I risultati dello studio ASCEND, di fase 3, sono stati presentati all’American Thoracic Society (ATS) e pubblicati sul New England Journal of Medicine
BRISBANE, Calif., 20 Maggio 2014 - InterMune, Inc. ha annunciato che i risultati dello studio di Fase 3 ASCEND, per la valutazione del trattamento con pirfenidone in pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF), sono stati presentati ieri sera alla Conferenza Internazionale dell’ American Thoracic Society (ATS) a San Diego, e pubblicati online sulla celebre rivista scientifica New England Journal of Medicine. E’ stato il Dottor Talmadge King, direttore del Dipartimento di Medicina dell'Università della California di San Francisco e co - presidente del comitato di coordinamento dello studio ASCEND, ad illustrarne i risultati durante il prestigioso meeting.
Nello studio ASCEND il pirfenidone – unico farmaco ad oggi approvato per il trattamento dell'IPF da lieve a moderata - ha significativamente ridotto la progressione della malattia, valutata misurando la variazione percentuale della capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity, FVC) dopo 52 settimane di trattamento (scala ANCOVA p < 0,000001). Inoltre, effetti significativi del trattamento sono stati dimostrati su entrambi i principali endpoint secondari rappresentati dal test del cammino (Six-Minute Walk Distance, 6MWD, una metodica di misurazione della tolleranza all’esercizio fisico) (p = 0,0360) e dal tasso di sopravvivenza libera da progressione della malattia (Progression-Free Survival, PFS) (p=0,0001).
Nello studio ASCEND il trattamento con pirfenidone è stato associato a una minore mortalità, anche se lo studio non era stato disegnato per questa valutazione e non ha raggiunto una significatività statistica sulla mortalità. I risultati dello studio ASCEND sono stati però incrociati, in un'analisi prespecificata, con i dati provenienti dai precedenti studi di fase 3 CAPACITY, fornendo dati significativi degli effetti del trattamento con il pirfenidone sulla mortalità. Le analisi combinate (1,247 pazienti) relative alle popolazioni (N = 1,247) che hanno preso parte ad ASCEND e ai due studi di Fase 3 CAPACITY (considerando i dati di mortalità di CAPACITY fino alla Settimana 52) hanno mostrato che il rischio di mortalità per tutte le cause è stato ridotto del 48% nel gruppo pirfenidone rispetto al gruppo placebo (HR = 0,52, p = 0,0107). Inoltre, nella popolazione studiata, il rischio di mortalità correlata al trattamento dell’IPF nel gruppo pirfenidone è stato ridotto del 68% rispetto al gruppo placebo (HR = 0,32, p = 0,0061 ).
Lo studio ASCEND ha infine dimostrato un profilo di sicurezza favorevole del pirfenidone, che è stato generalmente ben tollerato dai pazienti.
Gli eventi avversi più comuni emersi dallo studio ASCEND, con maggiore incidenza nel gruppo pirfenidone, sono stati quelli gastrointestinali (nausea e dispepsia) e quelli cutanei (rash). Gli eventi avversi di natura gastrointestinale e i rash sono stati generalmente di severità da lieve a moderata, trattabili, reversibili e solo di rado hanno comportato l’interruzione del trattamento. Eventi avversi gastrointestinali di grado III sono stati riscontrati dal 5,4% dei pazienti del gruppo pirfenidone e dall’ 1,4% dei pazienti del gruppo placebo. Eventi avversi cutanei di grado III sono stati riscontrati nell’1,8% dei pazienti dei gruppo pirfenidone, contro lo 0,4% dei pazienti del gruppo placebo. Nessun paziente ha riscontrato eventi avversi di grado IV.
