Il dato emerge da uno studio condotto da ricercatori dell'IFOM di Milano con la collaborazione dell’Istituto Nazionale dei Tumori
Milano – La leucemia linfatica cronica (LLC) è il tipo di leucemia più diffuso di leucemia nei Paesi occidentali (15-20% di tutti i casi di leucemia) e ha un’incidenza di 1-2 casi all’anno ogni 100.000 individui. “È una malattia complessa – premette il prof. Valter Longo, dell’IFOM di Milano – con forme indolenti e altre aggressive, che richiedono approcci terapeutici distinti”. I pazienti che manifestano una forma indolente mostrano una progressione lenta, mentre quelli che affrontano una variante aggressiva hanno un accumulo rapido di linfociti leucemici nel midollo osseo e nei tessuti linfoidi. L’accumulo sostituisce progressivamente le normali cellule ematopoietiche, portando infine a una citopenia ematica, ossia a una carenza di tutti gli altri tipi di cellule e componenti essenziali del sangue, tra cui un’estrema riduzione dei livelli di piastrine e dell’emoglobina, con effetti potenzialmente letali.
Mentre la forma aggressiva dev’essere trattata immediatamente, per la LLC indolente i medici spesso seguono una strategia di “watch and wait” (in italiano, letteralmente, “osservare e attendere”). Tale approccio consente di monitorare l'evoluzione clinica dei pazienti e di iniziare trattamenti farmacologici solo in caso di segni di peggioramento.
Esistono diverse opzioni terapeutiche per il trattamento della LLC, che vanno dalla chemioterapia all’immunoterapia a diverse terapie mirate. Nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi dieci anni, la ricerca di nuovi approcci di cura sostenibili ed efficaci rimane imperativa, soprattutto per un sottogruppo di pazienti che presenta forme particolarmente aggressive di LLC, caratterizzate da alterazioni del gene P53. In questo contesto alcuni farmaci sperimentali, come per esempio il bortezomib, stanno emergendo come promettenti.
Già in passato i ricercatori del laboratorio “Longevità & Cancro”, guidato da Valter Longo all’IFOM, avevano dimostrato che la dieta mima digiuno rende chemioterapia, immunoterapia e altri trattamenti più efficaci contro vari tipi di tumori solidi. “In questo nuovo studio, invece – spiega Longo – ci siamo focalizzati sulla ricerca di una terapia che fosse meno tossica per il trattamento di un tumore del sangue”.
Prosegue Longo: “Grazie al lavoro condotto da Franca Raucci e Claudio Vernieri – i due primi autori dell’articolo – abbiamo osservato, in esperimenti con topi affetti da leucemia, che la dieta mima digiuno può neutralizzare in parte i linfociti tumorali. Ciò sembra avvenire in parte grazie alla riduzione dei livelli di fattori di crescita, che di per sé pare rallentare la progressione tumorale”.
“In questo studio – precisa Vernieri – sono anche stati esaminati gli effetti di otto cicli consecutivi di dieta mima digiuno in due pazienti affetti da LLC. Abbiamo osservato che, dopo 5-6 anni di approccio watch and wait, per nessuno dei due è stato necessario iniziare un trattamento farmacologico. Si tratta di un risultato preliminare ma promettente”.
I dati raccolti dovranno essere confermati in studi molto più ampi, sia di laboratorio sia clinici. Per il momento indicano che il digiuno ciclico o la dieta mima-digiuno in topi di laboratorio contrastano o rallentano la patologia. “Tuttavia – prosegue Raucci – abbiamo notato che utilizzando la dieta mima digiuno o il digiuno come unico intervento si ottiene, sì, un rallentamento nella progressione tumorale, ma le cellule tumorali continuano comunque a crescere piuttosto rapidamente. Pertanto abbiamo combinato cicli di dieta mima digiuno o di digiuno con due farmaci mirati, il bortezomib e il rituximab, ottenendo un forte potenziamento dell’effetto dei cicli di dieta contro la patologia.” Questa combinazione sembra agire bloccando le ‘via di fuga’ che si attivano durante il digiuno, attivando l’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata, aumentando significativamente la sopravvivenza dei topi affetti da LLC.
“Questi risultati – fanno notare i due primi autori dell’articolo – suggeriscono che l'integrazione del digiuno ciclico con farmaci mirati non chemioterapici, come bortezomib e rituximab, potrebbe essere una strategia terapeutica efficace e innovativa per contrastare la LLC”.
Se sarà validata clinicamente in studi clinici con ampie casistiche, questa strategia potrebbe essere utilizzabile per il trattamento della leucemia linfatica cronica e potrebbe portare un notevole beneficio a molti pazienti oncologici in terapia, soprattutto quelli più anziani e quelli sottoposti a molteplici farmaci che attivano il sistema immunitario e che causano forti effetti collaterali.
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