Sindrome di Ehlers-Danlos

La Dr.ssa Alessandra Bassotti segue circa 1200 pazienti che arrivano da ogni regione d’Italia. Ma la lista d’attesa è lunga e c’è un solo clinico dedicato

Sotto il nome di sindrome di Ehlers-Danlos vengono raggruppate diverse malattie genetiche ereditarie del tessuto connettivo, che nel corpo ha funzione di collegamento, protezione e sostegno. È una malattia rara, con una frequenza complessiva stimata intorno a 1 caso su 5.000-10.000 individui e colpisce in egual misura maschi e femmine di ogni etnia. Le cause di questa malattia non sono note così come non è stata ancora individuata una cura risolutiva. “C’è però molto da fare sia per la diagnosi che per la presa in carico – spiega la Dr.ssa Alessandra Bassotti, responsabile del Centro di riferimento per le Sindromi Elhers Danlos del Policlinico di Milano – senza parlare della necessità di far conoscere questa patologia rara, di cui si sa così poco.”

“Si tratta di un gruppo di patologie caratterizzate da più difetti genetici, oggi classificate in ben 13 forme (secondo la classificazione di New York 2017), di cui alcune sono così rare da essere state isolate solo in poche famiglie (per lo più quadri sindromici estremamente peculiari. La forma classica e quella ipermobile – prosegue l’esperta – rappresentano circa il 75%-80% del totale. La forma vascolare, la più severa, rappresenta circa il 10%. Si tratta di una patologia a penetranza variabile, sia come quantità dei sintomi che come espressività della malattia. La diagnosi è sempre clinica, non è necessaria la conferma genetica, anche se quando si riscontra una mutazione genetica, questa può indirizzare con maggior certezza sul tipo di Ehlers-Danlos.”

LA SINDROME DI EHLERS-DANLOS DI TIPO CLASSICO

“La sindrome di Ehlers-Danlos di tipo classico è caratterizzata da una pelle elastica, pastosa, dalla presenza di cicatrici atrofiche e una lassità articolare più o meno pronunciata. Si tratta di una malattia che, quando si manifesta a penetranza elevata, risulta evidente già nell’età pediatrica: la pelle dei bimbi con questa malattia si lacera per un nonnulla. Per spiegare la sintomatologia uso spesso questo esempio – prosegue Bassotti – quando i miei piccoli pazienti mettono le ginocchia a terra per giocare con la macchinina una parte della pelle delle ginocchia resta per terra.”

Questa forma patologica si diagnostica piuttosto precocemente, ma una cura non esiste. Possono essere effettuati dei trapianti di cute, ma si tratta di interventi complessi che spesso non danno buon esito. “Per questi pazienti più che un approccio curativo è necessario un approccio educativo: insegniamo loro a cercare di evitare le cadute, a fare attenzione a scuola, a evitare di andare in bicicletta. Prima ancora educhiamo i genitori, perché per questi bambini anche delle situazioni comuni possono essere pericolose. Una piccola paziente di 3 anni si era addormentata tra le braccia del papà. Al risveglio una parte del suo mento è rimasta appiccicata sulle braccia del padre: ha dovuto subire per questo 3 interventi chirurgici.”

La sindrome di Ehlers-Danlos di tipo classico è causata principalmente da mutazioni dei geni COL5A1 o COL5A2 o, più raramente, del gene COL1A1. Mutazioni del gene TNXB possono causare il tipo simil-classico (o “classik-like).

LA SINDROME DI EHLERS-DANLOS DI TIPO IPERMOBILE

Questa forma di patologia è caratterizzata da un interessamento dell’apparato articolare, che si concretizza in frequenti lussazioni di tutte le articolazioni, sia grandi che piccole e una instabilità articolare anche severa.

“I pazienti con questa forma di malattia sembrano sempre molto giovani, hanno una pelle liscia e tirata, a loro le rughe non compaiono. Purtroppo però – prosegue l’esperta – non è infrequente che questi pazienti arrivino a 30 anni con un’artrosi che a 40 anni è già molto grave, direi incompatibile con una normale vita attiva. In questi casi la malattia impatta fortemente sulla qualità della vita, e il problema principale è proprio il dolore. Una quota di questi pazienti arriva addirittura a dover essere sottoposta a terapia del dolore con oppiacei maggiori. Ma c’è anche chi teme di andare incontro a una dipendenza, e quindi non accetta la terapia del dolore, sopportandolo. I pazienti affetti da questa forma di patologia presentano spesso una disabilità importante, hanno necessità di guidare auto adattate e di una serie di ausili per la deambulazione. Ovviamente prima viene effettuata la diagnosi e prima si possono educare i pazienti alla salute articolare, fin dall’infanzia, evitando sport di contatto e sforzi articolari. Parallelamente è necessario rafforzare la muscolatura, con una fisioterapia costante.”