Incrementi dei livelli di aminotransferasi che hanno superato di almeno 3 volte il limite del valore di normalità si sono verificati nel 2,9% dei pazienti trattati con pirfenidone (tra cui un caso associato a un incremento dei livelli di bilirubina) rispetto allo 0,7% dei pazienti trattati con placebo. In generale, tali incrementi si sono verificati nelle fasi iniziali del trattamento e sono risultati gestibili, reversibili e simili a quelli osservati negli studi precedenti sul pirfenidone. Il profilo di sicurezza e tollerabilità del pirfenidone si è dimostrato generalmente in linea con le osservazioni derivanti dai precedenti studi di Fase 3 CAPACITY, dall’estensione in aperto degli studi e dall'esperienza maturata successivamente all'immissione in commercio del farmaco stesso. La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia cronica, progressiva e irreversibile caratterizzata da una progressiva perdita della funzione polmonare a causa di fibrosi (cicatrizzazione) nei polmoni, i quali sono ostacolati nella loro capacità di assorbire ossigeno. Il tempo di sopravvivenza mediano dalla diagnosi è di 2-5 anni, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni di circa il 20-40%, che rende l'IPF più letale di molti tumori, compresi i tumori della mammella, dell’ovaio e del colon retto.
“Il trattamento con Pirfenidone – spiega il Dr King - se comparato con il placebo, riduce la progressione della fibrosi polmonare idiopatica, come risulta dalla funzionalità polmonare, dalla tolleranza all’esercizio fisico e dalla sopravvivenza libera da progressione di malattia. Il trattamento è stato associato a effetti collaterali accettabili e pochissimi decessi.”
“E’ stato particolarmente coinvolgente – ha detto il Prof. Carlo Albera, Direttore della Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’ Università di Torino, presente al congresso di S. Diego - conoscere i dati dello studio ASCEND condotto negli USA ed in molte altre nazioni non europee e rivivere così l'emozione provata alla diffusione dei dati degli studi CAPACITY che hanno permesso per la prima volta l'introduzione in commercio del Pirfenidone circa un anno fa in Italia in seguito all'approvazione dell'EMA. Il deterioramento dei parametri della funzione respiratoria e il peggioramento dei sintomi e della qualità di vita risultano infatti rallentati o bloccati dal Pirfenidone. I dati dello studio ASCEND integrati con quelli degli studi CAPACITY oltre che confermare efficacia e sicurezza di Esbriet nell' IPF hanno inoltre evidenziato una significativa riduzione a 52 settimane della mortalità se paragonati al placebo. Ciò rende l'IPF, malattia rara, non più orfana di terapia; grazie alla lunga durata dell'esperienza con il Pirfenidone, è stato inoltre possibile elaborare semplici strategie in grado di minimizzare gli effetti collaterali del farmaco. Occorre aggiungere ancora che l'esperienza ad oggi maturata ha consentito di evidenziare che risultati del tutto sovrapponibili a quelli osservati negli studi clinici si ripetono con il corretto uso del farmaco nella pratica clinica quotidiana. Oggi dunque, pur rimanendo l'IPF una malattia non guaribile essa è certamente trattabile i nostri pazienti quindi hanno non solo una speranza ma possono contare su una certezza, quella che esiste una cura per l'IPF."
“La presentazione dei risultati di ASCEND all’ATS e la pubblicazione sul New England Journal of Medicine rappresentano un’importante pietra miliare nell’ultima decade di ricerca clinica condotta sul pirfenidone – dichiara Dan Welch, CEO (amministratore delegato, presidente del consiglio d'amministrazione nonché presidente) di InterMune - I risultati dello studio forniscono una forte evidenza degli effetti del pirfenidone e consolidano il suo profilo di sicurezza e tollerabilità, già precedentemente dimostrato. Intendiamo presentare nuovamente la richiesta di New Drug Application (NDA) alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense, nel corso delle prossime settimane.”
“Questi risultati dello studio ASCEND forniscono ulteriori prove convincenti di un effetto clinicamente significativo del trattamento con pirfenidone, con risultati di sicurezza e tollerabilità generalmente favorevoli, già osservati nei precedenti studi sul pirfenidone e attraverso l’esperienza dei Paesi in cui il farmaco è attualmente commercializzato – ha affermato Paul W. Noble, direttore del Dipartimento di Medicina del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, California e co-presidente del comitato di coordinamento del protocollo ASCEND. “Come medico curante, sono lieto che sia a nostra disposizione una valutazione così solida e approfondita sulla sicurezza e sulla tollerabilità dei pirfenidone, un farmaco che può svolgere un ruolo importante nella gestione dei pazienti affetti da IPF.”
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