Molti pazienti incorrono in una malattia rara in momenti ben precisi della loro esistenza: il più delle volte capita nei primi anni di vita ma può accadere anche nei giorni subito successivi alla nascita. Esistono malattie che possono, addirittura, avere esordio prima della nascita di un bambino e che hanno conseguenze fatali, come nel caso dell’ipofosfatasia (HPP), una patologia molto più che rara (una persona ogni 100.000 nati vivi può esserne afflitta) nella quale si osserva un difetto di mineralizzazione ossea causato da una diminuzione di attività della fosfatasi alcalina sierica e ossea.
La HPP è una malattia genetica innescata dalle mutazioni a carico del gene ALPL che codifica per la fosfatasi alcalina tessuto-non specifica, e può manifestarsi in forme cliniche diverse, a seconda dell’età della diagnosi. La forma perinatale letale è contraddistinta da un intenso processo di demineralizzazione dello scheletro che avviene già in utero e può essere accompagnato da polidramnios e rachitismo del tronco. Capita di frequente che i neonati non sopravvivano al parto e, in quelli che ci riescono, il decesso avviene qualche giorno più tardi a causa delle gravi complicanze a livello respiratorio (polmoni ipoplasici).
Purtroppo non esiste ancora una terapia per la HPP e, pertanto, la descrizione di un caso clinico riportata sulla rivista European Journal of Pediatrics ed effettuata da un gruppo di ricercatori di Osaka merita una considerevole attenzione, dal momento che i medici giapponesi sono riusciti a far raggiungere il traguardo di un anno di vita ad una bambina affetta da HPP in forma perinatale letale sottoponendola a terapia di sostituzione enzimatica (ERT) già un giorno dopo la nascita. In un precedente studio di fase 2 il ricorso al trattamento di sostituzione enzimatica a base di ENB-0040 (asfotasi alfa) aveva prodotto miglioramenti sostanziali nella prognosi dei pazienti, garantendo la sopravvivenza ai piccoli malati; l’asfotasi alfa è, infatti, una proteina di fusione che ha dimostrato di essere non solo efficace ma anche ben tollerata dai pazienti.
La neonata, immediatamente dopo la nascita, ha manifestato problemi di tipo respiratorio (la saturazione di ossigeno era intorno al 50%). I primi esami effettuati hanno rivelato una carenza dell’enzima ALP e le analisi di sequenziamento del DNA hanno evidenziato una mutazione missenso in omozigosi a livello del gene ALPL, confermando la diagnosi di malattia. I medici giapponesi hanno optato per l’avvio della terapia di sostituzione enzimatica, somministrando alla piccola paziente 2 mg/Kg di asfotasi alfa per via sottocutanea tre volte alla settimana.
Già dopo 20 giorni di terapia è stato possibile registrare un eccellente miglioramento nel livello di mineralizzazione ossea. Il riassorbimento di calcio a livello osseo ha inizialmente indotto una severa ipocalcemia che, però, è stata controllata con la supplementazione orale di calcio e, in seguito, con la somministrazione di calcio gluconato e fenobarbital. L’insufficienza respiratoria – il problema di maggior rilievo nei pazienti con HPP – è stato superato grazie al ricorso alla ventilazione ad alta frequenza (HFO) e all’utilizzo di ossido nitrico per via inalatoria (iNO).
La perfetta combinazione di una corretta diagnosi precoce (addirittura prenatale) e il subitaneo avvio di una terapia mirata hanno avuto uno strabiliante effetto sulla sopravvivenza della paziente, permettendo il superamento dei problemi a livello respiratorio (è state evitata l’ipoplasia polmonare) e a livello osseo (con aumento dei tassi di mineralizzazione dello scheletro). Ciò ha ulteriormente dimostrato le enormi potenzialità della ERT a base di asfotasi alfa in pazienti con HPP, fornendo nuove speranze di cura per una malattia letale e, fino a poco tempo fa, non trattabile.
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