Sindrome dell’odore di pesce, la testimonianza di Laura: la mia vita con la TMAU

Il suo appello: se sospettate la trimetilaminuria cercate la diagnosi. Se non facciamo sapere che ci siamo saremo sempre dei malati invisibili

“Ho capito di avere “questa cosa” quando ero adolescente, anche se ho ottenuto la diagnosi solo pochi mesi fa – racconta Laura, trentenne lombarda – ma ora ho compreso, ricostruendo a posteriori, che il mio odore era diverso da quello degli altri già da piccola.

Parliamo della trimetilaminuria , nota anche come TMAU: un difetto genetico ereditario dovuto a mutazioni a carico del gene FMO3 che un punto di vista strettamente medico non comporta rischi, ma che può essere decisamente invalidante dal punto di vista sociale. Chi né è affetto emana un odore peculiare, riconducibile a quello del pesce marcio, che può essere percepito come fortemente fastidioso. In alcuni casi al punto da isolare letteralmente le persone che lo emanano.

Io però non sentivo – spiega Laura -  e continuo a non sentire questo odore. Né su di me, né su mio fratello, anche lui affetto dalla mia stessa mutazione genetica. A 13 anni per la prima volta una compagna di banco mi disse “il tuo alito puzza di pesce”. A me pareva strano, considerando che la sera prima avevo mangiato tutt’altro e a colazione non avevo di certo ingerito del pesce. Ci rimasi male, ma non diedi particolare peso all’episodio. I problemi sono iniziati al liceo. Frequentavo un liceo femminile ed erano molto frequenti le scenate in cui si chiedeva a gran voce di spalancare le finestre per mandare via la puzza. Fino al liceo però non ho mai avuto commenti diretti sul mio odore, non ho mai sospettato nulla. Ho iniziato a capire che qualcosa non andava mano a mano che i commenti aumentavano. Mi lavavo spesso, usavo deodoranti e borotalco, ma tutto sommato “questa cosa” – come la chiama Laura – non mi ha mai limitato veramente nei rapporti sociali. Così come non ha mai limitato mio fratello, che ha qualche anno più di me, ma con il quale non avevamo mai affrontato il tema.”

Verso i 18 anni Laura ha iniziato a fare delle ricerche online. In italiano non esisteva nulla, ma lei trova diverso materiale in inglese e capisce che quello poteva essere proprio il suo problema. Comprende che si tratta di una questione metabolica, ma che anche gli ormoni giocano un ruolo importante.

 “I sintomi peggiorano a prescindere dalla dieta, prima e durante il ciclo mestruale: mi sono accorta che l’odore viene percepito molto di più in quei giorni.  Ho imparato molto anche dalle testimonianze degli altri pazienti: lo stress sicuramente alcune persone assumono ansiolitici e antidepressivi per controllare lo stress derivato da ansia sociale e paranoia che le colgono mentre sono in luoghi pubblici, a scuola e a lavoro. Non possiamo applicare profumi, creme profumate e qualsiasi altro prodotto per la pelle che non sia molto basico, con ph da 4,5 a 5,5, altrimenti andrebbero in conflitto con la TMA che viene rilasciata dalla nostra pelle, peggiorando notevolmente l’odore.”

Nonostante Laura avesse maturato la consapevolezza di avere la TMAU non ne ha mai parlato con la famiglia, o con i medici.

“Forse da un lato non l’ho fatto perché la mia vita andava bene così. Ho sempre avuto amici, relazioni sentimentali. Forse non l’ho fatto per paura: di non essere capita, per paura di colpevolizzare i miei genitori di una mutazione genetica ereditaria che potrebbero avermi trasmesso loro. Sono fidanzata da 8 anni, ma ho parlato apertamente con lui solo dopo aver ottenuto la diagnosi. A posteriori il mio fidanzato mi ha raccontato di aver percepito, in alcune occasioni, un odore particolare. Ma a detta sua mai così fastidioso da farlo allontanare da me.”

Parlare apertamente non è facile. Questa patologia può comportare l’emanazione di odori anche molto forti. Ci sono persone che sono state isolate fin da piccole, emarginate brutalmente, con il rischio di sviluppare patologie psichiatriche quali depressione, disturbi d’ansia o dell’umore e analoghi. Anche se non si tratta del caso di Laura, lei è ben consapevole della portata sociale di questa sindrome.

 “Ho deciso di cercare una conferma diagnostica perché, anche se io lavoro per la stessa azienda da tempo senza problemi, leggo di molte persone che a causa dell’odore che emanano vengono continuamente licenziate, isolate, mobbizzate. Penso che la diagnosi possa essere una tutela, si tratta di una condizione che in alcuni casi può essere anche molto disabilitante. Ritengo giusto che ci siano delle tutele legali per chi ne è affetto. Voglio provare a seguire la dietoterapia, unico possibile strumento per tenere sotto controllo l’odore tipico della trimetilammina, che io non riesco a metabolizzare e quindi rilascio attraverso sudore, urine e respiro. Si tratta però di una dieta piuttosto drastica, che va seguita sotto controllo medico e va monitorata costantemente. Inoltre sono convinta che ci siano molte persone nella mia situazione, che non sanno di avere questa sindrome. Il fatto che ci siano 20 persone con la malattia oppure 2000 può cambiare radicalmente la prospettiva, se non facciamo sapere che ci siamo saremo sempre dei malati invisibili e per noi non ci sarà mai una cura.”

Laura oggi è seguita dall’Equipe Medica dedicata alla cura e assistenza dei pazienti affetti da Malattie Metaboliche presso la Pediatria dell’Ospedale San Paolo di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo, diretta dal Dr. Giuseppe Banderali.

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