Raccolte in video le testimonianze e le proposte dei pazienti
In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, svoltasi domenica 28 febbraio, la Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH) ha raccolto in video, attraverso la campagna “Diamo Colore alle Nostre Voci”, le risposte dei pazienti con malattia di Huntington a tre domande: cosa vuol dire avere una malattia rara? Cosa vuol dire avere la Huntington? Se fossi il Ministro della Salute, cosa faresti?
Ne è venuto fuori uno spaccato di bisogni che in parte è comune ad altre malattie rare e in parte è specifico della Huntington, patologia rara neurodegenerativa, genetica, ereditaria, prevedibile con un test genetico ma non ancora prevenibile né curabile in via risolutiva. In particolare, la malattia di Huntington mette le persone che sono a rischio di ereditarla nella condizione di potersi rendere conto, in piena coscienza e in anticipo, di ciò a cui andranno incontro: disturbi del comportamento e del movimento e declino cognitivo provocano un lento ma progressivo cambiamento della persona affetta, che ‘diventa un’altra’.
La comunità Huntington si è mostrata reattiva e propositiva: le voci dei pazienti non si sono infatti colorate solo di informazioni importanti sulla malattia, ma anche di proposte e potenziali linee di lavoro per le istituzioni.
1 - Accesso alle cure più semplice e più equo.
Semplificare le procedure di accesso alle cure. Renderle uniformi su tutto il territorio nazionale. La burocrazia troppo spesso si rivela un ostacolo al diritto d'accesso. A parità di esigenze del paziente, l’accesso alle prestazioni non è uniforme. Le differenze tra le regioni creano, di fatto, pazienti ‘di serie A’ e pazienti ‘di serie B’.
2 - Formazione degli operatori sanitari.
Investire risorse nella preparazione degli operatori. L’impreparazione dei clinici e degli operatori sanitari è riscontrata molto, troppo, frequentemente.
3 - Aiuti economici.
Sostenere le famiglie coinvolte. Il peso economico della malattia è alto. Soprattutto nella fase più avanzata, quando il paziente non è più in grado di provvedere a sé stesso. Il partner, laddove presente, è costretto a ridurre l’orario di lavoro (e quindi la retribuzione) per poterlo assistere. Gli aiuti economici previsti ad oggi, non risultano sufficienti a garantire dignità e qualità di vita alle famiglie.
4 - Riconoscimento dei caregiver familiari.
Formalizzazione del supporto ai Caregiver. Essere caregiver di un malato Huntington vuol dire dedicarsi completamente al lui, fare di tutto per rendere la sua vita migliore. È fondamentale che il disegno di legge sui caregiver venga ripreso e portato a termine. È necessario che il loro ruolo venga, non solo riconosciuto, ma anche sostenuto con incentivi adeguati e continuativi che tengano debitamente conto della cronicità e degenerazione di molte malattie rare.
5 - Ricerca scientifica.
Sostenere la ricerca, quantitativamente e qualitativamente. La ricerca è l’unica speranza concreta per moltissime malattie rare. L’Huntington, seppur trattabile, non dispone ancora di una prospettiva terapeutica risolutiva. I pazienti chiedono investimenti per la ricerca mirati e trasparenti. Finalizzati alla cura della malattia, anche nelle sue varianti più rare e più severe.
6 - Qualità della vita.
Prendere provvedimenti in ambito socio-sanitario. Prendersi cura di un malato raro vuol dire curarlo dal punto di vista clinico, ma anche sostenerlo da un punto di vista sociale. Le famiglie Huntington sentono il bisogno di un supporto più integrato da parte delle Istituzioni. Un supporto che si estenda dal sanitario al sociale. Il sostegno psicologico, lavorativo e scolastico è ancora insufficiente.
7 - Più spazio alle malattie rare nelle decisioni di politica sanitaria.
Co-progettare gli interventi sulle malattie rare insieme agli Enti del Terzo Settore (ETS). Il nostro Paese ha una grande opportunità: fondi europei a disposizione da investire nella salute entro il 2023. Le organizzazioni delle malattie rare dovrebbero essere coinvolte per promuovere: scambio di conoscenza, attenzione all’assistenza di prossimità e rafforzamento della telemedicina. È essenziale, inoltre, orientare le risorse nel Piano Nazionale Malattie Rare, ancora fermo.
8 - Medicina del territorio.
Non solo ospedali. Ripensare il modello assistenziale ‘ospedale-centrico’ entrato in crisi con il COVID-19 e trasformarlo in un modello ‘persona-centrico’, anche coinvolgendo i rappresentanti dei pazienti.
9 - Strutture di degenza adeguate e accessibili.
Rendere disponibili strutture di lungodegenza con personale preparato e costi controllati. Quando le persone affette da Huntington perdono la loro autonomia, fisica e mentale, i caregiver familiari non bastano più. I pazienti hanno bisogno di essere assistiti in strutture territoriali di degenza. Queste, quando presenti, hanno spesso due forti carenze: personale non adeguatamente formato e costi elevati.
Quanto emerso dalle voci dei pazienti Huntington risulta essere perfettamente in linea con la Relazione Programmatica dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare “Malattie Rare come priorità di sanità pubblica: le cinque necessità inderogabili dei pazienti”.
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