Molti medici non conoscono la malattia e poi, fatta la diagnosi, spesso la prognosi è peggiore del reale

“Gentile direttore, e’ nostro interesse divulgare la patologia in quanto, come risultato da statistiche condotte dall’Università Oculistica di Tubinga (Germania) sembra che in Italia sia colpita 1 persona ogni 50.000 abitanti. Questa rara malattia congenita è sconosciuta e/o confusa anche agli stessi oculisti in quanto, nella loro carriera professionale non hanno mai avuto occasione di conoscere un acromate”. Comincia così la lettera che Elisabetta e Gianni Luchetta, della vicepresidente dell’Associazione Acromati Italiani onlus con sede in provincia di Trento ha scritto pochi giorni fa al quotidiano on line Bergamo Sera (Clicca qui per la legge la versione integrale) . “La vita di queste persone – raccontano - è molto dura, spesso traumatica. La nostra esperienza personale ha inizio con la nascita del nostro primo figlio Lorenzo. Trascorsi i primi mesi dove i bambini non appaiono diversi gli uni dagli altri verso i sette mesi ci siamo accorti che forse nel nostro piccolo Lorenzo qualcosa era incerto, aveva iniziato a sviluppare alcuni strani sintomi: i suoi occhi avevano iniziato ad oscillare da un lato all’altro (nistagmo orizzontale pendolare) e i movimenti oculari erano irregolari. Aveva iniziato a strizzare gli occhi e a socchiuderli di continuo quando era esposto alla luce intensa, evitava il contatto diretto, cosa che non faceva prima. In precedenza, infatti, aveva talvolta persino guardato diritto il sole senza segni di affaticamento, e spesso dovevo girarlo dall’altra parte, preoccupata che potesse danneggiare i suoi occhi a questo punto dopo aver consultato parecchi medici generici ed oculisti da ogni parte di Italia che non seppero dare alcuna spiegazione ai sintomi, approdammo ad un prestigioso professore di oculistica. Fu diagnosticata acromatopsia totale, cioè cecità totale ai colori, associata a nistagmo orizzontale pendolare, avversione alla luce e ridotta acuità visiva. All’età di soli nove mesi Lorenzo ricevette per regalo il suo primo paio di occhiali scuri, per proteggere gli occhi dal sole e luce intensa”.
I medici allora diedero alla famiglie poche speranze che il figlio potesse acquisire la capacità di leggere normalmente e consigliarono di insegnargli il Braille.    

“In quel momento mi sono sentita morire – racconta Elisabetta - da quel momento è iniziata la nostra battaglia”. Comincia così per la famiglia una strada ben nota a chi soffre di malattie rare, la ricerca di informazione, i tanti consulti e le molte opinioni differenti degli esperti. “Ben presto ci accorgemmo che Lorenzo era completamente cieco per i colori – raccontano ancora i genitori -  quando usava matite o pastelli per colorare, confondeva sempre i colori, infrangendo tutte le convenzioni e le “regole” sui colori “giusti” da usare: colorava tranquillamente il cielo di verde chiaro, di giallo o di rosa; l’erba e le foglie arancione o blu scuro; il sole bianco o blu chiaro, e così via. Veniva sempre corretto nella scelta dei colori da quelli che ne sapevano di più, e spesso rinunciava a dipingere o colorare i suoi disegni. Credo che per Lorenzo il momento più brutto iniziò con la scuola, infatti diventò per lui molto chiaro che la sua vista ere diversa da quella degli altri bambini. All’età di otto anni, mi chiese perché lui era diverso dagli altri e non poteva vedere ciò che gli altri bambini normalmente vedono”.     

Il problema più importante per Lorenzo è ridurre l’intensità della luce che entra nei suoi occhi. La strategia più ovvia è, naturalmente, semplicemente evitare la luce intensa e diretta. Stare in ambienti chiusi o all’ombra è un modo per ottenerlo se non c’è alcuna ragione particolare per stare esposti alla luce solare. E’ anche necessario proteggere gli occhi dalla luce diretta ed intensa con le mani o con una visiera. Di solito porta occhiali da sole; in particolare, le lenti sono molto scure o adattate tipo uso dei filtri speciali. Oggi Lorenzo è grande, frequenta il quarto anno di Architettura, nella sua vita ha fatto sport, ama disegnare, ha molti amici e tutto sommato è felice. “Mi auguro che queste note molto personali e piuttosto private – scrive Elisabetta – siano utili per i ricercatori della visione e per coloro che sono a contatto con acromati completi tipici”.

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