Uno studio pubblicato sul Journal of Translational Medicine conferma la validità del programma, che sfrutta le tecnologie NGS per identificare i punti deboli del tumore
Non mancano esempi di come la ricerca scientifica in campo medico abbia contribuito a portare al letto del paziente trattamenti altamente innovativi che hanno stravolto la pratica clinica. Tuttavia, l’eccellenza in medicina si raggiunge dove le persone sanno “fare squadra”. Lo dimostra in modo chiaro l’esistenza dei Molecular Tumor Board (MTB), i team multidisciplinari di medici e professionisti appartenenti a settori diversi della pratica medica che assegnano terapie personalizzate in maniera innovativa. La chiave per definire queste preziose entità è “multidisciplinarietà”, parola che riflette l’eterogeneità del cancro e la necessità di affrontarlo mettendo a sistema tutte le informazioni (e le branche della medicina) necessarie alla gestione del malato. A ribadire l’enorme impatto sulla medicina dei MTB sono i risultati di uno studio apparso sulle pagine della rivista Journal of Translational Medicine.
Lo studio è stato firmato dai ricercatori dell’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) di Roma, presso cui è stato istituito, nel 2018, uno dei primi MTB italiani sotto il coordinamento del prof. Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico dell’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico romano. Le conclusioni del lavoro mostrano chiaramente che circa l’80% dei pazienti trattati con farmaci “fuori indicazione”, ma raccomandati dall’MTB sulla base di rigorose evidenze scientifiche e cliniche, ha risposto alle terapie: il 42% con risposta parziale, e il 37% con stabilizzazione della malattia.
Due sono le caratteristiche importanti dell’MTB: la prima è la capacità di basarsi su tecnologie innovative, come il sequenziamento di massa del genoma del tumore per identificare le cosiddette alterazioni “azionabili”, potenziali bersagli di farmaci specifici. La seconda caratteristica consiste proprio nella possibilità di basarsi su criteri “agnostici”, vale a dire indipendenti dal rilievo istologico del tumore, per contrastarne la diffusione. Da sempre, l’istologia rappresenta il perno dell’oncologia moderna per lo sviluppo di farmaci mirati contro un tumore ma, negli ultimi anni, sono giunti sul mercato farmaci attivi contro alcune mutazioni in particolare, a prescindere dal tipo di tumore, dall’età o da sesso del paziente. La ‘mentalità molecolare’, secondo cui si colpisce la mutazione a prescindere dal tessuto, sta stravolgendo il quadro medico prevalentemente legato all’istologia, dal momento che una mutazione può esser condivisa da diverse forme tumorali e una stessa forma tumorale può essere caratterizzata dalla presenza di molteplici mutazioni. E sta portando all’insediarsi di modelli a bersaglio molecolare, sostenuti dall’arrivo sul mercato di nuovi test per la profilazione del genoma tumorale, in modo tale da andare a caccia dei punti critici - o meglio del tallone d’Achille - dei tumori.
L’MTB identifica pertanto i farmaci che hanno maggior probabilità di essere efficaci in un paziente. Laddove sia disponibile un biomarcatore che definisce una peculiarità molecolare del tumore contro cui sia disponibile un farmaco (approvato per uno scopo diverso ma attivo sul meccanismo molecolare, quindi anche in un più ampio spettro di patologie neoplastiche), è possibile pensarne un utilizzo cosiddetto “off-label”, cioè fuori indicazione. A patto, però, che le alterazioni molecolari bersaglio siano cercate minuziosamente. La gestione di queste situazioni non può esser affidata a un individuo solo, per quanto esperto, ma deve esser presa in carico all’interno di un quadro di rete, dal momento che molteplici sono i fattori da considerare e spesso attingono ad ambiti diversi della medicina. La multidisciplinarietà e l’attitudine a fare rete sono dunque il substrato perfetto per la nascita degli MTB, come quello protagonista dello studio romano.
