Ansia e depressione nell’acromegalia

La letteratura sul tema è limitata, ma evidenzia la necessità di approfondire gli studi sulle psicopatologie associate alla malattia per trovare una soluzione terapeutica efficace

Quando un adulto produce troppo ormone della crescita (GH) o fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1) insorgono delle complicanze morfologiche e sistemiche che possono essere molto difficili da gestire. L’acromegalia è una rara malattia invalidante che insorge in età adulta e causa malformazioni e complicazioni sistemiche. Con l’avanzamento delle terapie a disposizione si è registrato un miglioramento significativo nella morbilità e nella mortalità dei pazienti, ma questo non è direttamente associato a un miglioramento della qualità della vita, che viene influenzata dalla presenza di diverse comorbilità, in particolare il dolore cronico e i disturbi psichici. Infatti, circa un terzo dei pazienti soffre di depressione e ben due terzi di ansia, a cui si aggiungono i disturbi della personalità. Uno studio pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism fa una breve analisi delle ricerche pubblicate sul tema.

TROPPO ORMONE DELLA CRESCITA

L’acromegalia è una malattia cronica che si manifesta di solito tra i 20 e i 40 anni e, nella maggior parte dei casi, è causata da un adenoma ipofisario. Questa forma tumorale induce un aumento nella secrezione di GH, con conseguenze a livello di tutto l’organismo. I sintomi più riconoscibili sono dita grosse e spesse, allargamento degli arti superiori e inferiori e i lineamenti grossolani (ad esempio a causa di zigomi sporgenti, naso ingrossato, mandibola ingrossata e conseguenti problematiche ai denti). A questo si aggiungono le complicanze reumatiche, cardiovascolari, respiratorie e metaboliche, che sono variabili a seconda dei casi e ne determinano la prognosi. Esiste poi una forma genetica molto rara che esordisce nell’infanzia e dipende dalla secrezione dell’ormone di rilascio dell’ormone della crescita.

L’acromegalia ha una incidenza annuale che varia da 1/91.000 e 1/526.000 (dati Orphanet) e, a causa dell’esordio insidioso e della lenta progressione, viene diagnosticato con anni di ritardo. Questo ha delle conseguenze importanti sulla vita dei pazienti perché un ritardo nelle cure si traduce in un maggior rischio di complicanze e un tasso di mortalità più elevato.

LE CONSEGUENZE NON SONO SOLO SOMATICHE

Dalla pubblicazione si evince che i fattori principali che determinano una scarsa qualità di vita nell'acromegalia includono i sintomi muscoloscheletrici, che causano dolore cronico, e i disturbi mentali. Sebbene l’approccio multidisciplinare - spesso frutto di una combinazione di chirurgia e farmaci - che viene utilizzato per l’acromegalia abbia migliorato la gestione della malattia, non risulta molto efficace nella gestione dei disturbi mentali. Come spiegato nello studio, la prima descrizione di psicopatologie nei pazienti con acromegalia risale al 1951, in cui veniva riportato che “i pazienti erano spesso ottusi e apatici, presentavano frequentemente disturbi mentali ricorrenti di breve durata, umore irritabile, temperamento violento, aumento dell'apatia e pigrizia”. Da allora sono stati fatti molti passi avanti e diversi studi hanno portato a una migliore comprensione del problema, anche se una soluzione terapeutica efficace ancora non è stata trovata.

L'acromegalia è associata a cambiamenti morfometrici progressivi che hanno dimostrato di avere un impatto negativo sulla percezione del proprio aspetto e sul mantenimento delle relazioni sociali. Questo conferma la necessità di migliorare le tempistiche della diagnosi, in modo da evitare danni irreversibili e complicanze gravi ma anche tutte le altre conseguenze che la malattia porta con sé. Tra le psicopatologie più comuni associate all'acromegalia ci sono la depressione, l'ansia e i disturbi affettivi, oltre alle disfunzioni sessuali, che sono considerate sia una conseguenza che una causa nello sviluppo di queste condizioni. Le ricerche analizzate nello studio hanno mostrato una correlazione consistente tra l’acromegalia e queste condizioni: sebbene spesso il confronto tra studi diversi sia in qualche modo difficile a causa della variabilità dei criteri diagnostici, delle tecniche di valutazione e dei gruppi di controllo, circa un terzo dei pazienti con acromegalia manifesta sintomi di depressione. Uno studio precedente ha rilevato tassi di disturbi affettivi nel corso della vita di circa il 35% nei pazienti con acromegalia. Due ampi studi multicentrici italiani hanno riportato tassi comparabili di sintomi depressivi, che vanno dal 28% al 30% con una percentuale significativa di pazienti che presentano manifestazioni gravi. Un altro studio ha riportato che circa due terzi dei pazienti con acromegalia soffrono di ansia, e addirittura la metà riferisce sintomi gravi.

Inoltre, sia l'ansia che la depressione risultano non solo più diffuse ma anche più gravi nei pazienti più giovani e con una minore durata della malattia. È stato anche riportato che le donne con acromegalia percepiscono le modifiche al corpo con maggiore frequenza e gravità rispetto ai maschi, e il disturbo dell'immagine corporea è risultato peggiore nelle giovani pazienti, il che porta a ipotizzare che una peggiore percezione dell'immagine corporea possa anche contribuire alla depressione e all’ansia. Secondo i dati analizzati, il 50% delle donne affette da acromegalia presenta disturbi riproduttivi, caratterizzati da irregolarità mestruali e riduzione del tasso di fertilità, mentre il 60% dei pazienti maschi presenta disfunzione erettile. Anche in questo caso si tratta di sintomatologie che possono indurre stati d’ansia e depressione.

NON SOLO ACROMEGALIA

Molte delle anomalie psicopatologiche descritte non sono specifiche dell'acromegalia e si riscontrano in diversi tumori ipofisari. Alcuni tratti, ad esempio, sono riscontrabili anche nei pazienti con sindrome di Cushing, rara condizione che deriva da un eccesso di cortisolo nell’organismo. Anche in questo caso può essere collegato alla presenza di un tumore che colpisce l’ipofisi e viene definita malattia di Cushing. Sebbene lo studio di revisione sia breve, viene evidenziato che in letteratura sono presenti indizi che suggeriscono un effetto diretto della malattia stessa. Infatti, il GH, l'IGF-1 e i loro recettori sono ampiamente espressi nel cervello, in particolare nelle aree associate alla funzione neurocognitiva. Inoltre, è stato precedentemente dimostrato che l'acromegalia è associata a un aumento del volume dell'ippocampo e ad anomalie microstrutturali. Questi risultati suggeriscono un effetto diretto del GH e dell'IGF-1 su aree specifiche del cervello che sono notoriamente associate alla funzione neurocognitiva. L'acromegalia è anche caratterizzata da un aumento significativo delle microemorragie, che sono associate al declino cognitivo.

POCHE INFORMAZIONI, POCHE TERAPIE

Il limite principale dello studio, come sottolineato nelle conclusioni dello stesso, è rappresentato dalla scarsa letteratura sull'argomento: aumentare le ricerche su questa malattia potrebbe portare a un miglioramento nella gestione dei pazienti. Le prove sull'effetto della terapia medica per l'acromegalia sui disturbi mentali sono scarse e questi disturbi possono persistere in pazienti in remissione da oltre un decennio. Questi sono un importante determinante della qualità di vita, evidenziando ulteriormente il bisogno clinico di terapie mirate in grado di contrastare queste manifestazioni cliniche.

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