La Sindrome di Angelman è una sindrome genetica, descritta la prima volta nel 1965 dal pediatra inglese Harry Angelman, causata dall’assenza di una porzione del cromosoma 15 (porzione contrassegnata come 15q11-q13). La malattia si osserva solo nelle persone in cui la mancanza riguarda il cromosoma 15 di origine materna. A causa di un complesso meccanismo biologico chiamato imprinting, infatti, i geni contenuti in questa porzione del cromosoma 15 sono funzionanti solo nel cromosoma materno, e sono "spenti "in quello paterno.
Il codice di esenzione per la Sindrome di Angelman è RN1300.

Manifestazioni iniziali - I bambini alla nascita possono presentare con frequenza problemi di alimentazione con difficoltà di suzione o rigurgito, alcuni di essi soffrono di infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie. La scoliosi e l’obesità possono rappresentare un problema nell’età adulta. Il ritardo dello sviluppo psicomotorio è già evidente intorno ai 6 mesi di vita, ma le caratteristiche peculiari della Sindrome di Angelman non si manifestano prima del primo anno di vita e possono trascorrere parecchi anni prima che una corretta diagnosi clinica possa essere definita.
Sintomi - La Sindrome di Angelman è caratterizzata da ritardo grave dello sviluppo psicomotorio, linguaggio gravemente compromesso o assente, deficit dell’equilibrio dinamico e movimenti scoordinati (atassia) con tremori agli arti, comportamento tipico caratterizzato da contegno generalmente felice e facilità nella relazione, iperattività motoria, ipereccitabilità con ridotto span attentivo, rari accessi di riso immotivato. Queste caratteristiche sono comuni a tutte le persone affette. Altri tratti frequenti, presenti nell’80% dei casi, sono la microcefalia, che si rende evidente dopo i 2 anni di vita e le crisi epilettiche che insorgono generalmente entro i 3 anni di vita.

I pazienti con Sindrome di Angelman possono essere suddivisi in 5 specifiche classi eziologiche a cui corrispondono meccanismi biologici e rischi di ricorrenza differenti:
1) delezione della regione SA/SPW sulla copia del cromosoma 15 (regione 15q11-q13) ereditato dalla madre;
2) disomia uniparentale paterna;
3) difetto del centro dell’imprinting (IC);
4) mutazione del gene UBE3A;
5) meccanismi genetici non ancora identificati.
Gli individui con delezioni del cromosoma 15q11-q13 hanno un quadro clinico più severo e sono più inclini a sviluppare una grave epilessia. L’esatta incidenza della Sindrome di Angelman è tuttora incerta. I dati relativi alla prevalenza della malattia non sono noti con esattezza, infatti una recente revisione indica una stima pari ad 1 caso su 10.000 - 40.000 nati.

Terapie - Non esiste attualmente una cura per la patologia. I principali sforzi terapeutici mirano alla riabilitazione psicomotoria, alla ricerca, alla stimolazione di una modalità di comunicazione alternativa al classico linguaggio verbale e alla terapia delle crisi epilettiche. L'acido valproico (sodio valproato), le benzodiazepine e l'etosuccimide, in varie combinazioni, sono piuttosto efficaci nel trattamento dei vari tipi di crisi epilettiche. Il piracetam può aiutare a ridurre il mioclono distale. Carbamazepina e vigabatrin possono aggravare l'assenza e le crisi miocloniche (spasmi) e dovrebbero essere evitati.

L’Organizzazione Sindrome di Angelman (OR.S.A.)  è nata con l’obiettivo di creare un punto di riferimento per tutte le famiglie con un figlio colpito dalla Sindrome di Angelman. Aggregazione, coesione, ricerca, presenza locale, qualità della vita, sono alcuni dei principi e valori di riferimento che l’associazione porta avanti da oltre 20 anni. L’associazione ha individuato una serie di centri di riferimento per la Sindrome di Angelman, consultabili a questo link.

L’esperienza della ricerca per conoscerla meglio, il coinvolgimento delle famiglie per vivere meglio.

Il 28 marzo dalle ore 9 alle ore 16, presso la Fondazione Santa Lucia a Roma, si terrà una giornata informativa a carattere scientifico sulla Sindrome di Angelman - ricerca e tecniche di riabilitazione.

Durante l'evento saranno trattate tematiche quali: le caratteristiche cliniche della sindrome di Angelman: dal bambino all’adulto, il registro nazionale malattie rare: strumento di ricerca e di sanità pubblica, indicazioni terapeutiche e riabilitative, l'attuale stato della ricerca e le prospettive.

La scoperta della Vanderbilt University statunitense

Il modo più rapido per determinare l'efficacia dei farmaci sperimentali attualmente in fase di sviluppo per il trattamento della sindrome di Angelman, potrebbe essere il monitoraggio dell’orologio biologico dei pazienti. E’ quanto emerge dallo studio sul ritmo circadiano e la sindrome di Angelman della Vanderbilt University, pubblicato nel mese di febbraio sulla rivista Current Biology, che stabilisce un legame a livello molecolare tra il rallentamento del ritmo cicardiano nel cervello dei pazienti affetti dalla sindrome e i deficit genetici che ne causano la condizione.

Il 15 febbraio si celebrerà l’International Angelman Day, giornata internazionale di sensibilizzazione sulla sindrome di Angelman.

A Milano, OR.S.A. - Organizzazione Sindrome di Angelman, organizza il convegno “La sindrome di Angelman”, in collegamento con le associazioni impegnate in tutto il mondo per diffondere le conoscenze sulla malattia.

Uno studio statunitense chiarisce il ruolo della dopamina in alcune forme della rara patologia

Da un anno a questa parte la Sindrome di Angelman, un raro disordine dello sviluppo neurologico di origine genetica, viene trattata con il farmaco L-DOPA.
La Levadopa, un intermedio nella via biosintetica della dopamina utilizzata comunemente per il trattamento del morbo di Parkinson, è stata utilizzata per la Sindrome di Angelman sulla base della somiglianza di alcuni dei sintomi delle due patologie.

La Sindrome di Angelman (AS) è un disordine dello sviluppo neurologico di origine genetica. Una recente ricerca della University of North Carolina School of Medicine sembra aver individuato la causa delle crisi epilettiche che interessano il 90 per cento dei pazienti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuron, è stato condotto dal team di ricerca di Benjamin D. Philpot, professore di fisiologia molecolare e cellulare. Secondo il gruppo di ricercatori le crisi epilettiche nei pazienti con AS potrebbero dipendere da uno squilibrio nell’attività di specifiche tipologie di cellule cerebrali.

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