I dati presentati riguarìdano il trattamento di patologie del sangue come l’emofilia A, i linfomi e l'emoglobinuria parossistica notturna
Monza – In occasione del 64° Congresso dell’American Society of Hematology (ASH), tenutosi dal 10 al 13 dicembre 2022, Roche ha presentato nuovi importanti dati relativi al suo portfolio di trattamenti di punta in ambito ematologico. I dati presentati riguardano il trattamento di numerose patologie del sangue, tra cui l'emofilia A, alcune tipologie di tumori del sangue, come il linfoma non-Hodgkin (NHL), e altre malattie come l'emoglobinuria parossistica notturna (PNH).
Emicizumab in emofilia
I risultati ad interim dello studio di Fase III HAVEN 7 dimostra che emicizumab ha permesso di ottenere un significativo controllo del sanguinamento, con un profilo di sicurezza favorevole, nei neonati (fino a 12 mesi) con emofilia A grave, senza inibitori del fattore VIII: il 77,8% dei partecipanti non ha avuto sanguinamenti che richiedessero un trattamento, e il 42,6% non ha avuto alcun sanguinamento, trattato o non trattato. In totale si sono verificati 77 sanguinamenti in 31 pazienti (57,4%); l’88,3% era traumatico. Il tasso di sanguinamento annualizzato (ABR) medio basato su modelli al momento dell’analisi ad interim era di 0,4 per i sanguinamenti trattati.
Questi risultati contribuiscono a supportare l’uso di emicizumab nei pazienti con emofilia A, per i quali il farmaco è già approvato in molti paesi del mondo. Questa patologia, infatti, ha un grande impatto sulla vita del bambino e dei suoi genitori, e le linee guida della World Federation of Haemophilia considerano la profilassi regolare iniziata in giovane età come standard di cura una. Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che la profilassi precoce migliora gli outcomes a lungo termine, riducendo al contempo il rischio di emorragia intracranica. Nonostante questo, molti neonati con emofilia A non iniziano la profilassi fino al primo anno di vita. Emicizumab offre un’opzione terapeutica efficace e flessibile che può essere somministrata per via sottocutanea a diverse frequenze di dosaggio fin dalla nascita.
A confermare il profilo di sicurezza di emicizumab sono stati presentati anche i dati del database European Haemophilia Safety Surveillance (EUHASS) e dello studio prospettico osservazionale ATHN 7. I dati del database EUHASS – che raccoglie dati di pratica clinica sulla sicurezza dei trattamenti per le malattie ereditarie – hanno dimostrato che il profilo di sicurezza di emicizumab nei pazienti con emofilia A era favorevole e in linea con i dati degli studi clinici. I dati dello studio ATHN 7 – che esplorano l’efficacia di emicizumab nelle donne con emofilia A – hanno dimostrato che due delle tre donne partecipanti non avevano sanguinamenti; la terza presentava un sanguinamento trattato associato a una procedura odontoiatrica e uno non trattato associato al ciclo mestruale. La valutazione continua è fondamentale per comprendere meglio il profilo di sicurezza ed efficacia di emicizumab in questa tipologia di pazienti rara e sottorappresentata.
Polatuzumab vedotin nel linfoma diffuso a grandi cellule B
Un secondo importante risultato presentato da Roche al 64° Congresso dell’American Society of Hematology (ASH) riguarda nuovi dati e aggiornamenti sul suo anticorpo farmaco-coniugato polatuzumab vedotin. I dati dello studio POLARIX supportano il potenziale beneficio di polatuzumab vedotin in combinazione con rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone (R-CHP) nel migliorare gli esiti per i pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) non trattato in precedenza.
I dati a tre anni sulla sopravvivenza libera da progressione (PFS) hanno continuato a mostrare una riduzione statisticamente significativa del rischio di progressione della malattia o di decesso con polatuzumab vedotin in associazione a R-CHP rispetto a rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone (R-CHOP). Dopo un follow-up mediano di 39,7 mesi, i dati sulla sopravvivenza globale (OS) erano prematuri, con pochi eventi in ciascun braccio, e sono rimasti simili tra polatuzumab vedotin in associazione a R-CHP e R-CHOP. Nel corso dell’analisi di follow-up più estesa non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza.
