Milano – Sono stati presentati ieri a Milano, presso la Sala Convegni Intesa Sanpaolo, Piazza Belgioioso 1, due rapporti sullo stato delle biotecnologie: il Rapporto “Biotecnologie in Italia 2013”, realizzato da Assobiotec ed Ernst & Young in collaborazione con Farmindustria e l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, che analizza i dati del settore nelle sue varie aree applicative e il suo andamento, ed il Rapporto Farmindustria - Ernst & Young "Biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2013", realizzato in collaborazione con Assobiotec, che approfondisce i temi delle biotecnologie farmaceutiche.


“Le biotecnologie rappresentano certamente un settore di fondamentale importanza per assicurare crescita economica, occupazione qualificata, qualità della vita e benessere per il nostro Paese. Essendo un settore anti-ciclico che interessa innumerevoli aree di applicazione, fornisce inoltre un modello industriale di sviluppo competitivo e sostenibile” ha commentato Alessandro Sidoli, Presidente di Assobiotec, l’Associazione Nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica.

“In Italia però, dopo diversi anni di crescita a ritmo sostenuto, il settore biotecnologico mostra importanti segnali di difficoltà, dovute alla cronica assenza di provvedimenti per sostenere la ricerca  e lo sviluppo,  e tutelare i prodotti innovativi. Ci riferiamo per esempio alla mancanza del credito di imposta sulle spese in R&S, o al decreto crescita 2.0 che di fatto esclude quasi tutte le PMI biotecnologiche, o ai troppi crediti per finanziamenti di ricerca che le nostre imprese hanno nei confronti dello Stato, una situazione che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza delle aziende, in un contesto economico-finanziario già complesso e difficile. E mentre noi siamo in questa situazione stagnante, gli altri Paesi più avanzati hanno da tempo sviluppato piani strategici a medio-lungo periodo, con investimenti significativi e misure di supporto al settore.
“Servono ora politiche centrali forti a sostegno delle biotecnologie italiane, che, unite a quelle locali, già attive da tempo sui diversi territori regionali, saranno in grado, se attivate, di potenziare ulteriormente un comparto che, a livello mondiale, come meta-settore industriale, vale tra lo 0,4% e lo 1,1% del PIL”. Un dato estremamente positivo arriva dalla bioeconomia, un settore che vale oggi nella sola Europa più di € 2.000 miliardi, e occupa circa 22 milioni di persone nei più diversi settori (agricoltura, alimentare, chimica e energia, ecc.), rappresentando il 9% del totale degli occupati”.

“I risultati emersi dai Rapporti 2013 parlano chiaro: il biotech in Italia rappresenta una risorsa da preservare soprattutto nel difficile contesto macroeconomico generale per il netto contributo che riesce a garantire al Paese sia in termini di crescita economica (una crescita complessiva del fatturato di settore del 6,3%) che di investimenti in R&S (+3% nel solo segmento del farmaco biotech). La nascita di un numero sempre maggiore di Cluster Nazionali sulle Biotecnologie rappresenta solo una delle evidenze dell’importanza che giorno dopo giorno tale settore sta assumendo e che potrebbe essere valorizzata da una più forte aggregazione tra PMI e Istituzioni” commenta Antonio Irione, Advisory Life Science Leader di Ernst & Young."

“Non si deve inoltre dimenticare come il Red Biotech, grazie alla ricerca di farmaci innovativi, non rappresenti solo un’opportunità economica per il Paese ma anche e, soprattutto, l’unica speranza di trattamento e/o cura, di molti pazienti affetti da patologie rilevanti e diffuse (quali ad esempio l’oncologia, la neurologia e le malattie infettive) nonché una delle principali risposte alle malattie rare”. L’impegno delle aziende italiane e multinazionali ha permesso in un anno una crescita della pipeline di ricerca del 12,5% arrivando ad un totale di ben 359 prodotti complessivi di cui il 59% in Fase II e Fase III sebbene ad oggi in Italia si sconti comunque un problema di accesso ai farmaci innovativi dovuto soprattutto al complesso iter regolatorio nella fase di registrazione”.
“Considerando questi dati” continua Irione “ad oggi è molto difficile individuare un altro settore che garantisca, al pari del biotech, le medesime potenzialità sia in termini economici che di ricerca che di reali benefici per la società.”

Competitivo, altamente tecnologico e innovativo. Così viene presentato il settore del farmaco biotech nel Rapporto 2013, con le sue 175 imprese che hanno investito 1.410 milioni e occupano 4.846 addetti in R&S. Valori importanti – afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – per una realtà radicata nel territorio con la Lombardia al primo posto per numero di imprese biotech (70), seguita da Lazio (23), Piemonte (18), Emilia Romagna (17), Toscana (14). I farmaci biotecnologici disponibili sono 109 e i prodotti in sviluppo 359, soprattutto nell’area oncologica (44% del totale). Un settore che può rappresentare quindi una forte leva di crescita per il Paese in un contesto che veda finalmente eliminati gli ostacoli che impediscono l’accesso rapido ai medicinali innovativi. Oggi un nuovo farmaco è disponibile per i pazienti italiani con quasi due anni di ritardo rispetto ai principali Paesi europei, con gravi ripercussioni anche per le imprese. È necessaria quindi una politica che offra un quadro normativo stabile, condizioni competitive rispetto ai big Ue e tempi più brevi per l’accesso e per il pagamento. E questo senza dimenticare la tutela della proprietà intellettuale. Il futuro è biotech. E l’Italia ha una grande chance.”

 

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