Prof. Paolo Nucci - nistagmo infantile

La sindrome del nistagmo infantile è una forma idiopatica di cui si sa ancora molto poco. Ma è sempre possibile avere una buona qualità della vita

 “Ai genitori dei miei piccoli pazienti porto sempre l’esempio di un mio compagno di studi al corso di laurea in Medicina. Era un ragazzo albino, ipovedente e con un nistagmo piuttosto impegnativo. Eppure il suo unico disagio era quello di non poter guidare l’automobile, per il resto ha fatto un ottimo percorso accademico e il nistagmo non gli ha impedito di diventare un eccellente radiologo. Per questo dico sempre ai genitori: il problema principale sarà spiegare ai vostri figli perché non possono prendere la patente”. Paolo Nucci è professore ordinario di Oftalmologia all’Università di Milano e da alcuni anni anche presidente del Comitato tecnico scientifico sul Nistagmo idiopatico dell’associazione Nistagmo Italia, membro dell’Alleanza Malattie Rare. Presso la Clinica Universitaria dell’Ospedale San Giuseppe, ogni settimana su circa 200 controlli tra i 6 e gli 8 riguardano nuovi piccoli pazienti con nistagmo. E ogni volta si tratta dell’incontro con un bambino e una famiglia che va informata, guidata e, soprattutto, rassicurata.

Professore, che cos’è esattamente il nistagmo?

Il termine nistagmo indica semplicemente un movimento oculare involontario e incontrollato, che prevede necessariamente una fase lenta. L’occhio, infatti, compie dei movimenti rapidi e dei movimenti lenti. I movimenti rapidi, le cosiddette saccadi, hanno la funzione di portare rapidamente l’oggetto di interesse sulla fovea, la regione della retina in cui viene focalizzata la nostra attenzione visiva. I movimenti lenti, invece, sono movimenti di inseguimento, che consentono una visione chiara degli oggetti. È un’anomalia dei movimenti lenti a definire quella condizione patologica detta nistagmo, che può essere accertata e diagnosticata attraverso l’osservazione clinica da parte dell’oculista.

Il nistagmo può essere considerato una patologia?

Di per sé il nistagmo può essere soltanto un sintomo e non una patologia vera e propria. Esiste, tuttavia, una specifica condizione, la cosiddetta Infantile Nystagmus syndrome o sindrome del nistagmo infantile che rappresenta una patologia a sé stante. Si tratta di una forma idiopatica, cioè non correlata ad altri tipi di problemi, che noi medici non abbiamo ancora compreso completamente. In altri casi, invece, il nistagmo può essere causato da patologie neurologiche che, tra i vari sintomi, includono anche il movimento incontrollato degli occhi.

Quali sono le cause del disturbo?

Come già detto il nistagmo può essere idiopatico, cioè senza causa apparente, ma può anche essere il segno di altre patologie. Una delle sue cause più frequenti è l’albinismo, una malattia che comporta la scarsa pigmentazione degli occhi. In questo caso il nistagmo è causato da un numero insufficiente di fotorecettori della zona centrale della retina. In altri casi, invece, il nistagmo infantile può dipendere da un difetto del meccanismo di controllo dei movimenti oculari, che provoca un disturbo nella visione. È come se qualcuno alzasse al massimo l’amplificazione, mentre teniamo un microfono in mano: si percepirebbe un fischio, un disturbo sonoro. Il nistagmo può essere paragonato a quel fischio, in quanto rappresenta un movimento esagerato degli occhi, che induce questa instabilità nella fissazione di un oggetto. Spesso faccio questo esempio ai genitori per aiutarli a capire come funziona il disturbo.

Cosa comporta avere il nistagmo?

Sia che dipenda alla scarsità dei fotorecettori sia che sia dovuto al movimento incontrollato degli occhi, il nistagmo comporta comunque una diminuzione della capacità visiva. Nei casi più fortunati, i pazienti hanno un tempo di fissazione visiva più prolungato e il disagio visivo è contenuto, in altri casi con una posizione anomala del capo ottengono stabilità e sono proprio questi che traggono vantaggio da un intervento chirurgico. Questa operazione, che può essere molto efficace, è indicata però solo in questo gruppo di pazienti, ecco perché il quadro deve essere attentamente valutato dallo specialista. Per trarne maggiori benefici è molto importante, quando ci sia indicazione, ricorrere alla chirurgia in giovane età, preferibilmente prima della pubertà.

Il nistagmo è una malattia rara?

Il nistagmo viene considerato una malattia rara, ma purtroppo non abbiamo dei numeri affidabili circa l’incidenza e la prevalenza. Com’è noto l’Italia è caratterizzata da una situazione di scarsissima ricerca dal punto di vista epidemiologico ed è per questo che le associazioni dei pazienti, quando sono ben organizzate, possono essere fondamentali anche sotto questo profilo.

E può considerarsi una malattia genetica?

Pur non avvenendo nella totalità dei casi, ci sono situazioni in cui il nistagmo ha una componente genetica. Purtroppo, la ricerca non ha ancora identificato l’intero spettro dei geni coinvolti. Attualmente, noi oftalmologi pediatrici italiani, di concerto con l’associazione Nistagmo Italia, stiamo collaborando a un progetto genetico sul sequenziamento dell’esoma nel nistagmo idiopatico a cui, oltre alle Università di Milano, Napoli e Pavia, partecipano gli ospedali pediatrici Gaslini di Genova, Meyer di Firenze e Bambino Gesù di Roma. In particolare stiamo portando a termine uno studio prospettico osservazionale su un ampio numero di bambini, che ci consentirà di capire meglio quali siano le connotazioni geniche classificate.

Quali sono le cure attualmente disponibili?

Al di là dell’intervento chirurgico, che tuttavia non è sempre possibile effettuare, oggi non esistono farmaci in grado di stabilizzare il nistagmo se non in caso di oscillopsia, un disturbo visivo paragonabile alla sensazione di veder vibrare l’ambiente come il tremolio di una gelatina. In questi casi alcuni farmaci nati nell’ambito neurologico, come la memantina e la gabapentina, sono in grado di ridurre il disagio legato alla percezione di un mondo in continuo movimento.

Qual è il suo rapporto con i genitori dei suoi giovani pazienti?

I genitori hanno sempre delle paure, delle angosce e una serie incalcolabile di quesiti, a cui noi medici dobbiamo dare risposta anche quando pensiamo di aver fornito tutte le informazioni necessarie. Ma sono stati gli stessi genitori a insegnarmi come rapportarmi con loro, sono state         le famiglie a guidarmi nella scelta della narrazione migliore per comunicare il problema e rasserenare chi affrontava in maniera drammatica una condizione più innocente di quello che si pensa. Purtroppo le liste di attesa, le richieste sempre crescenti di salute e le fatiche dovute alla professione rischiano di impedire ai medici di essere empatici come dovrebbero. Vorrei si comprendesse il peso di rapportarsi con delle famiglie in difficoltà. Dover trovare le parole giuste per comunicare a dei genitori che il proprio bambino ha problemi di vista e magari dover ripetere ad altri genitori le stesse cose solo qualche minuto più tardi rappresenta un enorme fardello psicologico anche per il medico. In alcuni casi questo può costituire l’anticamera del burn out. È ormai chiaro che i medici andrebbero affiancati da psicologi, che possano prendere in carico gli aspetti più strettamente umani ed esistenziali, perché purtroppo da sola la buona volontà spesso non è sufficiente.

Per approfondire leggi anche: “Ricerca, sostegno alle famiglie e sensibilizzazione: ecco gli obiettivi di Nistagmo Italia”.

 

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