Lo studio, condotto grazie a una collaborazione tra 8 centri italiani, è il più vasto finora

GENOVA - Grazie alla disponibilità di trasfusioni sicure e terapie chelanti, i pazienti affetti da beta-talassemia major hanno oggi una qualità e un'aspettativa di vita nettamente migliori a un tempo, tuttavia il prolungamento della vita media dei pazienti ha evidenziato numerose condizioni associate alla malattia e alle sua cura, in particolare a carico delle ossa, come osteopenia e osteoporosi, che colpiscono trasversalmente adulti e bambini di entrambi i sessi.
Circa il 50 per cento dei pazienti in cura per beta-talassemia major infatti presenta osteoporosi e diminuzione della densità minerale ossea, che è associata all'aumento della probabilità di fratture e a dolore osseo.
Un nuovo studio di fase 2, pubblicato su "British Journal of Haematology"e svolto grazie a una collaborazione tra 8 centri specializzati in tutta Italia, ha testato l'efficacia del neridronato, molecola già studiata per la cura dell'osteogenesi imperfetta e della malattia di Paget, in 118 pazienti affetti da beta talassemia major con osteoporosi.

Il neridronato è un ammino-bisfosfonato di terza generazione, che, in diversi studi ha dimostrato di essere in grado di inibire il riassorbimento osseo, presentando pochi effetti collaterali.

 

I pazienti sono stati divisi in due gruppi, un gruppo ha ricevuto infusioni di neridronato ogni 3 mesi insieme a un supplemento di calcio e vitamina D ogni giorno, mentre al secondo gruppo sono stati somministrati solamente il calcio e la vitamina D giornalieri, per un periodo di 12 mesi, durante i quali è stata misurata periodicamente la densità minerale ossea ed è stato proposto un questionario per valutare le variazioni nella percezione del dolore.

Dopo 6 e 12 mesi il gruppo che ha ricevuto il neridronato mostrava livelli di densità minerale ossea significativamente maggiori (+3,1 per cento) rispetto all'altro gruppo (+0,5 per cento) a livello lombare e dei fianchi, mentre a livello del collo del femore la differenza è diventata rilevante dopo 12 mesi.
A 3, 6 e 12 mesi i pazienti del primo gruppo hanno inoltre notato una diminuzione del dolore alla schiena significativamente maggiore rispetto all'altro gruppo; infine, a partire dal terzo mese dello studio, il gruppo neridronato ha ridotto del 50 per cento l'assunzione di farmaci analgesici, rispetto al 30 per cento dell'altro gruppo.

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