Quali sfide l’Italia dovrà affrontare per migliorare la vita dei pazienti affetti da emofilia? Ce lo spiega la dottoressa Chiara Biasoli, Responsabile del Centro Emofilia di Cesena, in occasione della Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si celebra il prossimo 17 Aprile.

“Lo sviluppo degli inibitori nei pazienti emofilici rappresenta una grande sfida nel trattamento di questa patologia e attualmente rappresenta  la maggior complicanza. La presenza di inibitori è un importante limite alla terapia sostitutiva: neutralizzano il FVIII o il FIX rendendo inefficace qualsiasi modalità terapeutica sia a domanda che in regime di profilassi.

La famiglia, il paziente - spiega la dottoressa Biasoli - al momento della diagnosi, hanno appena accettato una malattia cronica ‘inguaribile’ ma curabile attraverso la somministrazione del fattore. Oggi possiamo affermare che attraverso la diffusione della profilassi primaria e anche secondaria i nostri pazienti possono avere una qualità della vita veramente buona. Ma quando compaiono gli inibitori  i familiari, i pazienti si trovano di fronte – e noi medici insieme a loro prosegue l’ematologa -  alla ‘vecchia emofilia’. E allora per tutti è una sconfitta, è un dover ricominciare... Insieme dobbiamo riprendere in mano 'la malattia'. Si parla allora di agenti bypassanti, regimi di immunotolleranza, immunomodulatori.  

Tra noi medici – continua la Biasoli - spesso manca la consapevolezza che per molti di questi pazienti può essere presa in considerazione la profilassi eseguita correttamente nei dosaggi e nelle modalità perchè anche in questi casi profilassi può significare prevenzione.

La mia esperienza di pazienti con inibitori è con i bambini. A volte  utilizzando  l'agente bypassante in profilassi la vita di questi ragazzini, e dei loro familiari, rifiorisce e si può tornare lentamente ad una condizione di quasi normalità”.

In Italia si stima che solo il 28% circa dei pazienti con inibitore sia trattato in profilassi. “In Italia – spiega ancora la Responsabile del Centro Ematologia di Cesena - una delle motivazioni alla base di questa scarsa adesione potrebbe essere correlata alla possibilità di eseguire profilassi con prodotto plasmatico ed alla continua ricerca di evidenza. Attraverso la condivisione di esperienze e la raccolta di casi clinici si potrebbe incrementare l’applicazione di profilassi .In questo gruppo di pazienti ognuno ha una propria  storia clinica emorragica, artropatie già instaurate o meno, una emotività familare; tutti questi fattori vanno tenuti in considerazione per fare il meglio per ciascuno di loro sulla base delle evidenze” .

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