PNRR: servono correttivi urgenti con la partecipazione attiva delle organizzazioni civiche e delle associazioni dei pazienti.
“Il 2022 conferma il recupero rispetto al 2020, anno della pandemia, per la numerosità delle prestazioni nel loro complesso. Ma rispetto al 2019 siamo ancora indietro.” Queste le dichiarazioni di Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio, in merito ai dati elaborati dall’organizzazione civica su fonte Regione Lazio.
Il Rapporto, scaricabile dal sito, fotografa le prestazioni sanitarie oggetto di monitoraggio del Piano Regionale di Governo per le Liste di Attesa 2019-2021. Si tratta di tre distinte prestazioni: ci sono 14 “prime visite”; 45 “prestazioni strumentali” e 17 interventi chirurgici.
Il totale delle prestazioni prime visite è di 1.629.522; rispetto al 2021 vi è un aumento di 244.573 prime visite, mentre rispetto al 2019 (anno pre-Covid) vi è un saldo negativo di 370.271 prime visite. Rispetto agli anni precedenti si registra un sostanziale miglioramento/recupero con l’eccezione preoccupante dell’area Oncologica con un meno 1.449 prime visite. Nel 2022 si è avviato un recupero di “prime visite” rispetto al difficilissimo 2020, ma rispetto al 2019 si è ancora distanti da un pieno recupero.
Le prestazioni strumentali nel 2022 hanno totalizzato 2.676.835 con un saldo positivo di 21.163 rispetto al 2019; 566.185 è il saldo positivo invece rispetto al 2021. Anche qui quindi abbiamo la conferma di una tendenza già individuata per la categoria “prima visita” di un sostanziale recupero agli anni precedenti e un sorpasso sul 2019 anno pre Covid.
Gli interventi chirurgici, riferiti al Piano di Governo delle liste di attesa, nel 2022 sono stati 36.962, con un saldo positivo rispetto al 2021 di 5.013 interventi e con un saldo negativo rispetto al 2019 di 49.458 interventi. Sull’area quindi degli interventi chirurgici appare con evidenza lapalissiana la difficoltà di recuperare il terreno perso con tempi certi. Tale difficoltà ha, dal nostro punto di vista, diverse possibili spiegazioni.
Primo elemento di riflessione è legato al tema del personale sanitario in ambito chirurgico, alla sua numerosità e alla disponibilità di impiego in modo esclusivo in sala operatoria e non anche per altre attività sanitarie.
Un secondo elemento di riflessione potrebbe essere legato alla diminuzione rilevante di posti letto nella Regione Lazio negli ultimi 12 anni per la introduzione, varo e messa a regime del DM 70 da un lato e, dall’altro, a causa del Commissariamento della Salute che ha comportato blocco del turn over e quindi maggiori carichi di lavoro su un numero minore di professionisti.
Terzo elemento: la poca organizzazione di un sistema che in realtà appare nei percorsi assolutamente frammentato, disomogeneo e poco performante in quanto incapace di rispondere con flessibilità organizzativa al cambiamento delle dimensioni socio sanitarie, economiche e epidemiologiche della società.
Tutte le prestazioni portano a Roma. La conferma della diseguaglianza dei territori deriva dai numeri totali delle prestazioni fatte nel Lazio. Roma città (tutto ciò che è dentro il Grande Raccordo Anulare) attrae in modo massiccio le prestazioni sanitarie, le risorse professionali, le dotazioni strumentali.E questo dato conferma i dati degli anni precedenti. Basti pensare che per le prime visite Roma città (comprendendo le ASL RM1-2-3 e le AO tutte dentro il GRA) coprono circa il 65% delle prestazioni effettuate.
“Questo dato è un punto focale dal quale partire per ragionare nel prossimo futuro di medicina territoriale, diffusa, accessibile”, ha aggiunto Elio Rosati. “Anche perché altrimenti il tema della “competenza” dei professionisti, elemento centrale del futuro dei sistemi complessi di welfare, sarà drammaticamente chiuso tra le tre corsie del Grande Raccordo Anulare”.
Altro elemento che ci preoccupa è quello delle Reti cliniche, dei percorsi di cura e della presa in carico. Forse è necessario agire con maggiore determinazione a fronte di percorsi spesso farraginosi, accidentati e non lineari per i cittadini.
“È come se prevenzione, cura, intervento e mantenimento, fine vita fossero passaggi slegati tra di loro dove i cittadini per ogni setting debbano attivarsi autonomamente. E il sospetto che tale percorso accidentato e anche un po' schizofrenico valga un po' per tutte le aree lo abbiamo guardando, ad esempio, alle carenze del territorio, alle difficoltà ormai insostenibili del sistema Pronto Soccorso, al tema sempre più infuocato del personale sanitario.”.
“Quello che emerge da questi dati – continua Rosati - è un quadro in evoluzione che non ha ancora completato il percorso di recupero rispetto ai numeri del 2019 se non per le prestazioni strumentali. Ma è un quadro con poche luci e molte ombre. Se a questo colleghiamo il Rapporto sui Distretti Sanitari nel Lazio, presentato a maggio scorso https://lazio.cittadinanzattiva.it/salute/rapporti/43-presentazione-report-distretti-sanitari-nel-lazio.html, o il Rapporto civico sulla salute e il Rapporto sul PNRR e la sanità territoriale abbiamo di fronte un quadro che ci indica già da un lato le questioni aperte e dall’altro correttivi necessari e urgenti alla luce delle sfide della sanità territoriale. Ma d’altronde gli errori di impostazione sul PNRR pesano e peseranno sul futuro in modo determinante se non si apre un percorso di partecipazione attiva che, finora, su questo punto specifico è del tutto mancato.
Se come emerge dal Rapporto sul PNRR e la sanità territoriale sono state progettate le Case della Comunità, luoghi deputati a accogliere le richieste di salute più “vicine” ai territori, e in alcuni contesti provinciali ne abbiamo 3 (ASL Rieti) mentre in altre zone della Regione appare un territorio poco e/o per nulla coperto (vedi provincia di Viterbo), come si immagina di far arrivare/portare le persone (spesso anziane, spesso sole e pluripatologiche) in queste Case della Comunità?
Gli Ospedali di Comunità nel Lazio confermano una tendenza: tutto verso Roma e dintorni. Basta guardare la mappa della geolocalizzazione di queste strutture. Anche qui domande tante.
Ma in sostanza l’errore di base di questa programmazione è stato anche, e non solo, non coinvolgere le organizzazioni civiche e le associazioni dei malati cronici e rari”.
“Per questo, anche per questo motivo, conclude Rosati, “chiediamo alla Regione Lazio, al Presidente Rocca di avviare anche con noi una azione di dialogo, confronto e modifica di questo assetto che va a incidere sul futuro dei servizi sociosanitari e potrebbe mettere a rischio le stesse azioni di riorganizzazione della attuale amministrazione se si mantiene questo “disegno”. Noi siamo a disposizione e faremo la nostra parte”.
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