Gellona (Confindustria Dispositivi Medici): “Auspichiamo di poter ragionare con il Ministero per un aggiornamento del Nomenclatore”
Non è da molto che lo Stato italiano ha deciso di riconoscere “il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme”. Lo scorso 20 settembre, infatti, con la seconda e ultima deliberazione da parte della Camera dei Deputati, è terminato l’iter legislativo per l’approvazione del disegno di legge costituzionale n. 715-B che inserisce lo sport in Costituzione, modificando l’Art. 33 e introducendo un nuovo comma.
“Pur rilevando la bontà del provvedimento – commenta Anita Pallara, presidente dell’associazione Famiglie SMA e atleta di powerchair football – è impossibile non pensare a quanta strada ci sia ancora da fare per garantire la pratica sportiva alle persone con disabilità, che spesso necessitano di protesi e ausili di alta tecnologia, ancora oggi non forniti dal Sistema Sanitario Nazionale. Il Nuovo Nomenclatore tariffario degli ausili e le protesi avrebbe potuto rappresentare una speranza in tal senso, ma si è rivelato in realtà una cocente delusione”.
Come già abbiamo avuto modo di vedere, il Nuovo Nomenclatore degli ausili e le protesi sarà pienamente operativo il 1° aprile 2024 e renderà fattivo il recepimento dei LEA previsti dal DPCM 2017. All’interno dell’elenco di dispositivi, però, non figurano gli ausili da utilizzare per l’attività sportiva. Per approfondire questa e le altre criticità abbiamo intervistato la dott.ssa Fernanda Gellona, Direttore Generale di Confindustria Dispositivi Medici.
Dottoressa Gellona, a seguito dell’approvazione del Decreto Tariffe avete sollevato alcune carenze, in particolare, sul contenuto del Nuovo Nomenclatore per ausili e protesi. Da quanto valutato, a suo avviso, cosa c’è e cosa manca? Cosa secondo lei è particolarmente utile o cosa invece è venuto a mancare? Ci sono delle categorie di prodotto particolarmente penalizzate?
Il problema a monte del nomenclatore tariffario, e in generale dei LEA, è che vengono aggiornati troppo raramente. Un aggiornamento con cadenza circa decennale come quello operato fino a oggi, infatti, genera inevitabilmente delle storture e delle disequità, soprattutto per quanto riguarda il nostro settore dei dispositivi medici, di cui fanno parte anche la protesica e gli ausili. Le innovazioni tecnologiche che, progressivamente, portano l’introduzione sul mercato di nuovi prodotti fanno anche sì che questi stessi prodotti possano rapidamente diventare obsoleti. Nel settore dei dispositivi medici in generale ci sono tutta una serie di aggiornamenti e innovazioni incrementali che evidentemente necessiterebbero di una gestione con una periodicità più breve, anche perché si rischia comunque di pagare prodotti che sono ormai obsoleti e quindi sostanzialmente meno performanti, lasciando così fuori dal mercato a carico del Servizio Sanitario Nazionale - quindi a tutela di chi non ha le possibilità di comprare privatamente - le innovazioni che di solito sono più all’avanguardia e danno risposte migliori. La prima fonte di disequità nei confronti dei cittadini è proprio questa quindi: ci si ritrova nelle condizioni in cui l'innovazione tecnologica una persona è costretta a pagarla di tasca propria, e questo è un discrimine. Dall’altro lato, se pensiamo all’ottica delle imprese, è evidente che gli sforzi che esse fanno per innovare, vengono vanificati perché, di fatto, i prodotti che sono frutto di queste stesse innovazioni, non rientrano tra quelli forniti dal Servizio Sanitario Nazionale. Salvo che, e questa è l'altra stortura del nostro sistema, le varie regioni non decidano autonomamente di dispensare questi prodotti innovativi. Ed ecco che dall’autonomia regionale sulla scelta dei prodotti possiamo ricavare un altro elemento di disequità tra i cittadini, che si ritrovano ad aver diritto ad ausili e dispositivi più o meno innovativi a seconda del territorio di residenza. Nella fattispecie quindi come Confindustria Dispositivi Medici auspichiamo di poter ragionare con il Ministero per un aggiornamento del Nomenclatore che preveda l'ingresso appunto di prodotti innovativi, a partire da quelli destinati all’attività sportiva, che al momento sono rimasti esclusi.
Parlando, in particolare, di ausili adattati per lo sport che non sono stati inseriti nella recente normativa, qual è il vostro orientamento?
