E’ di poche settimane fa la notizia della scoperta del gruppo del Dr. Pier Lorenzo Puri, che ha dimostrato che i muscoli dei pazienti con la distrofia di Duchenne conservano, negli stadi più precoci della malattia, un potenziale rigenerativo che può essere risvegliato e che potrebbe in futuro rappresentare un'interessante strategia terapeutica. Nel team di Puri e tra i nomi dell'articolo appena pubblicato su Genes and Development c'è la dottoressa Martina Sandonà, venticinque anni, laureata da pochi giorni, che è entrata di recente nel mondo della ricerca ma ha le idee chiare, in futuro vuole continuare a lavorare per combattere la distrofia di Duchenne.

Martina ha scoperto la sua passione per la ricerca grazie a Parent Project onlus, l'associazione fondata da genitori di bambini affetti da distrofia muscolare di Duchenne e di Becker che dal 1996 affianca e informa i pazienti e le famiglie e sostiene il progresso scientifico finanziando numerosi progetti di ricerca, tra cui quello del gruppo di Puri.

La storia di come ti sei avvicinata alla ricerca sulla distrofia di Duchenne è molto interessante, ce la racconti?

Sin da piccola i miei genitori erano in contatto con Parent Project onlus e con loro ho partecipato a numerose attività come banchetti e fiere, avvicinandomi quindi alla distrofia muscolare, poi, diventando grande, dai banchetti sono passata alle conferenze ed è stato proprio a una conferenza internazionale sulla distrofia di Duchenne e Becker che sono venuta a contatto per la prima volta con il mondo della ricerca, di cui mi sono innamorata completamente.

Ero ancora al liceo e ricordo che sentii parlare Pier Lorenzo Puri e capii subito che avrei voluto fare quel lavoro, così ho deciso di intraprendere un percorso scientifico e con il tempo, anche grazie a Parent Project, sono venuta a contatto con più ricercatori e ho capito davvero cos'è la ricerca e i sacrifici che essa richiede ma soprattutto la bellezza di lavorare per arrivare a un risultato.

Sempre grazie all'associazione ho avuto il contatto di Pier Lorenzo Puri a cui ho chiesto di poter fare nel suo laboratorio il tirocinio per la laurea specialistica. Io ho studiato chimica e non ho quindi il background di un biologo ma Lorenzo è una persona molto elastica che punta molto sugli studenti, a cui fornisce tutti gli strumenti per poter imparare e crescere e questa è una cosa bellissima e che non fanno tutti. È stata un esperienza bella e impegnativa che mi ha permesso di partecipare ad un progetto molto importante, che mi ha fatto crescere molto e in poco tempo.

Sei cresciuta a contatto con i ragazzi con la distrofia di Duchenne e le loro famiglie, che importanza hanno le associazioni come Parent Project onlus nella vita di questi ragazzi?

Conosco Parent Project onlus da tantissimi anni, ho visto crescere l'associazione e diventare quello che è oggi e penso che associazioni del genere, che puntano molto sulla comunicazione, siano fondamentali in tutti i campi e a maggior ragione nel campo della ricerca, nel quale è indispensabile che i medici e i ricercatori rendano il più accessibile possibile le informazioni alle famiglie che non hanno una conoscenza scientifica approfondita.

È importante che la scienza non rimanga una cosa di élite, comprensibile solo a pochi ma deve essere alla portata di tutti, in modo che tutti possano contribuire in qualche modo. Per esempio nelle conferenze che organizza Parent Project onlus è bello vedere come tutti condividano quello che hanno studiato e scoperto negli anni con le famiglie e con gli altri ricercatori, perché la ricerca non è una gara di pochi ma è una gara di tutti. Inoltre, per poter fare passi avanti è importante creare un network tra ricercatori, medici e famiglie, magari a livello regionale, al fine di agevolare i pazienti in tutte le problematiche quotidiane, anche le più banali a cui non pensa nessuno.

Quale sarà secondo te il futuro della ricerca scientifica sulla distrofia di Duchenne?

Sono nel mondo della ricerca da troppo poco per poter dare una risposta concreta ma essendo stata vicina a Parent Project fin dai primi anni ho visto come, con il passare del tempo, si siano fatti passi avanti e questo fa solo sperare che si facciano in continuazione altri progressi, anche il fatto che la comunicazione della ricerca venga ampliata anche alle persone che ne capiscono meno di scienza secondo me aiuta tantissimo a poter andare avanti nella ricerca.  Sono ottimista perché lo sono di natura e perché in particolare nella ricerca bisogna essere ottimisti, sono a conoscenza di diversi studi clinici in corso e di altri che stanno aspettando di essere accettati, c'è movimento e questo può portare a cose positive.

Data la tua esperienza che consigli ti senti di dare ai giovani aspiranti ricercatori che vorrebbero intraprendere una carriera nella ricerca?

Mi sento di dire una cosa molto banale, che però è quello che ho vissuto io e vivo tuttora, se uno ha un obiettivo deve fare di tutto per arrivare a raggiungerlo e anche se la strada è in salita bisogna percorrerla, senza farsi spaventare dagli ostacoli. Il mio consiglio è quindi quello di lottare per arrivare dove si vuole, perché la passione ha un potere enorme e può davvero portarti a fare quello che vuoi e, dopo tanta fatica, raggiungere il proprio obiettivo penso sia bellissimo. A livello pratico penso che guardarsi intorno sia fondamentale, le esperienze all'estero sono altrettanto importanti, in particolare per la ricerca ed è un obiettivo che mi prefiggo perché, viste le poche risorse che vengono destinate alla ricerca in Italia, penso che andare a vedere come funziona all'estero faccia bene.

Sicuramente l'importante per arrivare alla meta è quello di guardarsi intorno il più possibile e non pensare di non poter accedere a determinati laboratori, io non nascondo che venendo da uno studio di tipo chimico non pensavo di poter lavorare a un progetto di tipo così biologico ma ci ho provato perché per me fare ricerca è l'obiettivo finale e il lavoro che voglio fare da grande e bisogna puntare a ciò che permette di costruire il proprio futuro.  Io personalmente spero di imparare ancora tanto, magari continuando la mia esperienza con un dottorato che mi permetta di continuare nella ricerca per la distrofia di Duchenne, perché è una cosa che mi è molto vicina e che conosco molto bene, prima di tutto a livello umano.

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