La fisioterapia non viene offerta ai pazienti come parte del piano terapeutico, pur essendo fondamentale per la loro qualità di vita. “Al nostro centro abbiamo un bravissimo fisioterapista che si occupa dell’educazione dei pazienti – spiega Bassotti – in sostanza insegna ai pazienti una serie di esercizi che possono essere svolti costantemente in autonomia, e si rende disponibile con i fisioterapisti del territorio per fornire indicazioni utili a monitorare i pazienti nel tempo.

LA SINDROME DI EHLERS-DANLOS DI TIPO VASCOLARE

La maggior parte dei casi del tipo vascolare sono causati da mutazioni del gene COL3A1, in alcuni casi sono implicate delle specifiche mutazioni a carico del gene COL1A1. La forma vascolare è l’unica dove la genetica riveste un ruolo importante nella diagnosi, dando una risposta nel 97% dei casi. “La forma vascolare è certamente la più grave in quanto associata a una mortalità più elevata – spiega ancora Bassotti – spesso le complicanze cliniche della malattia esordiscono nell’età adulta e coinvolgono maggiormente le arterie di medie dimensioni, causando dissezioni, aneurismi e fistole artero-venose. Purtroppo tali manifestazioni cliniche possono avvenire anche in età pediatrica, adolescenziale e giovane adulta, causando spesso la morte del paziente. In molti casi le manifestazioni vascolari compaiono improvvisamente in soggetti che fino ad allora non hanno presentato nessun segno clinico, rendendo ancor di più difficile il riconoscimento diagnostico, che deve essere tempestivo. In alcuni casi si riesce ad arrivare in tempo con trattamenti di emergenza, da lì parte attento follow-up con accertamenti mirati ogni 6-12 mesi. Una volta individuato un soggetto affetto parte indagine genetica rivolta a tutti i familiari di primo grado (genitori, figli, fratelli).”

IL CENTRO DI RIFERIMENTO PER LA SINDROME DI EHLERS-DANLOS DI MILANO

Al nostro centro afferiscono circa 100 pazienti sotto i 16 anni, seguiti in pediatria, e 1.100 pazienti adulti (dai 16 anni in su). Si tratta di persone che arrivano qui da noi da ogni regione, e anche dall’estero. Un registro nazionale di patologia non esiste – spiega l’esperta – quindi non siamo in grado di stimare quanti pazienti precisamente ci siano in Italia. Tuttavia sappiamo che sono attivi numerosi centri in cui vengono effettuate le diagnosi di Ehlers-Danlos, ma sono pochissimi i centri dedicati alla presa in carico dei pazienti.”

Il centro diretto dalla Dr.ssa Bassotti, presso il Policlinico di Milano, nasce parecchi anni fa come “Ambulatorio malattie rare e lavoro”: un ambulatorio aperto ai pazienti con qualsiasi malattia rara, dedicato ad affrontare le tematiche burocratiche legate all’ambito lavorativo: invalidità civile, assenze per cure e terapie, etc., ma anche inserimento lavorativo con le capacità residue e inquadramento pre-inserimento nel mondo del lavoro e afferiva alla clinica del lavoro diretta dal Prof. Bertazzi. “Negli anni abbiamo accolto sempre più pazienti con Ehlers-Danlos e, grazie al contributo del Prof. Bertazzi e della Prof.ssa Faustina Lalatta, abbiamo deciso di dedicarci a loro in maniera esclusiva, perché era evidente che fosse necessario un centro di riferimento.”

Così l’ambulatorio diventa effettivamente centro di riferimento nazionale nel 2008. “Attualmente seguiamo un totale di 1.200 pazienti, con una lista d’attesa per le visite di minimo 6 mesi. I pazienti devono essere monitorati e valutati ogni 12-24 mesi a seconda della tipologia di diagnosi. Consideriamo che i pazienti si rivolgono a noi anche per capire come comportarsi nella vita normale: non è raro che i ragazzi ci scrivano per sapere se possono farsi un tatuaggio o un piercing, ma è giusto che sia così. È necessario farsi carico delle esigenze dei pazienti a trecentosessanta gradi, anche perché si tratta di una patologia rara e complessa, che i medici di medicina generale non conoscono. Purtroppo, però, io sono l’unico medico dedicato, anche se possono contare sul supporto dei colleghi specialisti con i quali lavoro in stretta sinergia. Il fatto però che non ci sia personale dedicato – conclude Bassotti – vuol dire che non c’è nemmeno personale in formazione. Che cosa accadrà ai pazienti quando andrò in pensione?

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