La policitemia vera è una patologia ematologica cronica, che non sempre viene riconosciuta e diagnosticata tempestivamente. La diagnosi della policitemia vera è però fondamentale per una corretta terapia. Il trattamento della malattia in stadio proliferativo si ottiene cercando di ridurre la massa eritrocitaria ricorrendo alla salassoterapia o a farmaci come l’interferone o l’idrossiurea. Le scelte terapeutiche devono essere però massimamente personalizzate, in funzione dei fattori di rischio per il paziente.

La a policitemia vera è infatti caratterizzata tipicamente da un elevato ematocrito (percentuale in volume di globuli rossi nel sangue intero), che può provocare un incremento della densità del sangue e un aumento del rischio di coaguli, oltre a conte elevate di globuli bianchi e piastrine. Tutto ciò può arrivare anche a causare gravi complicanze cardiovascolari (infarto e ictus).
“Il soggetto di età inferiore a 60 anni e che non sia mai incorso in eventi trombotici precedenti è considerato un paziente policitemico a rischio basso” – spiega il prof. Guido Finazzi, Responsabile Unità Semplice Malattie Mieloproliferative Croniche della U.O.C. di Ematologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che aggiunge come in questo gruppo di pazienti la terapia preveda solo salassi e cardioaspirina. “Al contrario, i pazienti più anziani o che abbiano riportato un precedente evento trombotico, hanno un profilo di rischio trombotico più alto ed aggiungono alle terapie già citate il trattamento farmacologico citoriduttivo che in Italia è dato prevalentemente dall’idrossiurea”.

La scoperta di una precisa mutazione somatica a livello del gene JAK2 ha radicalmente cambiato la gestione clinica dei pazienti affetti da policitemia vera portando allo sviluppo di ruxolitinib (Jakavi®), un inibitore di JAK2 messo a punto da Novartis e che, secondo i risultati del trial clinico RESPONSE all’interno del quale è stato testato, ha prodotto un notevole risultato nel controllo dell’ematocrito e nella riduzione delle dimensioni della milza e dei sintomi del paziente, ad esempio, il prurito.

Ruxolitinib è entrato a far parte di questo contesto assumendo un ruolo da protagonista e producendo risposte significative e durevoli. Il farmaco è stato registrato secondo le indicazioni AIFA ed è indicato in seconda linea, nei pazienti resistenti o intolleranti a idrossiurea. Nella Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2017 sono state pubblicate le nuove classi di rimborsabilità di ruxolitinib per pazienti con policitemia vera resistenti o intolleranti a idrossiurea e per quelli con mielofibrosi a rischio intermedio-1 (IPSS1).

 “Ruxolitinib nella policitemia vera entra in scena in maniera importante dal momento che ha un impatto sul lungo corteo di sintomi di cui i pazienti sono affetti – precisa la dott.ssa Alessandra Malato, della U.O.C. di Ematologia con Trapianto, Ospedali Riuniti Villa Sofia - Cervello di Palermo – Inoltre, sarà interessante valutare l’effetto che potrà avere sulla riduzione di fibrosi midollare, qualora fosse presente in fase iniziale, e sulla sopravvivenza globale”. Ruxolitinib si candida, quindi, a rappresentare la nuova e sofisticata risorsa con cui rafforzare l’armamentario terapeutico destinato a combattere questa neoplasia. La richiesta, anche da parte dei pazienti stessi, sta cominciando a crescere tanto che il farmaco è stato inserito in fascia H ed è già disponibile quasi presso tutti i centri. “Per quel che concerne la policitemia vera la rimborsabilità è stata approvata in tutta Italia, tranne nella regione Sicilia” – aggiunge Malato – “Mentre è già stato attivato anche in Sicilia l’allargamento della rimborsabilità alle fasce di pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-1, per quanto riguarda la policitemia vera sarà necessario attendere almeno l’inizio dell’estate per avere la completa rimborsabilità”.

Per saperne di più sulla diagnosi della policitemia vera leggi anche Policitemia vera, come si arriva alla diagnosi?

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