Disabilità, la lettera di Marco Macrì alle Istituzioni

Il rappresentante di Famiglie senza cure: “Il tuo bambino rinchiuso in una clinica, solo come un cane, proprio non lo vuoi immaginare”

Marco Macrì, vigile del fuoco genovese e padre di due bambini, di cui uno con disabilità, è da tempo il portavoce di oltre 2000 famiglie liguri con bambini portatori di disabilità organizzate nel comitato “Famiglie senza cure”. Attivo in molte battaglie per i diritti di queste famiglie, Macrì ha lanciato alle Istituzioni, tramite il quotidiano Repubblica, un drammatico appello contro i tagli a cure, scuola e servizi, “perché ogni taglio a queste voci – ha spiegato – è un taglio al futuro di chi è più fragile”. Riportiamo di seguito la lettera integrale scritta da Marco Macrì.

“La vita con un figlio o figlia disabile, malato raro o oncologico non è affatto semplice. È una vita piena e felice ma anche tanto triste e piena di dolore. Vi fermate mai un attimo a pensare quanto dolore ci può essere nel cuore di un genitore, di un fratello o sorella di un bimbo disabile? Provate a pensare a quante volte vi si stringe il cuore perché il vostro bambino sta male, magari per una influenza. Li avete bene in mente quegli occhi? Gli occhi della sofferenza? Ecco, noi genitori, fratelli o sorelle di un bambino disabile quegli occhi spenti, quella sofferenza ce l’abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi. Non si tratta però di una malattia banale e superabile, ma di una malattia gravemente invalidante!! Pensate a quanto dolore ci può essere”.

È giusto chiamarci guerrieri, perché lo siamo nostro malgrado. Lottiamo ogni giorno per far rispettare i diritti dei nostri sfortunati figli, ci dobbiamo caricare di rabbia per urlarla tutta davanti all’ignoranza e cattiveria che dilaga. Dobbiamo improvvisarci medici, perché nessuno conosce la sindrome di tuo figlio, e anche organizzatori provetti, per prenotare e incastrare visite, ricoveri e terapie. Dobbiamo essere ricchi, altrimenti le visite le puoi fare solo dopo anni di attesa e, badate, non sono visite per un raffreddore. Dobbiamo essere avvocati, costituzionalisti, badanti e infermieri, asciugare continuamente la saliva e cambiare pannolini su pannolini, anche quando il bambino più bambino non è, pulire la PEG, aspirare moccio, perché tuo figlio il naso mica se lo sa soffiare. Dobbiamo spesso rimanere chiusi in casa perché da soli con un bambino in sedia, e magari un fratellino piccolo, non ce la fai. Dobbiamo diventare “disoccupati”, perché per l’assistenza non ci sono i fondi, e ancora diventare veggenti, perché noi il futuro non possiamo stare lì ad aspettarlo come tutti ma ce lo dobbiamo immaginare, inventare e creare con mille difficoltà, con la paura costante di morire senza aver lasciato a tuo figlio una vita dignitosa. Dobbiamo pregare che i nostri figli muoiano più tardi possibile ma comunque prima di noi, perché il tuo bambino rinchiuso in una clinica, solo come un cane, proprio non lo vuoi immaginare. È atroce desiderare di vedere morire tuo figlio, eh?”

“Dobbiamo rassegnarci a non capire quale dolore ha nostro figlio perché non sa spiegarlo o non sa parlare, o anche non è in grado di comprendere cosa sia un dolore. Dobbiamo valutare ogni passo che facciamo. Le nostre ferie non sono mai rilassanti e durante l’anno spesso non possiamo permetterci una sera fuori perché non è detto che chi può farti il favore, qualora avessimo questa persona, sia disponibile quel giorno che potremmo noi. Dobbiamo diventare l’inimmaginabile”.

“Potrei continuare all’infinito ma diventerebbe solo una inutile carrellata di parole gettate al vento. La mia speranza, però, è che si ricordino queste mie parole e ripensiate consci del fatto che un disabile, malato raro oncologico o con disturbi alimentari non sia affatto un privilegiato ma, nella società odierna, un condannato, e noi famigliari con lui o lei, alla solitudine, all’indifferenza, al giudizio e anche allo scherno o discriminazione, spesso perché, come nel caso dell’autismo o dei disturbi alimentari, vengono scambiati per un capriccio”.

“Care Istituzioni, cari spettatori qui e a casa, siamo nella regione del più grande disastro per incuria dell’uomo, che ha anteposto il profitto alla sicurezza dei cittadini facendo mancare ai propri cari 43 persone. Noi genitori con i parenti delle vittime del ponte Morandi condividiamo un percorso di mancanza d’attenzione verso la prevenzione e la cura. Vi preghiamo d’investire nella cura, nella scuola e nella sicurezza dei cittadini, perché ogni taglio a queste voci è un taglio al futuro di chi è più fragile e inconsapevole che le vostre scelte possono segnare le loro vite, far differenza tra poter essere un contribuente con le giuste cure e istruzione, accedendo al mondo del lavoro, come il Presidente Mattarella ha evidenziato citando una realtà inclusiva come Pizzaut, o restare una spesa pubblica e, nei casi più gravi, mancare all’affetto dei propri cari.”

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