Osservatorio Malattie Rare chiarisce perché l’accesso è stato negato e quali sono le possibilità previste dalla legge
Lele ha dodici anni e mezzo e una malattia rara che gli è stata diagnosticata, dopo un lungo iter, all’età di poco più di cinque. È la distrofia muscolare di Duchenne (DMD), una patologia neuromuscolare a trasmissione recessiva legata al cromosoma X, caratterizzata da una degenerazione progressiva di tutti i muscoli del corpo, compresi quelli respiratori e il cuore. Colpisce prevalentemente i maschi (le femmine sono di solito portatrici sane asintomatiche) ed è la più grave tra le distrofie muscolari. La sua storia è non solo quella di altri bambini e adolescenti “rari” affetti da questa patologia, ma anche un grido disperato e la strenua battaglia che la sua famiglia sta combattendo per rallentare il decorso di una malattia molto aggressiva, invalidante e fatale. In prima linea c’è il papà Costantino d’Aniello. La sua richiesta, a cui sta dedicando tutte le proprie energie da quattro anni, è quella dell’accesso ad un farmaco: eteplirsen (anche noto con il nome commerciale Exondys51), sviluppato dall'azienda Sarepta Therapeutics e autorizzato nel 2016 dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense con il percorso di approvazione accelerata, ma non ancora in UE. Ciò significa concretamente che il farmaco è disponibile per i pazienti che vivono negli Stati Uniti ma non per quelli in Europa e in Italia.
LA DENUNCIA DEL PAPÀ DI LELE
“Si tratta di un farmaco - spiega Costantino - che non guarirebbe la malattia, ma potrebbe rallentarne il decorso. Eteplirsen è un oligonucleotide antisenso (ASO) ideato per il trattamento di specifiche mutazioni sul gene della distrofina, che colpiscono il 13% della popolazione Duchenne (e che include anche Lele), e che consente ai muscoli di produrre tra il 6% ed il 17% di distrofina, la proteina la cui assenza causa la degenerazione muscolare”.
Garantire al proprio figlio la migliore qualità di vita possibile costituisce un imperativo per ogni genitore. Così Costantino ha esplorato tutte le vie praticabili per l’accesso precoce al farmaco. “Quando ho saputo che il 19 Settembre 2016 l’FDA si è pronunciata a favore di eteplirsen – racconta d’Aniello – ho interpellato l’associazione di pazienti, Parent Project Aps che, dopo circa un anno e mezzo, il 16 maggio 2018 è riuscita ad avere un incontro con una delegazione AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, la quale ha indicato il percorso ottimale da seguire. I neurologi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, centro di riferimento presso il quale mio figlio è seguito, hanno intrapreso il percorso per la richiesta di accesso precoce al medicinale, come previsto dalla Legge 326/2003, Art. 48 e indicato precedentemente dalla stessa AIFA. La richiesta è partita così ufficialmente dall’ospedale nei primi giorni del maggio 2019”.
Ricordiamo che la richiesta di accesso precoce ad un farmaco con la Legge 326/2003 può essere presentata da strutture specialistiche su indicazione di un medico che propone il trattamento per un singolo paziente. Inoltre, la Legge 326/2003 ha previsto la costituzione di un Fondo nazionale presso AIFA in cui confluiscono il 5% delle spese annuali per attività di promozione delle aziende farmaceutiche. Il 50% delle risorse di tale fondo sono utilizzate per l’impiego, a carico del SSN, di farmaci orfani per il trattamento di malattie rare e di farmaci che rappresentano una speranza di terapia, in attesa della commercializzazione, per particolari e gravi patologie. (Per saperne di più clicca qui)
“Il 1° luglio però ai medici di mio figlio è stato notificato il rigetto della richiesta da parte di AIFA – spiega ancora il genitore - a causa della mancata approvazione da parte dell’EMA (l’Agenzia Europea del Farmaco). Rimane il fatto che esiste un’approvazione (anche se accelerata) ad opera di un ente regolatorio quale FDA, e quindi nei termini di legge della richiesta. Per questo motivo, il primario di Neurologia Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Prof. Bertini, ha richiesto nuovamente il farmaco per mio figlio all’inizio di quest’anno con la stessa modalità, allegando ulteriori evidenze di rallentamento della perdita di deambulazione e del declino respiratorio. Tuttavia, solo dopo la mia lettera del 10 novembre 2020 (indirizzata alla Presidenza del Consiglio, al Ministero della Salute ed alla direzione generale AIFA), l’Agenzia Italiana del Farmaco ha nuovamente espresso l’ennesimo giudizio negativo, esattamente identico a quello precedente”.
I genitori di Lele non sono però disposti ad arrendersi. “Per colpa di questi tempi lunghi - spiega Costantino - mio figlio ha perso quattro anni cruciali, in cui avrebbe potuto avere almeno la speranza di rallentare il decorso della malattia: chi gli risarcirà il danno subito e la violazione del suo diritto alla cura? Se esistono leggi per avere un accesso precoce ai farmaci, queste dovrebbero servire proprio per dare possibilità ai malati incurabili di accedere a cure innovative non presenti ancora sul territorio italiano!”