Sono stati presentati anche i dati sulla qualità della vita correlata alla salute (HRQoL) dello studio POLARIX, i quali dimostrano che la maggior parte dei pazienti con DLBCL non precedentemente trattato che ha ricevuto polatuzumab vedotin in associazione a R-CHP oppure R-CHOP ha riportato miglioramenti clinicamente significativi nei sintomi del linfoma dopo il primo ciclo di trattamento in entrambi i bracci (rispettivamente 82,3% e 81,3%). I miglioramenti nell’affaticamento e nella funzionalità fisica sono stati simili con polatuzumab vedotin più R-CHP rispetto a R-CHOP, con il 74,8% rispetto al 68,2% dei pazienti che ha segnalato miglioramenti nell’affaticamento e il 42,4% rispetto al 39,6% che ha segnalato miglioramenti clinicamente significativi nella funzionalità fisica in ogni momento dello studio. I miglioramenti riportati sono stati mantenuti durante e dopo la terapia di prima linea, fino al follow-up di 24 mesi. Quest’analisi HRQoL dello studio POLARIX dimostra che i risultati riportati dai pazienti non subiscono l’effetto del miglioramento della PFS, il che evidenzia il potenziale di polatuzumab vedotin nel contribuire a gestire l’impatto complessivo in termini di mortalità e disabilità del DLBCL.
Glofitamab e mosunetuzumab nei linfomi
Nel trattamento dei linfomi, Roche è stata tra i pionieri nello sviluppo di anticorpi bispecifici attivanti i linfociti T. Durante il congresso dell’ASH ha presentato i dati clinici aggiornati dei suoi anticorpi bispecifici CD20xCD3. I risultati aggiornati dell’anticorpo sperimentale bispecifico glofitamab suggeriscono che abbia il potenziale per essere il primo anticorpo bispecifico CD20XCD3 che può essere somministrato per un periodo di tempo fisso a pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivato o refrattario (R/R) pesantemente pretrattati. Questi dati sono stati presentati al congresso e allo stesso tempo pubblicati online dal New England Journal of Medicine. Inoltre, anche i dati aggiornati dell’anticorpo bispecifico mosunetuzumab hanno continuato a dimostrare un impatto clinicamente significativo nei pazienti pluritrattati con linfoma follicolare (LF). Mosunetuzumab, che è stato approvato dalla Commissione Europea, è un trattamento a durata fissa che può essere somministrato in regime ambulatoriale, il che potrebbe offrire ai pazienti la possibilità di ottenere una remissione duratura con un periodo libero dal trattamento.
Crovalimab nell’emoglobinuria parossistica notturna
Tra i dati presentati da Roche al Congresso ASH vi sono quelli relativi allo studio di Fase III COMMODORE 3, condotto in Cina, i quali dimostrano che crovalimab, un nuovo anticorpo monoclonale anti-C5 riciclante, è efficace e ben tollerato nelle persone con emoglobinuria parossistica notturna (EPN).
La EPN è una malattia ematologica estremamente rara e potenzialmente fatale in cui i globuli rossi vengono presi di mira e distrutti dal sistema del complemento – un elemento del sistema immunitario innato – causando sintomi come anemia, affaticamento, coaguli di sangue e disturbi renali. Gli inibitori del fattore C5 del complemento si sono dimostrati efficaci nel trattamento di questa patologia. Crovalimab è stato sviluppato per consentire un'inibizione duratura del complemento, riducendo potenzialmente il peso del trattamento associato alle terapie attualmente disponibili.
Lo studio COMMODORE 3 comprendeva i dati di 51 partecipanti con EPN, che hanno ricevuto crovalimab per via sottocutanea ogni quattro settimane durante il periodo primario dello studio. I risultati hanno dimostrato che gli endpoint co-primari di efficacia – il controllo dell’emolisi e l’evitamento delle trasfusioni, due indicatori del controllo della malattia – sono stati soddisfatti. La percentuale media di soggetti con controllo dell’emolisi dalla settimana 5 alla settimana 25 è stata del 78,7%. La differenza tra la percentuale di soggetti con ET entro 24 settimane prima dello screening (0,0%) e la percentuale di soggetti con ET dal basale fino alla settimana 25 (51,0%) era statisticamente significativa. L’ET significa che le persone sono libere da trasfusioni e non devono più sottoporvisi, secondo le linee guida specificate dal protocollo. Nella EPN la necessità di trasfusioni è un’importante misura clinica dell’emolisi causata dalla disregolazione del complemento.
Inoltre, la percentuale di soggetti con emolisi intercorrente (utilizzata per misurare una perdita di controllo della malattia) dall’inizio fino alla settimana 25 è stata del 3,9% e la percentuale di soggetti che hanno raggiunto la stabilizzazione dell’emoglobina è stata del 51%. È stato inoltre segnalato un miglioramento rapido, clinicamente significativo e mantenuto nel tempo dello stato di affaticamento entro due settimane dal trattamento con crovalimab, secondo la scala FACIT-Fatigue. I dati complessivi sulla sicurezza erano coerenti con il profilo di sicurezza noto degli inibitori di C5 e la malattia di base, dimostrando che crovalimab è stato ben tollerato, senza che fossero identificati nuovi segnali relativi alla sicurezza.
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