Tale studio clinico ha arruolato un totale di 124 pazienti in progressione di malattia mentre ancora erano sottoposti all’ultimo trattamento su indicazione per la propria condizione. I pazienti sono stati suddivisi in tre sottogruppi, a seconda dell’intensità della profilazione molecolare applicabile: è emerso che intensificando progressivamente la profilazione, è possibile identificare nuove vulnerabilità dei tumori e assegnare ulteriori terapie. Secondo i dati IRE, di questo miglioramento potrebbero giovarsi da un minimo del 22% a un massimo del 66% circa dei pazienti. Va sottolineato che ulteriori opportunità di terapia non sarebbero mai venute alla luce se questi pazienti non fossero stati inclusi nello studio. Quindi, gli MTB rappresentano senza ombra di dubbio una risorsa proiettata verso il futuro, una nuova modalità di lavoro multidisciplinare che permette di rendere disponibili già oggi farmaci fuori indicazione.
Purtroppo, solo il 56% (22/39) dei pazienti eleggibili per il trattamento ha potuto ricevere la terapia raccomandata dall’MTB dell’IRE, per una vasta serie di motivi, tra cui spiccano la difficoltà di accedere a studi clinici spesso troppo lontani geograficamente, e le lunghe procedure di accesso ai farmaci “off-label”. Questi limiti non potranno essere superati se gli MTB continueranno ad agire singolarmente. Già oggi si vanno formando reti italiane ed europee per la condivisione su larga scala di esperienze cliniche, risorse, opportunità di cura, e soprattutto dati preziosi.
“Ai fini della prescrizione, l’individuazione nelle varie Regioni di MTB è un passo decisivo verso l’interdisciplinarietà, che a questo punto diventa non un’opzione ma una conditio sine qua non per poter dare risposta a problemi complessi”, scriveva Nello Martini, della Fondazione Ricerca e Salute, in un editoriale del 2018 apparso su Il Pensiero Scientifico. Avere accesso a casistiche condivise è fondamentale in un ambito come quello dei MTB, dove per definizione le raccomandazioni terapeutiche si applicano a nicchie di pazienti con caratteristiche molto particolari, come lo studio IRE rivela in maniera chiara.
“L’importanza strategica dei MTB è dovuta all’aumento esponenziale, in questi ultimi anni, delle opportunità terapeutiche per i pazienti oncologici con malattia avanzata”, spiega Gennaro Ciliberto. “I motivi sono tre: conosciamo meglio le basi molecolari della malattia oncologica e la sua evoluzione nel tempo, il sequenziamento massivo del DNA (NGS, Next Generation Sequencing) è diventato sempre più accessibile, ed è aumentato in modo considerevole il numero di farmaci capaci di bersagliare mutazioni cosiddette ‘driver’, quelle cioè che guidano la progressione tumorale, in quanto si verificano in punti chiave di geni responsabili della malattia. Oggi possiamo pertanto identificare in un paziente con malattia avanzata, per esempio con tumore alla mammella, una mutazione driver rara per quel tipo di tumore, che può essere trattata con un farmaco che, ad esempio, è stato già approvato ed è in commercio per quella stessa mutazione genica nei tumori polmonari, dove è molto più frequente. Si parla in questo caso di terapia fuori indicazione o “off-label”. L’MTB è così chiamato ad esprimersi per raccomandare o meno un trattamento off-label. Un processo molto articolato che non può essere quindi gestito da un singolo operatore e che genera grandi aspettative nei pazienti”.
L’MTB è dunque già oggi una realtà insostituibile per quei pazienti oncologici non approcciabili per le vie classiche dell’oncologia ed è destinato ad assumere maggior rilievo nei prossimi anni, col consolidarsi delle tecnologie di biologia molecolare e il loro sistematico ingresso nella pratica medica di ogni giorno. “Il recente studio IRE dimostra che gli MTB si distinguono da altri organismi clinici multidisciplinari non solo per l’accresciuta capacità di implementazione dell’oncologia di precisione, ma anche per il loro ruolo di guida e anticipazione di scenari futuri”, conclude Patrizio Giacomini, Responsabile del Clinical Trial Center presso l’IRE e Membro dell’MTB. “Sono un osservatorio importante per non arrivare impreparati ai grandi appuntamenti e alle sfide, anche economiche, di sostenibilità e di equità del modello di cura, davanti alle quali ci pongono già oggi le nuove tecnologie. Appropriatezza di cura e sostenibilità sono due imperativi deontologici per il nostro sistema sanitario. La grande sfida è portare cure di eccellenza gratuite alla portata di tutti i nostri pazienti e di tutti i cittadini italiani ed europei”.
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