D’Aniello è perfettamente al corrente dei rischi legati a un farmaco che non ha compiuto l’iter completo di approvazione ma, consultandosi con gli esperti, sa anche che il rischio maggiore è l’inefficacia della terapia: un rischio che dei genitori disperati sono disposti a correre. “Se potessi - conclude Costantino - pagherei personalmente questo farmaco, ma si tratta di costi altissimi: intorno ai 400 mila dollari l'anno. Intanto la malattia di Lele si fa sempre più veloce e prepotente. Difficilmente si vive oltre i 30 anni e dopo i 20 generalmente si perde la capacità di muovere gli arti. Una prospettiva durissima e inaccettabile per noi genitori, che siamo pronti a tutto pur di allontanare il più possibile dai nostri figli l'incubo della paralisi”.
IL FARMACO E IL PARERE CONTRARIO (E MOTIVATO) DI EMA
Eteplirsen ha un costo teorico di circa 400mila dollari l’anno per ogni paziente. Non si tratta però di un farmaco che si può semplicemente comprare, ma deve essere somministrato da personale sanitario esperto, in ambiente adeguato, presumibilmente ospedaliero. Si tratta infatti di un’infusione intravenosa settimanale della durata variabile tra i 35 e i 60 minuti. Il farmaco può avere, come tutti i medicinali del resto, effetti collaterali. Nel caso specifico le reazioni avverse, riportate nella scheda del farmaco disponibile sul sito dell’azienda produttrice, sono: ipersensibilità, inclusi eruzione cutanea e orticaria, piressia, vampate di calore, tosse, dispnea, broncospasmo e ipotensione.
L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha rifiutato la richiesta di immissione in commercio del medicinale eteplirsen nel 2018. Le principali motivazioni del rifiuto sono sintetizzabili come di seguito: lo studio principale eseguito su questa molecola e che ha coinvolto solo 12 pazienti, non ha comparato eteplirsen con il placebo oltre le 24 settimane, durante le quali non vi è emersa alcuna differenza significativa tra eteplirsen e il placebo. I metodi per confrontare i risultati degli studi principali con i dati storici non sono stati reputati soddisfacenti per dimostrare l'efficacia del medicinale.
Il comitato scientifico ha dunque ritenuto che fossero necessari ulteriori dati per dimostrare che le quantità molto basse di distrofina prodotta a seguito del trattamento con eteplirsen apportassero benefici duraturi rilevanti per il paziente. Pertanto, il CHMP (Commitee for Medical Products for Human Use) ha emesso un parere negativo, sostenendo che non sia possibile stabilire l'equilibrio tra benefici e rischi di eteplirsen nel trattamento della DMD e ha così raccomandato il rifiuto dell'autorizzazione all'immissione in commercio. Il rifiuto del CHMP è stato ulteriormente confermato dopo un riesame, richiesto dall’azienda produttrice.
In generale è bene ricordare che non è assolutamente automatico che ciò che viene approvato dall’FDA statunitense venga approvato anche dall’EMA. Si tratta a tutti gli effetti di due differenti enti regolatori, cioè due agenzie del farmaco che agiscono in maniera del tutto indipendente.
ACCESSO PRECOCE E USO COMPASSIONEVOLE IN SINTESI
In Italia i pazienti affetti da patologie rare che vogliano accedere a farmaci non commercialmente disponibili (per i quali però siano a disposizione evidenze scientifiche e dati di sicurezza) possono avvalersi di quattro normative specifiche che si riferiscono all’accesso precoce e includono anche l’uso compassionevole.
La Legge 648 del 1996 consente di erogare un farmaco a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), previo parere della Commissione Tecnico-Scientifica (CTS) di AIFA, quando non esiste un’alternativa terapeutica valida: per medicinali innovativi autorizzati in altri Stati, ma non in Italia; per medicinali non ancora autorizzati, ma in corso di sperimentazione clinica; per medicinali da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata. In tutti questi casi è necessaria l’esistenza di studi conclusi, almeno di Fase II, che dimostrino un’efficacia adeguata con un profilo di rischio accettabile a supporto dell’indicazione richiesta. I medicinali che acquisiscono parere favorevole dalla CTS vengono inseriti in un apposito elenco in seguito a pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del relativo provvedimento dell'AIFA e possono essere prescritti a totale carico del SSN per tutti i soggetti che sul territorio nazionale sono affetti dalla patologia individuata nel provvedimento. I medicinali restano iscritti nell'elenco fino al permanere delle esigenze che ne hanno determinato l'inserimento e, comunque, fino a nuovo provvedimento dell'AIFA. La richiesta di accesso a questa normativa è finalizzata a un gruppo di pazienti con caratteristiche specifiche e può essere effettuata da associazioni di pazienti, società scientifiche, aziende sanitarie, università e istituti di ricovero a cura e carattere scientifico (IRCCS).
