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Nessuna discriminazione possibile per età o sesso, conta la condizione clinica e la possibilità di apportare benefici

Il 15 aprile, il Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (CNB) ha pubblicato il parere dal titolo “COVID-19: La decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del triage in emergenza pandemica”. Il parere è relativo al problema etico dell’accesso dei pazienti alle cure in condizioni di risorse sanitarie limitate. Di questo si è parlato molto, soprattutto nelle prime settimane della pandemia di COVID-19, quando in molti sostenevano che i pazienti da curare in via prioritaria fossero scelti sulla base dell’età: l’accusa, in sostanza, era che vi fosse un tacito accordo per ‘lasciar morire’ anziani e malati e salvare, invece, i più giovani. Voci più volte smentite ma che indicavano, comunque, un tema importante da affrontare, non sfuggito al CNB.

Il problema in esame è senza dubbio molto complesso e, nella sua disamina, il Comitato ha considerato e contemperato una serie di principi tra cui la protezione della vita e della salute, la libertà, la responsabilità, la giustizia, l’equità, la solidarietà e la trasparenza.

In primo luogo, il parere evidenzia i punti di riferimento irrinunciabili per la relazione di cura che risiedono nella Costituzione Italiana e che sono: l’articolo 32, che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; l’articolo 2, che riconosce e garantisce il principio personalista e il dovere di solidarietà; l’articolo 3, che sancisce il principio di eguaglianza. Oltre a questi principi costituzionali il Comitato aggiunge tra i presupposti da cui partire anche il riferimento alla Legge n. 833 del 1978, che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale e che prevede che la cura vada assicurata secondo un criterio universalistico e egualitario.

Dai principi costituzionali fondamentali non si può in alcun modo prescindere, neanche in una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo e che, fin dal suo esordio, ha comportato una carenza di risorse sanitarie disponibili, soprattutto nelle zone d’Italia più colpite dal nuovo Coronavirus. Questa situazione emergenziale improvvisa ha costretto il Paese a fare delle scelte immediate ed ha determinato una riorganizzazione sanitaria che coinvolge anche il personale, tutt’oggi sottoposto a un forte stress.

Proprio in virtù di questa nuova condizione, secondo il CNB, si rende necessario “individuare dei criteri per l’accesso alle risorse che siano adeguati all’eccezionalità del momento”. A tal proposito, il Comitato ritiene che il criterio clinico sia il più adeguato al fine di definire la distribuzione delle risorse, sottolineando, infatti, che qualsiasi altro criterio di selezione, come per esempio l’età, il sesso, la condizione sociale, la disabilità o i costi, sia eticamente inaccettabile e violerebbe principi sanciti dalla Costituzione italiana.

Il criterio ritenuto maggiormente valido è il metodo del triage, in base al quale in condizioni di normalità gli operatori di un pronto soccorso devono stabilire le priorità di accesso alle terapie attraverso la compilazione di liste d’attesa che riguardano solo i pazienti fisicamente presenti. Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha ritenuto che il triage in emergenza pandemica debba articolarsi in una premessa “preparedness” e due concetti chiave: appropriatezza clinica e attualità.

Per “preparedness” si intende la predisposizione di strategie d’azione per gestire “in situazioni eccezionali l’inevitabile conflitto fra gli obiettivi collettivi di salute pubblica e il principio etico di assicurare la massima tutela al singolo paziente”. Per appropriatezza clinica si intende invece “la valutazione medica dell’efficacia del trattamento rispetto al bisogno clinico di ogni singolo paziente con riferimento alla gravità del manifestarsi della patologia e alla possibilità prognostica di guarigione”. Ma il concetto che più di tutti caratterizza il triage in questa situazione di emergenza pandemica è quello dell’attualità, che prevede un adattamento del triage usuale considerando diversamente i pazienti, includendo nell’accesso alle terapie non solo i pazienti fisicamente presenti ma anche “coloro che sono stati valutati ed osservati da un punto di vista clinico, delle cui condizioni critiche si è già consapevoli”.

In questo vasto contesto riorganizzativo, nel testo del parere, non solo viene segnalato in particolare che nelle zone più colpite le risorse disponibili non sono sufficienti a coprire le necessità di cura di tutti i malati, ma viene anche ricordato che le persone che hanno bisogno di essere curate non sono solo quelle colpite dal Coronavirus, ma anche tutte le altre affette da patologie gravi, acute e croniche. Questi pazienti si sono trovati a fronteggiare una situazione inaspettata a causa della diminuzione del personale e dei mezzi fondamentali per le loro cure, che fino all’inizio della pandemia erano disponibili. Le persone affette da malattie e tumori rari, ovviamente, rientrano in questa categoria, e dei disagi da loro vissuti l’Osservatorio Malattie Rare ha più volte parlato, anche nel corso di una recente audizione al Senato in Commissione Sanità.

Il CNB, dunque, considera nelle proprie valutazioni tutti quei pazienti affetti da malattie gravi diverse dal COVID-19, che hanno bisogno delle medesime cure e delle attenzioni di sempre e che rientrano tra i soggetti più vulnerabili in questa particolare situazione, sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista sociale e, talvolta, economico. Nelle ulteriori riflessioni del parere, il Comitato, infatti, oltre a evidenziare la necessità di utilizzare la massima trasparenza rispetto ai criteri di allocazione delle risorse sanitarie e ad esprimere gratitudine ai medici e agli operatori, ha aggiunto una riflessione “dedicata alle persone più vulnerabili rispetto al resto della popolazione, che possono sentirsi particolarmente a rischio di abbandono”.

Si legge che “le persone fragili, anziani, persone con disabilità, persone già malate, per evitare il pericolo di contagio possono essere allontanate dalle persone care e dagli ambienti familiari e, in caso di ricovero ospedaliero, trasferite in reparti ovviamente destinati all’isolamento, in cui è limitato l’accesso solo al personale specializzato: condizioni in cui anche ricevere una semplice telefonata può diventare un problema”.

Sempre con riguardo alla riflessione sulle persone più vulnerabili, il parere segnala l’importanza di adottare protocolli adeguati che debbano includere la terapia del dolore e palliativa, in caso queste si considerino necessarie, per evitare le sofferenze che derivano da un’insufficienza respiratoria allo stadio terminale. Tra i pazienti che richiedono particolare protezione e attenzione, il parere annovera, infatti, anche i malati terminali, privati della possibilità di poter salutare per l’ultima volta i propri cari.

“Il parere del Comitato, dunque, mette in luce le problematiche emerse a livello sanitario in questo particolare periodo, dando voce agli aspetti etici e sociali che ruotano attorno all’emergenza”, spiega la dott.ssa Agnese Camilli, coordinatrice della struttura di supporto dei Comitati Nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Le rinunce e le sofferenze attuali appartengono a ciascuno di noi, ma indubbiamente sono più difficili da affrontare per chi è malato e versa in una condizione di vulnerabilità, ed è proprio per questo che il Comitato Nazionale per la Bioetica spera che vengano assicurati, adesso e anche nel periodo che seguirà l’emergenza, sostegni concreti alle persone particolarmente vulnerabili, sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista sociale e umano”.

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