John Dart - Segretario Generale di EURORDIS (Foto a cura di Flavio Minelli)Fondata nel 1997, si è dimostrata la più affidabile rappresentanza dei malati rari in Europa. Oggi, con tanti traguardi alle spalle, deve affrontare nuove sfide, adeguare i modelli ad un mondo che cambia e, anche, fare i conti anche con la riduzione dei finanziamenti europei per le malattie rare

Budapest (UNGHERIA) - Dal 18 al 20 maggio scorsi si è tenuta a Budapest, in Ungheria, la Conferenza annuale di Eurordis. L'evento, che include anche l'Assemblea generale dell'associazione e una serie di incontri ancillari, si tiene negli anni in cui non è prevista la Conferenza Europea sulle Malattie Rare (ECRD). Quest'anno, oltre alla solita ricca agenda di discussioni, workshop e comunicazioni, l'incontro ha avuto modo di celebrare il ventesimo anniversario della fondazione di Eurordis, una buona occasione per guardarsi indietro. In queste occasioni la ricchezza di argomenti proposti e la possibilità di incontrare faccia a faccia coloro che ricoprono ruoli di responsabilità e di rappresentanza nella comunità dei malati rari d'Europa lasciano sempre la sensazione di non avere tempo sufficiente per raccogliere tutti gli spunti o riallacciare tutti i contatti. Ripercorrere questi ultimi venti anni consente di fare il punto, rendersi conto dell'enorme percorso fatto finora e valutare quali siano le prospettive per la futura azione, in ambito continentale e globale.

GLI INIZI
Nel 1997, il mondo era molto diverso da quello di oggi, e per chi era affetto da una malattia rara lo era ancora di più. Nascere o avere un figlio malato raro andava oltre la 'semplice' necessità di affrontare una patologia, per quanto si vivesse in una nazione del 'Primo Mondo' e per quanto si avessero le capacità culturali ed economiche per affrontare una sfida del genere. Ci si scopriva ignorati, isolati, esclusi dai percorsi terapeutici ordinari, pieni di domande e privi di risposte. Non era tanto questione di potersi curare, quanto proprio di essere in grado di affrontare le mille sfaccettature di un problema che allora era poco meno che ignorato anche da buona parte classe medica, della ricerca e dell'industria.

Le associazioni che si occupavano di malattie rare erano pochissime, praticamente inesistenti: le priorità sanitarie e scientifiche avevano fino ad allora affrontato le malattie di massa, investito pesantemente nelle esigenze di base, nell'igiene e nell'educazione sanitaria, nelle terapie vaccinali, sul cancro. Certo esistevano alcuni esempi di associazionismo, ma erano limitati a poche aree, principalmente alle patologie neuromuscolari, per le quali a partire dagli anni '50-'60 del secolo scorso si erano mossi gruppi di pazienti noti e meno noti. Tutto ciò anche in Italia, dove la UIL-DM era attiva dal 1962, e nel 1990 aveva lanciato per la prima volta Telethon, dopo che l'omologa francese, l'AFM, aveva poco prima importato il formato dagli Stati Uniti in Europa.

Ma proprio allora i tempi iniziavano ad essere maturi, e la stessa AFM, insieme a una manciata di altre associazioni francesi ed europee, decise che catalizzare una maggiore massa critica intorno al tema comune delle malattie rare potesse essere una strategia utile e lungimirante; decise così di costituire un’associazione che avesse un orizzonte continentale e un approccio onnicomprensivo al problema, che non trascurasse nessuno, portando al tavolo della discussione e sotto la luce dei riflettori tutti gli attori coinvolti, dai pazienti ai medici, dalla ricerca all’industria, fino alle istituzioni. Così nacque Eurordis, piccola e malferma sulle gambe, ma già con le idee chiare su dove andare e cosa fare: rendere le malattie rare un tema noto a tutti e prioritario nelle agende politiche delle nazioni europee.

E' difficile immaginare quanto allora fosse più complicato anche solo pensare una cosa del genere. In quegli anni, in Italia, si chiamava ancora in 'teleselezione', e per fare una telefonata in città non c'era neanche bisogno del prefisso (1998). Internet - intesa come rete globale - era già una realtà, anche se ancora sull'orlo dell'esplosione che cambiò la vita di tutti noi. Essa fu certamente il fattore ambientale in assoluto più importante nel consentire la nascita di un movimento associativo tra persone come i malati rari, che isolati, privi di mezzi e di attenzione, mai altrimenti avrebbero potuto incontrarsi, conoscersi e organizzarsi.

