e nel cuore è un dato fondamentale visto che la principale causa di morte prematura nei ragazzi con la Duchenne deriva da insufficienza respiratoria o da scompensi cardiaci.
La strategia di eliminare un esone mediante Crispr è molto simile all’approccio terapeutico basato sull’exon skipping, che per la Duchenne è già approdato alle fasi finali del lungo percorso della sperimentazione clinica. Ci può spiegare quali sono le differenze tra le due strategie e quali sono i vantaggi dell’utilizzo di Crispr?
Effettivamente le due tecniche sembrano molto simili ma le differenze sono sostanziali. Prima di tutto l’exon skipping agisce sull’RNA messaggero, la molecola che veicola l’informazione genetica nella cellula, mentre Crispr agisce sul DNA, ovvero modifica direttamente il codice genetico. Se la correzione avviene a livello dell’RNA la mutazione rimane comunque sul DNA che continua a essere trascritto, il che può dar luogo a una popolazione mista di RNA messaggeri corretti e di RNA messaggeri mutati. Per questo motivo l’efficienza di correzione genetica mediante exon skipping non è alta quanto quella effettuata con Crispr, inoltre il suo effetto si esaurisce nel tempo per cui vi è la necessità di più somministrazioni. Infatti, nelle sperimentazioni cliniche in corso, le molecole che inducono l’exon skipping (gli antisenso) vengono iniettate settimanalmente. L’approccio con Crispr si basa invece su un’unica azione: Cas9 e l’RNA guida vengono somministrati una volta sola, l’editing agisce direttamente sul DNA per rimuovere definitivamente la mutazione e si ha la continua produzione di distrofina funzionale. Il secondo punto fondamentale è che gli antisenso utilizzati per l’exon skipping non sono in grado di raggiungere il cuore, ma agiscono prevalentemente sul tessuto muscolare scheletrico, il che pone una problematica sulla sua efficacia terapeutica. Il nostro studio ha invece dimostrato in maniera inequivocabile che l’azione di Crispr ha effetto anche a livello del tessuto cardiaco.
Quando si parla di futuri trattamenti per la Duchenne si parla molto spesso di terapie mutazione-specifiche o di terapie personalizzate. Quali sono le mutazioni che potrebbero essere trattate con Crispr e quale è la percentuale della popolazione Duchenne che secondo lei potrebbe beneficiare di questa strategia?
Innanzitutto, la strategia basata su Crispr è più versatile di altre strategie che mirano a correggere un difetto genetico e può funzionare per un gran numero di mutazioni, includendo anche le delezioni di più esoni. Cosa che ad esempio non è ancora attuabile con l’exon skipping. Le mutazioni che ne possono trarre beneficio sono quelle che si trovano nella parte centrale del gene della distrofina, detta “hotspot”, che non è strettamente essenziale. Mi spiego meglio: la distrofina è fatta in maniera modulare, le estremità della proteina sono fondamentali per la sua funzione e non devono assolutamente essere modificate, mentre la parte centrale può essere dispensabile. Per i pazienti che hanno una mutazione nei settori terminali del gene l’editing genomico non può funzionare. Ma se la mutazione si trova nella regione centrale della distrofina, che è la parte più ampia, allora potremmo essere in grado di rimuovere la mutazione mantenendo lo schema di lettura del gene con la produzione di una forma troncata della distrofina. Questa è una forma di distrofina che mantiene la sua funzionalità e che da quindi dei benefici, come abbiamo dimostrato nel topo. Trasformando tutto questo in numeri, la stima è che l’editing possa essere applicato al 60-80% della popolazione Duchenne a prescindere dal tipo di mutazione.
Quali sono i prossimi obiettivi in questo campo di ricerca e quali sono le sfide che bisognerà affrontare per riuscire a portare la strategia dell’editing genomico in sperimentazione clinica?