La Legge 326/2003, già citata in questo approfondimento, permette la richiesta da parte delle Regioni, dai Centri di Riferimento e da strutture specialistiche su riferimento di un medico che propone il trattamento con il farmaco per uno dei suoi pazienti. Le richieste sono soggette ad accurata valutazione da parte di AIFA: le domande accettate sono finanziate da un apposito Fondo.
Il Decreto Ministeriale 7 settembre 2017 (che ha per la prima volta normato il cosiddetto “uso compassionevole”) prevede che possa essere richiesto un farmaco per ogni singolo paziente o per un gruppo di pazienti per il trattamento di patologie gravi, malattie rare, tumori rari o in condizioni di malattia o che li pongano in pericolo di vita, per i quali non siano possibili valide alternative terapeutiche o che non possano essere inclusi in una sperimentazione clinica, o ancora per i pazienti già trattati nell’ambito di una sperimentazione clinica conclusa, per consentire una continuità terapeutica. In questo caso, i farmaci sono forniti a titolo gratuito dall’azienda farmaceutica produttrice.
Infine la Legge 94/1998 (nota anche come "Legge Di Bella” che affermò il principio in base al quale un medico è autorizzato dal Ministro della Salute a prescrivere i medicinali autorizzati per diverse indicazioni terapeutiche, vie e modalità di somministrazione rispetto a quelle ufficialmente previste e che riguarda le prescrizioni fuori indicazione), con costi di fornitura a carico del paziente o dell’azienda sanitaria.
L’ASSOCIAZIONE DI PAZIENTI: CERCHIAMO UNA SOLUZIONE CON LE ISTITUZIONI
Quale il parere dell’associazione di pazienti, Parent Project, a riguardo? “Le famiglie che fanno parte della comunità Duchenne e Becker - spiega Luca Genovese, Presidente di Parent Project aps - convivono con una quotidianità faticosa, tra tante difficoltà e una sensazione di corsa contro il tempo, dato il carattere progressivo della patologia. Nella rete dei pazienti suscita perplessità la discordanza e la mancata convergenza delle posizioni assunte da FDA ed EMA riguardo a questo farmaco e preoccupano i tempi di risposta da parte dell’AIFA nel caso in questione, essendo il nostro socio in attesa di un riscontro da gennaio 2020. Il tempo che passa genera forte frustrazione nei genitori che, come il papà protagonista di questa vicenda, aspettano di poter ricevere un farmaco che può rallentare il decorso della malattia e migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei propri figli. L’accesso precoce ai farmaci, pur previsto da precise norme di legge, spesso rimane di fatto disatteso. Come Associazione di pazienti e genitori, siamo pronti ad essere parte attiva del dialogo con le istituzioni competenti su questo tema cruciale, al fine di trovare insieme una soluzione.”
L’AZIENDA: IMPOSSIBILE FORNIRE GRATUITAMENTE IL FARMACO PER L’USO COMPASSIONEVOLE
Quale la risposta dell’azienda produttrice Sarepta Therapeutics sulla questione dell’accesso ad eteplirsen per uso compassionevole? “Non siamo in grado di offrire eteplirsen, o uno qualsiasi dei nostri farmaci sperimentali, attraverso richieste di uso compassionevole su base equa e sostenibile”, ha risposto Tracy Sorrentino, direttore delle Pubbliche Relazioni di Sarepta alla domanda posta dall’Osservatorio Malattie Rare. “Così facendo metteremmo a repentaglio la nostra capacità di fornire ai pazienti un accesso ampio, sostenibile e a lungo termine a queste terapie. Abbiamo lavorato e continueremo a lavorare con le autorità sanitarie per esplorare altre opzioni che potrebbero essere disponibili attraverso protocolli stabiliti per fornire potenzialmente l'accesso a questi trattamenti. Sappiamo che la necessità medica è significativa e Sarepta rimane concentrata sulla sua missione che è quella di sviluppare terapie innovative, sicure ed efficaci per i pazienti con distrofia muscolare di Duchenne e altre malattie rare, e stiamo lavorando per farlo con la rapidità e la responsabilità della scienza e degli enti regolatori”.
TIRARE LE SOMME
Difficile dunque fare il punto sulla vicenda. Più che comprensibile la strenua battaglia dei genitori di bambini e ragazzi affetti da patologie gravi e degenerative, che non possono e non devono perdere la speranza di ottenere una cura, o almeno una miglior qualità di vita per i propri figli. Estremamente difficile può essere trovare un equilibrio tra la garanzia di quel diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, le risorse scarse e la loro complessa allocazione, che deve tener conto non solo dell’interesse del singolo ma anche della collettività, unitamente alle stringenti regolamentazioni volte alla tutela dei diritti dei pazienti largamente intesi e al rispetto del rigore del paradigma scientifico.
Seguici sui Social