A 20 anni di distanza è difficile immaginare un mondo in cui la rete era ancora principalmente uno strumento per le università, i centri di ricerca, i militari. C'era un po' di informazione, ma davvero poca: La Repubblica aveva aperto il primo portale di informazione online italiano solo in quell'anno, non esisteva ancora Google (1998), Facebook (2004), Skype (2003), YouTube (2005), Twitter (2006) o Instagram (2010), e il massimo della community erano ancora le mailing list e i gruppi su Usenet. Tecnologia riservata a pochi appassionati, lenta e difficile da utilizzare. Fu anche la rivoluzione digitale a dare la possibilità al mondo delle malattie rare di prendere vita e diventare ciò che è oggi.

La Eurordis del 1997 poteva contare sull'appoggio, anche economico, dell'AFM francese, ma a parte quello c'era davvero poco. Fu sulla cresta dell'onda della crescente attenzione di istituzioni, medicina e ricerca che si riuscì a innescare un circolo virtuoso che vedesse un'organizzazione di pazienti al centro della scena. L'Agenzia Europea del Farmaco (EMEA, poi EMA) era stata creata solo nel 1995, e il Comitato per i farmaci orfani fu stabilito solo nel 2000. Orphanet, creata dal Ministero della Sanità francese nel 1997, divenne un'iniziativa europea solo nel 2000. In ambito associativo c'erano solo alcune associazioni nazionali di pazienti, e le federazioni nazionali iniziarono a nascere solo negli anni successivi, con UNIAMO in Italia tra le prime (1999), seguita da Alliance Maladies Rares in Francia (2000) e dopo ancora da ACHSE in Germania (2004).

I SUCCESSI
Ci si iniziò a muovere nella giusta direzione con Eurordis e il nascente movimento che metteva sotto pressione le istituzioni europee e nazionali, spingendo perché l'Unione Europea seguisse la strada che stavano tracciando gli Stati Uniti fin dall'Orphan Drug Act del 1983. Dopo oltre due anni di duro lavoro e di crescita costante, il primo successo fu, infatti, l'approvazione da parte del Parlamento Europeo del Regolamento sui Farmaci Orfani, adottato il 16 dicembre 1999 ma pubblicato come Regolamento 141/2000 EC.

Da allora, la crescita del movimento è stata impressionante: oggi Eurordis - Rare Disease Europe conta circa 750 associazioni aderenti in 65 nazioni, europee e non, ha uno staff di oltre 40 persone in uffici distribuiti a Parigi, Bruxelles e Barcellona, collabora con 41 Federazioni Nazionali di malattie rare e 58 Federazioni Europee di specifiche patologie. Soprattutto, dal 1999 ad oggi, è riuscita a mantenere le malattie rare una priorità della salute pubblica in Europa, aggiungendo a quel primo atto della UE numerosi altri adempimenti legislativi, che hanno creato le condizioni per miglioramenti estremamente significativi nella qualità della vita dei malati rari, rompendo il cerchio di silenzio, di inconsapevolezza e disinteresse che li circondava.

Eurordis ha contribuito all'adozione dei seguenti atti legislativi della UE, spesso essendone la forza motrice:
- Regolamento Europeo sui Farmaci per Uso Pediatrico (2006)
- Regolamento Europeo sui Prodotti Medicinali per Terapie Avanzate (2007)
- Comunicazione della Commissione Europea sulle Malattie Rare (2008)
- Raccomandazione del Consiglio Europeo su una Azione Europea nel campo delle Malattie Rare (2009)
- Direttiva del Parlamento Europeo sull'Assistenza Sanitaria Transfrontaliera (2011)
- Decisione di esecuzione della Commissione europea per la Creazione delle Reti Europee di Riferimento (European Reference Networks) per le malattie rare (2014)

Altri importanti contributi sono stati:
- Promozione dei Piani e delle Strategia Nazionali sulle Malattie Rare in tutti e 27 gli Stati Membri e gli altri Paesi europei
- Contributo alla designazione di oltre 800 farmaci orfani in Europa
- Organizzazione delle Conferenze Europee sulle Malattie Rare (ECRD)
- Organizzazione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare (dal 2008)

A livello globale, Eurordis ha stretto relazioni con l'Organizzazione Mondiale della sanità (WHO) e contribuito alla fondazione del Consorzio Internazionale per la Ricerca nelle Malattie rare (IRDIRC), nel 2011.

