Ci sono malattie rare che possono colpire anche l’intimità più profonda di una persona: una di queste è senza dubbio la sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser, o più semplicemente sindrome di Roki, che interessa in Italia un centinaio di donne, ma che ha un’incidenza di 1-9 persone ogni 100mila. Questa sindrome, che viene diagnosticata generalmente nella prima adolescenza, causa il mancato sviluppo degli organi riproduttivi della donna: la mancanza di mestruazioni è infatti il segno più evidente di questa malattia rara. Apparentemente sembra tutto normale, ma la donna che ne è colpita di conseguenza non potrà mai procreare.
In Italia esiste l’associazione ANIMrkhS Onlus (Associazione Nazionale Italiana Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser), costituito proprio dalle ‘ragazze Roki’, che vuole uscire allo scoperto, farsi conoscere. E che, attraverso una lettera aperta, vuole trasmettere a tutti, soprattutto ai politici e alle Istituzioni, il desiderio più grande di queste donne, quello di poter diventare madri, scegliendo liberamente il percorso attraverso cui raggiungere questo traguardo, che sia l’adozione, o la maternità surrogata.
“Abbiamo una malformazione “invisibile” – spiega Maria Laura Catalogna, presidente dell’associazione ANIMrkhS nella lettera scritta assieme alle altre donne colpite da questa malattia – che si chiama Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser. Noi la chiamiamo Roki, è più semplice pronunciarla ma quanto è difficile accettarla. È una condizione congenita caratterizzata dalla mancata formazione (totale o parziale), della vagina e dell’utero. Questa può essere isolata oppure associata ad altri difetti a livello renale, vertebrale, cardiaco. Poiché i genitali esterni e le ovaie sono presenti (anche se queste ultime possono essere dislocate in sedi anomale), e dunque sono presenti anche i caratteri sessuali secondari, la sindrome viene in genere scoperta solo durante l’adolescenza, intorno ai 14-16 anni, per la mancata comparsa delle mestruazioni”.
“La sindrome – continua la lettera - comporta impossibilità ad avere rapporti sessuali e infertilità completa, dovuta alla mancanza di utero. Quello che si sa è che, durante la vita embrionale, lo sviluppo dell’apparato riproduttivo ha inizio, ma si arresta prima del completamento”.
Altrettanto gravi sono le ripercussioni psicologiche: “Le ragazze si sentono diverse, incomplete, inferiori perché non hanno le mestruazioni come tutte le loro amiche e compagne di scuola; e quando scoprono di non poter avere rapporti sessuali, hanno in genere una forte crisi di identità e di autostima. Per di più non possiamo procreare. È difficile accettare che si parli di adozione e utero in affitto come fanno i media e i politici, senza pensare che c’è qualcuno che li ascolta e che sta male per le loro parole discriminatorie. È tempo che si parli della possibilità per noi di scegliere il percorso della maternità surrogata, che ci permetterebbe di diventare madri di bambini geneticamente nostri. È tempo che si parli della possibilità per noi di adottare bambini senza lunghe liste di attesa. È tempo che si parli della possibilità per noi di essere riconosciute come malattia rara. Siamo una minoranza e come tale discriminata come molte altre. Ci sentiamo diverse più che mai e non credo sia giusto. Con questa lettera vorremmo solo far saper all’Italia che noi esistiamo, viviamo e combattiamo ogni giorno e speriamo in un futuro dove poter vedere i nostri figli giocare nel prato”.
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