Il dr. Maurizio Pieroni, dirigente medico del dipartimento di Cardiologia dell'ospedale San Donato di Arezzo, spiega ad Osservatorio Malattie Rare le metodologie e gli obiettivi terapeutici per la malattia di Fabry, una sindrome rara causata da accumulo lisosomiale, dovuta alla carenza dell’enzima alfa galattosidasi, che porta all’accumulo di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (Gb3), nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo con danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso.
“Al giorno d’oggi la malattia è curabile, dal 2001 è in commercio infatti la terapia enzimatica. Oggi quindi abbiamo i dati di oltre 15 anni di terapia, di conseguenza riusciamo a capire come e quanto funziona, e come farla funzionare meglio. Inoltre siamo in grado di comprendere gli obiettivi terapeutici della terapia enzimatica e di quella non enzimatica, specialmente quelli cardiologici.”
“Il primo obiettivo terapeutico – spiega il dr. Pieroni - è quello di fare una diagnosi precoce, perché quanto prima viene diagnosticato il coinvolgimento cardiaco, tanto prima viene iniziata la terapia enzimatica e tanto migliori sono gli effetti di quest’ultima sul cuore. Comunque gli obiettivi che dobbiamo prefiggerci ovviamente cambiano a seconda di vari fattori, come l’età e la gravità iniziale del quadro cardiaco e sistemico.”
“Quando si parla di terapia enzimatica – continua Pieroni - la parola d’ordine è stabilizzare la malattia. A medio breve termine potrebbero essere disponibili anche delle nuove terapie da somministrare da sole o in aggiunta alla terapia enzimatica come le molecole chaperoniche, che potrebbero migliorare o addirittura in futuro sostituire la terapia enzimatica, e così dovremo riconsiderare i nostri obiettivi terapeutici. Quindi stabilizzare è un obiettivo importante senza però precluderci la possibilità di far regredire il danno a carico delle cellule e dei tessuti e sarà sempre più possibile quanto noi saremo più bravi a capirne i meccanismi”.
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