Non c'è dubbio che le nostre imprese siano riuscite a mettere a punto dei dispositivi che consentono a chi ha dei problemi o delle carenze fisiologiche o fisiche di poter fare sport. È noto che l'attività sportiva aiuta anche da un punto di vista psicologico e di integrazione sociale. Noi ne parliamo da molto tempo, tanto che alcuni anni fa, in audizione presso la Commissione Sanità della Camera, abbiamo argomentato sul valore integrativo e re-integrativo dello sport per coloro, soprattutto giovani, che a seguito di una sopraggiunta patologia o disabilità rischiano veder limitata una vita e una socialità piene e attive. È chiaro quindi che pensare a inserire ausili protesici a fini sportivi tra quelli forniti dal SSN sarebbe molto importante, si tratta solo di riconoscere prodotti che, da un punto di vista industriale, già esistono.
Insieme ad Assortopedia, Fish onlus e Simfer avete poi denunciato un difetto nella procedura di erogazione di questi dispositivi, causato dallo spostamento di molti dispositivi su misura nella categoria “in serie”, che andrebbe a penalizzare le persone con disabilità grave e complessa. Ci spiega meglio questo problema?
Questa criticità deriva direttamente dal DPCM 2017, per il quale è stata fatta una scelta orientata alla riduzione dei prodotti custom made (prodotti su misura), a favore di quelli “di serie”. Questo perché molti prodotti che in precedenza necessitavano di personalizzazioni sono, con l’andare del tempo, divenuti sempre più “di serie”. Dobbiamo però dire che questo “taglio” è stato un po’ troppo drastico. Infatti, se è pur vero che, proprio a causa degli aggiornamenti di Nomenclatore così distanti nel tempo, negli elenchi vecchi c'erano molti prodotti indicati come su misura che oggi sono di serie, è altrettanto vero che non c’è solo la polarizzazione che distingue i prodotti “custom” da quelli “di serie”. Esiste infatti una “via intermedia” molto importante, costituita dagli ausili di serie adattabili. Oggi abbiamo dei prodotti che sono industriali, quindi di serie, ma che consentono degli adattamenti che sono fatti ad personam. L’esempio più chiaro di “ausili di serie adattabili” sono le carrozzine. Basta guardarsi in giro per vedere carrozzine anche molto diverse tra loro, dall’ultra leggera da viaggio alla elettrificata, passando per tutta una serie di tipologie intermedie. Ma anche tra queste, poi, le differenze da una all’altra sono radicali, con possibilità di intervenire su meccanismi di guida, schienale, cuscino, ecc. Poiché questa e alcune altre categorie di prodotti quando è stato redatto il primo elenco non esistevano, la fattispecie della personalizzazione di un prodotto di serie è del tutto ignorata dall’attuale Nomenclatore. Non solo, la necessità che rileviamo è che la procedura di individuazione, di erogazione e di acquisto deve essere ad hoc. Infatti, mentre per i prodotti di serie si può immaginare di fare una gara in cui “vince il migliore”, per i prodotti adattabili credo che sia evidentissimo che la gara non è una strada percorribile.
Alla luce di questi tagli mi sorge un dubbio: se noi dovessimo mettere una a fianco all'altra le liste di dispositivi, ausili e protesi, di vecchio e Nuovo Nomenclatore c'è una riduzione di quello che poi l'utente finale deve eventualmente sostenere di tasca propria oppure no? Lato innovazione apportata dalle aziende, invece, c'è un maggiore allineamento con quello che si trova oggi sul mercato?
No, non ci siamo. Evidentemente lo sforzo di aggiornamento fatto nel 2017 è stato molto importante, però parliamo comunque di sei anni fa. È chiaro quindi che se il cittadino vuole avere accesso agli ultimi ritrovati tecnologi per gli ausili, ahimè deve poterli pagare di tasca propria. Con questo non voglio dire che il documento sia completamente da buttare, diciamo però che c’è molta strada da fare per portarlo a essere uno strumento al cento per cento utile e attuale.
Alla luce di questo, avete rilevato una demotivazione da parte delle aziende nell'andare a migliorare e migliorarsi, a ottimizzare la tecnologia e a ricercare per avere il prodotto nuovo più performante?
Il rischio che l’Italia corre è esattamente questo. Lo scenario è tale per cui chi continua a investire sono le imprese. Da una parte quelle nazionali che hanno il proprio sbocco nell'export, grazie soprattutto al grande apprezzamento dei prodotti italiani all’estero. Pertanto il cittadino che può permettersi di pagare trova anche in Italia le innovazioni. Quando si tratta di imprese a capitale estero, invece, il rischio è semplicemente che l’Italia non veda più l’arrivo del prodotto innovativo. Oggi ci sono ancora aziende che fanno questi sforzi, ma sono sempre meno e se non ci saranno segnali concreti di un'attenzione a questo settore la fine è già scritta. Il rischio che ci sia un depauperamento dell'offerta tecnologica in Italia, negli ausili così come in tutti gli altri dispositivi, dunque è reale.
Il tema dell’inadeguatezza del nomenclatore tariffario è stato ampiamente trattato nel VII Rapporto Annuale OSSFOR, pubblicato nel dicembre 2023. Il Rapporto è scaricabile gratuitamente qui.
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