Si tratta di un lungo e impressionante elenco di attività, spesso coronate da successo, che hanno richiesto negli anni una constante e paziente applicazione, con la messa in campo di caratteristiche di professionalità e affidabilità, e con una notevole capacità di negoziare e di portare a termine i progetti pianificati. Questo è stato assicurato non solo direttamente dalle tante persone che negli anni hanno lavorato per Eurordis, ma anche dalle centinaia di volontari, partner e collaboratori che hanno fatto sì che essa potesse essere veramente "La Voce dei Pazienti", come venne chiamato un volume pubblicato nel 2009 che riportava i dati raccolti in 12.000 questionari di malati rari e loro tutori, pervenuti da tutta Europa.

Certo non sono mancate le crisi, i momenti difficili, i contrasti, i progetti falliti, ma in ogni situazione ciò che è rimasto fermamente al centro dell'attenzione è stato sempre l'obiettivo principale, ossia quello di lavorare per migliorare la qualità della vita dei malati rari, agendo su tutte le leve possibili, in tutti gli ambiti necessari e a tutti i livelli. Per molte malattie rare ancora non esiste una cura e neanche un trattamento efficace, ma già oggi - e sempre più nel futuro - capiterà perlomeno di vedere sempre più raramente negli occhi di medici, legislatori e pubblico in generale quello sguardo di incomprensione davanti a un malato raro, che dice tutto e non garantisce nulla, che è muta evidenza della resa di una società di fronte a un problema che non conosce e non vuole affrontare.

Negli anni, l'associazione ha offerto un esempio anche nella trasparenza della propria gestione, sia organizzativa che economica. Ha stretto collaborazioni con attori di tutte le provenienze, scambiando competenze, personale, risorse finanziarie e informazioni con tutti, senza mai negarsi al confronto. Ha accettato finanziamenti dall'industria farmaceutica mettendo a punto regole di trasparenza e limiti che garantissero, comunque, la propria indipendenza, ad esempio disponendo la partecipazione ai progetti di vari finanziatori, o limitando, da statuto, il contributo complessivo dell'industria di settore nei confronti di quello delle associazioni aderenti.

L’IMPEGNO PER IL FUTURO
Il futuro appare sempre pieno di progetti, impegni, bisogni a cui dare una risposta, e dopo 20 anni è difficile rimanere sulla cresta dell'onda. Quest’anno, infatti, la UE ha deciso di non rinnovare il mandato dal Comitato degli Esperti in Malattie Rare, che ormai da molti anni e sotto diversi nomi supportava le scelte legislative europee, e che contava anche sul contributo dei rappresentanti dei pazienti supportati da Eurordis. Allo stesso modo, l'Unione ha anche iniziato a ridurre, a partire dall’attuale programma quadro 2014-2020 (noto come 'Horizon 2020') i finanziamenti offerti per ricerca e innovazione nell'ambito delle malattie rare. Questo non impedisce certo di continuare a fare tutto ciò che è possibile con le risorse disponibili, tanto è vero che l'obiettivo proposto da IRDIRC nel 2011 di mettere a punto un trattamento per almeno 200 malattie rare entro il 2020, che sembrava quasi utopistico, è stato in realtà raggiunto già lo scorso anno, con ben quattro anni di anticipo.

Tra i tanti che hanno contribuito negli anni alla crescita di Eurordis come dipendenti, negli organi direttivi, partecipando ai progetti o nei comitati dell'UE, solo pochi possono dire di aver visto la storia svolgersi dall'inizio, ma tra questi c'è certamente il CEO Yann Le Cam, che di Eurordis ha fatto un vero e proprio progetto di vita. Al termine della conferenza di Budapest, durante la quale si è anche celebrato, brevemente e con modestia, questo importante anniversario, egli stesso ha ben rappresentato lo spirito che anima il lavoro quotidiano e che può ben concludere il nostro racconto: "Sperate per il meglio, siate pronti per il peggio e abbiate fede in voi stessi".

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