Il medico ha partecipato anche alla stesura del documento del Comitato Nazionale di Bioetica
ROMA - Il Dottor Carlo Corbetta, direttore del Laboratorio di Riferimento Regionale per lo Screening Neonatale in Lombardia, ha fatto parte del gruppo di lavoro composto dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) e il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV), che si è impegnato in anni recenti a progettare una modalità nazionale di conservazione del materiale biologico proveniente dallo screening neonatale.
“E’ stato di grande rilievo che il gruppo misto CNB-CNBBSV – spiega Corbetta –abbia posto fra i suoi obiettivi recenti la valutazione dell’importanza rappresentata dall’enorme patrimonio costituito dal materiale biologico derivante dai test di screening neonatale, conservato oggi in Italia in condizioni spesso non adeguate e difformi da Regione a Regione. Dopo una prima fase valutativa si è giunti alla redazione di un documento, pubblicato nel 2010 in Italia e oggi riproposto anche sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, che per il momento è unicamente orientativo, ma che dovrebbe servire a codificare una procedura nazionale per la conservazione di questo materiale.”
Conservare le macchie di sangue essiccato rappresenta un grandissimo potenziale per la ricerca, perché da questi campioni si può estrarre, fra l’altro, il DNA, materiale di fondamentale importanza per gli studi di genomica. Per questo motivo è necessario pensare a una modalità unica ed uniforme nel territorio nazionale di conservazione del materiale e delle informazioni da esso ricavate, che rispetti la privacy di donatori e famiglie e che superi le questioni etiche che possono sorgere in merito.
“La modalità prevista dovrebbe fare si che i campioni siano conservati, con modalità standardizzate, per circa due anni presso il laboratorio regionale che ha effettuato i test e poi trasferiti presso una biobanca con sede all’ISS – spiega Corbetta - in forma anonimizzata, attraverso l’utilizzazione di meccanismo identificativo basato su una codifica di ogni singolo campione con uno specifico sistema di “codici a barre” non decrittabbile dal gestore della biobanca nazionale. I campioni dovrebbero essere conservati fino a un massimo di diciassette anni, fino alla maggiore età del legittimo possessore del materiale”.
Per quanto invece riguarda la tutela della privacy sarà necessario unificare le procedure di informazione e di eventuale dissenso informato che oggi differiscono regione per regione.
“Due sono i punti fondamentali a tal riguardo. Un primo punto riguarda la volontarietà dell’adesione al progetto di raccolta del materiale biologico: solo una corretta informazione, che deve essere offerta a tutti i partecipanti allo screening, può permettere una decisione consapevole.
Il secondo punto riguarda il problema dell’eventuale consenso informato, che dovrebbe essere visto non tanto come autorizzazione legale ma come concetto di ‘donazione’ consapevole. Questo approccio permetterebbe di superare parzialmente la logica della raccolta del consenso informato, di difficile gestione pratica al momento della nascita, fermo restando che nell’eventuale modulo di donazione i genitori possano decidere fra differenti opzioni relative ad un possibile uso diversificato dei materiali stessi (azioni di verifica e al controllo di eventuali parametri errati, utilizzazione a scopo di ricerca in forma anonimizzata, ulteriori eventuali approfondimenti diagnostici di possibile attuazione in funzione dell’avanzamento delle conoscenze con possibilità – per tale scopo – di essere ricontattati in futuro, ecc.)”
“Delineare quella che potrebbe essere una modalità sperimentale per la conservazione del materiale DBS a livello nazionale non è semplice. – prosegue Corbetta - Deve essere prevista una rete informatica comune a tutti i centri di screening e alla bio-banca centrale, perché le informazioni necessarie all’utilizzazione dei materiali conservati possano essere scambiate velocemente e in modo sicuro. Devono inoltre essere definite le procedure tecniche inerenti la corretta conservazione protratta, il reperimento dei materiali necessari allo sviluppo di specifici progetti di ricerca, le modalità d’accesso all’utilizzazione dei materiali da parte dei centri di ricerca che ne fanno richiesta, temi che in parte sono stati già affrontati nel documento redatto dal gruppo misto CNB-CNBBSV. Si tratta quindi di un progetto non certo a costo zero, saranno necessari dei finanziamenti nell’ordine delle decine o centinaia di migliaia di euro e questo rappresenterà sicuramente un forte ostacolo alla realizzazione del progetto stesso.”
Costi elevati dunque per questo progetto, che però andrebbe a migliorare decisamente la situazione attuale. “La modalità di conservazione attuale – spiega Corbetta – è deficitaria e assolutamente non standardizzata. L’uniformità sul territorio nazionale è necessaria perché le cose possano funzionare, così come appare sempre più necessario che anche la politica sui programmi di screening neonatale sia regolamentata ad un livello di centralità nazionale, al fine di garantire ad ogni nuovo nato un’offerta uniforme ed universale, indipendentemente dal luogo geografico di nascita.”
Ed è proprio di questo argomento che il Dott. Corbetta si sta occupando, anche quale rappresentante tecnico della Regione Lombardia, partecipando ad uno specifico tavolo tecnico della Conferenza Stato Regioni. “In Italia la situazione degli screening neonatali è inaccettabile, non esiste uno standard nazionale né per lo svolgimento dei test né per la presa in carico. Per questo motivo con molti colleghi in Italia ed in molti ambiti e contesti operativi stiamo lavorando affinché possa essere delineata una modalità generale per l’affermazione di un moderno e sicuro “sistema screening” nel nostro Paese, che delinei il processo e le azioni necessarie dall’informazione preventiva, all’esecuzione dei prelievi e dei test di laboratorio, alla comunicazione dei risultati, alle azioni indispensabili di conferma diagnostica, sino alla presa in carico del neonato risultato affetto ed alla valutazione dei risultati (a breve, medio, lungo termine).”
“Lo screening neonatale – conclude Corbetta – è un argomento delicato, porta con se implicazioni etiche che devono essere valutate attentamente. Ciò che è certo è che vogliamo offrire ai neonati italiani un programma di screening uniforme, superando l’attuale logica localistica”.
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