I risultati ottenuti finora con Crispr sono veramente entusiasmanti e promettenti ma rimangono ancora una serie di problematiche da affrontare. Una di queste, che preoccupa tutti i ricercatori che lavorano con Crispr, è quello che viene chiamato “effetto off target”, ovvero l’effetto dei tagli non previsti in punti non desiderati del gene. Può essere considerato come un effetto collaterale dell’editing genomico. Per quel che riguarda lo studio che abbiamo condotto sui topi non abbiamo rilevato nessun taglio “off target”, ma è un punto critico sul quale porre costantemente l’attenzione soprattutto con la velocità con la quale sta avanzando la tecnica Crispr. Il nostro obiettivo ora è di testare Crispr in cellule prelevate da pazienti con la Duchenne e vedere se anche in questo caso si ottiene un ripristino soddisfacente della produzione di distrofina. Lo scopo finale è molto ambizioso ed è appunto di riuscire ad approdare alla sperimentazione clinica. Ma passare dal topo all’uomo è un gran salto, cambiano le dimensioni dell’organismo, la sua massa muscolare e la fisiologia. Bisogna mettere a punto un protocollo di terapia adeguato, ottimizzare il modo per veicolare i componenti del sistema Crispr nell’uomo in maniera tale che possano raggiungere la maggior parte dei muscoli e che l’effetto sia efficace, controllarne gli effetti tossici e tante altre accortezze. La strada è ancora lunga ma le premesse sono buone.
L’Università del Texas ha avviato la procedura di richiesta di brevetto per l’applicazione della tecnica Crispr nelle malattie muscolari. Cosa rappresenterebbe questo brevetto per la sua ricerca e per il futuro di questa strategia applicata alla DMD?
La maggior parte del lavoro che abbiamo fatto con Crispr è stato finanziato dallo Stato del Texas, dall’Università del Texas e dal NIH. Ma per intraprendere la ricerca traslazionale e spostarci sui pazienti avremo bisogno di finanziamenti ingenti che non possono essere ottenuti in ambito accademico, c’è bisogno del supporto di aziende farmaceutiche e di importanti investitori. In tal senso l’esistenza di un brevetto, con la possibilità di concessione della licenza o di creare una joint venture, è sicuramente un richiamo in più per gli investitori. In questo momento stiamo quindi lavorando per riuscire ad attrarre i fondi che ci permetteranno di andare avanti con il nostro progetto.
Lo scorso mese la “Human Fertilisation and Embryology Authority” ha autorizzato l’utilizzo della tecnica di editing genomico Crispr per modificare il DNA in embrioni al solo scopo di ricerca di base. Cosa pensa riguardo a questa decisione, e crede che potrà influenzare la futura applicazione di Crispr nella DMD o nel campo delle malattie genetiche in generale?
Da una parte sono rimasta sorpresa da questa autorizzazione britannica ma d’altro canto ne sono contenta, credo sia un’importante opportunità per la ricerca. I ricercatori inglesi potranno utilizzare l’editing genomico sugli embrioni soprannumerari che non sono utilizzabili per essere impiantati e che sono stati donati alla ricerca. L’obiettivo è capire quali siano i geni necessari perché un embrione umano si sviluppi correttamente dando origine a un bambino sano, questo perché gli scienziati hanno ancora molte lacune nell’embriologia umana. Gli embrioni saranno comunque distrutti dopo una settimana e non potranno in alcun modo essere impiantati per far nascere dei bambini. Si tratta di studi di ricerca prettamente di base, per il momento lo scopo non è curare alcune patologie ma aumentare l’esperienza sull’uso di Crispr tornerà sicuramente utile a tutta la comunità scientifica e al futuro delle malattie. Per quel che riguarda la Duchenne la ricerca sugli embrioni al momento non ci riguarda. Il nostro obiettivo è di riuscire a mettere a punto, e validare, un approccio terapeutico che possa essere applicato a bambini già nati e con una diagnosi ben definita.
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